LE PROTESTE

L’Italia fa “squadra” sul caso Facebook: “E’ il momento delle regole”

Politici, autorità e associazioni dei consumatori puntano il dito contro le policy del social network. Calenda: “L’autoregolamentazione ha fallito”. I partiti chiedono una commissione di inchiesta sui big data. Via all’indagine del Garante Privacy per valutare eventuali impatti sui cittadini

Pubblicato il 22 Mar 2018

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Tutti contro Facebook. In Italia politici, authority e associazioni di consumatori puntano il dito contro le policy di tutela dei dati degli utenti e chiedono chi una commissione di inchiesta sui big data, chi regole più ferree per gli Over the top. Sale dunque la preoccupazione per la privacy dopo lo scandalo Cambridge Analytica, la società britannica che avrebbe utilizzato illecitamente le info di 50 milioni di americani. A nulla sembrano essere valsi gli impegni di Mark Zuckerberg che, in un lungo post , ha fatto “mea culpa” e promesso grandi cambiamenti per rafforzare la protezione della community.

“Le istituzioni diventano fragili a causa della tecnologia, mentre pensavamo che sarebbero state più forti – commenta il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda – Bisogna riequilibrare il sistema: visto che l’autoregolamentazione non si vede, occorre una regolamentazione”.

Anche a livello Ue. Arrivando al Consiglio europeo, il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni ha evidenziato che sulla “grande questione della protezione dei dati personali, il consiglio Ue non può non tenere conto di quello che sta succedendo”.

“Sarà nostra cura che nelle conclusioni, se ci sarà un’intesa, ci sarà un riferimento alla necessità di rafforzare la protezione dei dati a livello europeo”. ha annunciato Gentiloni.

I parlamentari chiedono una commissione di inchiesta. Il deputato dem Michele Anzaldi ha elaborato una proposta di istituzione della commissione di inchiesta su caso Cambridge Analytica che intende presentare in aula il prima possibile.

Nella premessa della proposta si legge che “Cambridge Analytica ha affermato di aver avviato un progetto per conto di un partito italiano che nel 2012 era in via di rinascita e che ha avuto successo negli anni ’80. Il Garante della Privacy ha sostenuto che non dovremmo sorprenderci ove scoprissimo che anche in Italia sono stati utilizzati ‘questi canali per la ricerca del consenso'”.

“Un caso – si legge ancora – che si collega anche alla proliferazione e alla diffusione di fake news e dei profili che alimentano notizie false attraverso i like, oltre che ai rischi derivanti dalla cosiddetta minaccia ibrida e dalla propaganda computazionale, in particolare in occasione delle consultazioni elettorali”.

La commissione dovrà: accertare la presenza di eventuali campagne di allargamento viziato del consenso a partire dal 2012; accertare la presenza di eventuali ingerenze straniere a minaccia della sovranità del nostro Paese; valutare misure di contrasto del fenomeno nonché a rafforzare la consapevolezza e la tutela degli utenti della rete rispetto a tali fenomeni; valutare l’opportunità di promuovere l’adozione di misure di carattere normativo-regolamentare con specifico riferimento alle consultazioni elettorali, ad evitare o ridurre ogni possibile indebito condizionamento e orientamento del voto dei cittadini.

Valutazioni che dovrebbero essere tra i compiti di una commissione di inchiesta sui big data che, partendo dal caso Cambridge Analytica, vada a studiare l’impatto che la gestione delle informazioni ha sulla vita dei cittadini, secondo una proposta formulata dalla deputata di FI Deborah Bergamini.

“Fare chiarezza sull’utilizzo dei big data, tutelare la privacy e la libertà di scelta dei cittadini nel ruolo di elettori e consumatori, è una responsabilità da cui una democrazia avanzata non può esimersi – spiega Bergamini – Gli Over the top non possono essere al di sopra della democrazia. In tal senso credo siano maturi i tempi per istituire una Commissione di inchiesta parlamentare sull’utilizzo dei big data in Italia. Naturalmente auspico che su questa proposta possano convergere tutti i movimenti politici rappresentati in Parlamento”.

Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana e componente di spicco di LeU avverte: “La democrazia è un bene comune che non può essere guastato per fare sporchi profitti”. “Il Parlamento italiano, il governo, l’Unione Europea e la politica tutta devono intervenire per fissare regole precise sulla tutela della privacy sulle piattaforme digitali e sull’uso di queste nella comunicazione politica. Facciamoci sentire perché è a rischio la democrazia”, sottolinea Rossi.

Intanto, dopo Agcom che ha chiesto al social network chiarimenti sulle elezioni del 2018, il Garante della Privacy ha deciso di aprire un’istruttoria a seguito dell’esposto che il Codacons ha inviato sullo scandalo Cambridge Analytica e il possibile coinvolgimento di utenti italiani. Sulla vicenda si indaga anche a livello europeo. Il Garante Privacy, Antonello Soro, ha inviato una lettera ad Andrea Jelinek, presidente del gruppo che raccoglie i Garanti europei, per proporre l’estensione del mandato della Task force già operante su Facebook al caso specifico di Cambridge Analytica.

L’obiettivo, in Europa come in Italia, è accertare eventuali violazioni di dati personali di cittadini dell’Unione europea funzionali a condizionare illecitamente l’esito delle diverse consultazioni elettorali o referendarie svoltesi negli ultimi anni, o comunque a manipolare indebitamente il consenso elettorale.

“Le autorità di protezione dati che collaborano nell’ambito della task force di Facebook hanno già raccolto importanti informazioni – scrive Soro nella lettera – sul livello di conformità dei trattamenti svolti, da parte di questa società, alle norme europee in materia di protezione dati e tali informazioni possono essere ulteriormente utilizzate, anche per chiarire il caso in esame”.

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