LA VERTENZA

Sirti, stop temporaneo agli 833 licenziamenti: parte il tavolo con i sindacati

La decisione dopo l’incontro al Mise. Fiom, Fim e Uilm: “Servono soluzioni alternative che tutelino l’occupazione”. Prossimo round il 21 marzo in Assolombarda

Pubblicato il 13 Mar 2019

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Stop temporaneo ai 833 licenziamenti Sirti. Lo annunciano Fiom e Fim dopo al Mise. “Nell’incontro di oggi al ministero dello Sviluppo economico – spiega Pietro Locatelli della Fiom-Cgil – è stato ottenuto un primo risultato: i vertici aziendali di Sirti hanno accolto la richiesta di sospensione dei termini della procedura per consentire lo svolgimento di un incontro che si svolgerà il 21 marzo in Assolombarda a Milano. Il Mise, che ritiene i termini della procedura non condivisibili, si è impegnato ad inserire la nostra richiesta di un tavolo di settore sulle tlc all’interno dei tavoli di discussione settoriali già aperti”.

Marco Giglio della Fim Cisl avverte che “siamo ancora lontani da una soluzione, abbiamo però ottenuto la sospensione” e “questo permetterà di riaprire il tavolo negoziale per trovare soluzioni alternative ai licenziamenti, serve che ognuno faccia la sua parte per una soluzione che tuteli attraverso il lavoro tutti i lavoratori, non è accettabile che si scarichino le inefficienze aziendali solo sui lavoratori”.

La vertenza Sirti è uno dei segnali più vistosi dell’affanno in cui versa il settore delle Tlc italiano. Lo scorso 14 febbraio ha annucianto un piano lacrime e sangue: 833 gli esuberi annunciati su un totale di 4200 addetti, alias quasi un quarto della forza lavoro con tagli massicci previsti in quasi tutti i reparti e su tutto il territorio nazionale. Condizioni di mercato che hanno generato pesanti perdite finanziarie nell’ultimo biennio, scarsa marginalità e ulteriore frammentazione dei soggetti imprenditoriali concorrenti, le motivazioni alla base della decisione.

È il segmento delle Tlc (l’azienda opera anche nel campo dell’energia e dei trasporti) a pesare sulla decisione: nonostante i piani per la fibra e per il 5G l’ammontare degli investimenti non è sufficiente a garantire la sostenibilità. “Dopo un’approfondita analisi della domanda, attuale e prospettica, e delle dinamiche competitive nel settore delle telco in Italia”, l’azienda ha deciso per un nuovo “assetto organizzativo” della divisione infrastrutture per le tlc che si traduce in concreto, appunto, in 833 esuberi.

“Il mercato delle telco – sottolineava Sirti – ha subito significativi cambiamenti strutturali nel corso degli ultimi anni e sta attraversando una profonda fase di trasformazione. In generale, a partire dal 2007, si è assistito a una pesante contrazione del giro d’affari che ha interessato prima di tutto gli operatori, senza prospettive di recupero nei prossimi anni, con conseguenze negative su tutto il settore in termini di erosione dei prezzi, inasprimento della concorrenza e perdita di marginalità fino a livelli non sostenibili”. L’azienda ha dunque deciso di “ridisegnare” la struttura operativa del business telco “per mantenere il proprio posizionamento competitivo e continuare in futuro a recitare il ruolo di leader del settore, attraverso servizi di qualità sempre più elevata e a maggior valore aggiunto”. Il management intende quindi accelerare “l’improrogabile diversificazione del business, spostando strategicamente il focus dell’offerta maggiormente verso soluzioni a più alto valore aggiunto, con una forte componente digitale, e dare seguito agli investimenti in strumenti di ultima generazione, in innovazione tecnologica e nella creazione di nuove competenze”.

A soffrire anche gli operatori come dimostra il contenuto del piano industriale di Vodafone Italia: 1130 esuberi da gestire aprendo un tavolo con i sindacati.

“La spinta verso modelli di business più agili e digitali – spiega l’azienda – rende necessaria una revisione dell’organizzazione e una radicale semplificazione del modello operativo per continuare ad investire, garantire la sostenibilità futura e tornare a crescere”. In questa prospettiva Vodafone Italia ha deciso una ridefinizione complessiva del modello operativo e della conseguente “riduzione del perimetro organizzativo pari 1.130 efficienze appartenenti a tutte le funzioni aziendali”.

Dal piano emerge che la strutturale trasformazione del mercato e il drastico calo dei prezzi per la straordinaria pressione competitiva, in particolare nel segmento mobile, hanno portato ad una forte contrazione di tutto il settore delle telecomunicazioni.

Non la passa meglio Tim che sta gestendo una parte degli esuberi ricorrendo a isopensionee  qauita 100: sono 4.300 i dipendenti in uscita a cui potrebbero aggiungersene circa 300 per effetto di Quota 100. Il piano Genish prevedeva la cassa integrazione per 29.736 lavoratori poi convertito a giugno con la solidarietà. Ora bisognerà vedere che fine faranno gli altri 21.000 di “troppo” anche e soprattutto tenendo conto delle decisioni in merito alla scorporo della rete e all’eventuali integrazione degli asset con quelli di Open Fiber.

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