LA RIFORMA

Riforma Madia, Regioni chiedono più tempo per tagliare le in house

Governo ed enti locali verso l’accordo per chiudere la querelle aperta con la bocciatura del decreto da parte della Consulta. Possibile anche un abbassamento della soglia di fatturato sotto cui chiudere le società. Venerdì il provvedimento in Cdm

Pubblicato il 07 Feb 2017

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Prima il passaggio con le Regioni e per venerdì l’ipotesi di approdo in Consiglio dei ministri. E’ questa la roadmap per chiudere la querelle sui decreti della riforma Madia colpiti dalla sentenza della Consulta, tra cui quello sulle partecipate “bocciato” perché prevedeva che l’attuazione, attraverso i decreti legislativi, avvenisse con il semplice parere della Conferenza Stato-Regioni o Unificata e non con accordo formale.

Il decreto, che riguarda anche le in house Ict, dovrebbe subire modifiche rilevanti, almeno a sentire le richieste delle Regioni e degli enti locali, che vogliono abbassare la soglia di fatturato sotto cui “tagliare”. Tra le richieste anche un allungamento dei tempi per i piani di razionalizzazione e un maggiore coinvolgimento nelle scelte. Il governo dovrebbe aprire a un chiarimento sul blocco delle assunzioni, per favorire il riassorbimento degli esuberi. Lo stop, che proseguirebbe fino a giugno 2018, non partirebbe prima dell’entrata in vigore del decreto ministeriale con gli elenchi delle eventuali eccedenze. Più voce alle Regioni potrebbe essere concessa sui temi che riguardano nuovi tetti per i compensi (cinque fasce anziché tre) e gli ulteriori requisiti professionali da richiedere ai manager.

“Le pronunce di illegittimità costituzionale colpiscono le disposizioni impugnate solo nella parte in cui prevedono che i decreti legislativi siano adottati previo parere e non previa intesa”, si spiegava nella sentenza della Corte Costituzionale.

La Consulta, guardando al futuro, sottolineava comunque che “le eventuali impugnazioni delle norme attuative dovranno tener conto delle concrete lesioni delle competenze regionali, alla luce delle soluzioni correttive che il Governo, nell’esercizio della sua discrezionalità, riterrà di apprestare in ossequio al principio di leale collaborazione”.

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