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Reti a banda larga telco-big tech. Breton: “Consultazione nel 2023”

Il Commissiario annuncia i prossimi step del progetto che punta a coinvolgere le web company nel finanziamento delle infrastrutture di nuova generazione. Modello “fair share”: i colossi americani dovranno fare la loro “giusta parte”

Pubblicato il 12 Set 2022

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L’Europa non molla sugli over the top e il consumo di banda sulle reti costruite dalle telco: le piattaforme digitali come Google, Facebook e Netflix devono contribuire. In quale modo verrà definito anche in base alle risposte che arriveranno dalla consultazione pubblica che la Commissione europea intende lanciare l’anno prossimo.

Il commissario al Mercato interno Thierry Breton ha annunciato l’iniziativa sottolineando che la consultazione aiuterà l’esecutivo Ue a decidere se i giganti del web dovranno essere effettivamente “tassati” per partecipare ai costi delle reti di telecomunicazione.

La consultazione spazierà attraverso numerose altre tematiche di attualità per le Tlc e il mondo Internet, incluso il metaverso e darà forma a un aggiornamento delle regole comunitarie.

Una nuova legge Ue sulle reti dopo il Digital markets act

In conferenza stampa con i giornalisti francesi (riportano Le Monde e Les Échos) Breton ha chiarito che il tema “non va ristretto” al dibattito sulla tassazione dei “Gafan” (l’acronimo per Google, Amazon, Facebook, Apple e Netflix) per sostenere gli investimenti delle aziende telecom. “Dobbiamo chiederci se la nostra regolamentazione sulle reti, pensata all’epoca dell’apertura alla concorrenza delle reti in rame, è ancora adatta, ora che si parla già di metaverso con flussi massicci di dati“, ha affermato il commissario europeo.

L’ampia consultazione si terrà nel primo semestre del 2023. Seguirà un processo legislativo di uno o due anni, come per i precedenti testi che hanno incluso le misure normative sulle piattaforme digitali: il Dma (Digital markets act) e il Dsa (Digital services act). Far pagare l’uso della rete in banda larga ai giganti di internet “è solo l’inizio di una più ampia riflessione”.

Breton ha assicurato che “Tutti gli utilizzatori delle reti dovranno contribuire” – un riferimento al cosiddetto “fair share”, ovvero la possibilità che i giganti Usa facciano la loro parte nel finanziamento dell’infrastruttura europea per la banda larga.

Etno: “Le big tech generano il 55% del traffico dati”

Le telco europee premono perché gli over the top facciano la loro parte, argomentando che gli Ott generano la maggior parte del traffico che viene trasportato, costringendo gli operatori a continui e ingenti investimenti di cui le piattaforme digitali beneficiano.

Lo scorso maggio uno studio realizzato da Axon Partners per Etno, l’associazione che rappresenta le principali telco europee, ha indicato che le grandi piattaforme digitali generano il 55% del totale del traffico dati, ma non remunerano direttamente le reti telecom nazionali mentre le telco hanno investito 500 miliardi negli ultimi 10 anni.

Secondo lo studio di Etno i costi incrementali generati direttamente dal traffico delle big tech sulle reti tlc sono di almeno 15 miliardi l’anno e propone un intervento regolatorio che affronti la questione. Una legislazione in tal senso potrebbe aumentare il Pil europeo fino a 72 miliardi e spingere l’incremento di posti di lavoro, fino a 840mila nel 2025 nonché aiutare la riduzione delle CO2 emessa dal settore del 94%, secondo l’Etno.

Sul fronte opposto gli Ott e gli attivisti dei diritti digitali sostengono che far pagare la rete alle big tech minerebbe le regole sulla net neutrality, perché le piattaforme internet finirebbero col dare preferenza a parte del traffico dati rispetto ad altre per aiutare a finanziare le reti.

Il pressing dei Paesi Ue: quale sarà la posizione dell’Italia?

Secondo recenti indiscrezioni di Reuters la proposta di far pagare alle big tech una parte dei costi della banda larga avrebbe l’appoggio di almeno nove governi dell’Ue, tra cui Italia, Francia, Spagna e Germania. L’agenzia di stampa ha riferito anche di un documento inviato alla Commissione europea in cui si chiede una legislazione che assicuri che le piattaforme digitali diano il loro contributo a finanziare gli ingenti investimenti di rete necessari a sostenere il boom del traffico Internet, generato soprattutto dal video-streaming e dai social media. La notizia è stata prontamente smentita dal Ministero dello sviluppo economico che ha detto di non aver inviato alcuna richiesta ufficiale a Bruxelles e che dovrà essere “il prossimo governo in carica, eventualmente, ad affrontare, in un senso o nell’altro, la delicata questione”.

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