FINTECH

Svizzera apripista sulle criptomonete “sicure”, pressing del Canton Ticino

Prima apertura del Governo locale ai pagamenti con tecnologia blockchain per tasse e servizi pubblici. In vista la creazione di un ecosistema fintech. Attesi impatti anche sull’economia del Nord Italia

Pubblicato il 08 Mar 2019

L. O.

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Svizzera avanti tutta sulle criptomonete. Ora anche il Canton Ticino fa pressing sul Consiglio di Stato per creare il TicinoCoin, una stablecoin – non soggetta cioè alle fluttuazioni caratteristiche tipiche del Bitcoin – con un rapporto 1 a 1 sulla moneta nazionale (il franco svizzero), e garantita dalla banca centrale di Stato.

In realtà la Svizzera è nota per la sua vivacità nel settore delle monete digitali. Nella “Cripto Valley” tra Zugo e Zurigo è nato l’Ethereum, la seconda criptovaluta più conosciuta dopo il Bitcoin. E nel Cantone di Vaud (Losanna), è diffuso il Leman, moneta complementare che ha iniziato a utilizzare la tecnologia Blockchain.

Secondo gli osservatori un boom del fintech e delle tecnologie Blockchain nell’area potrebbe avere riflessi anche nel Nord Italia, dove è già alta la concentrazione di imprese innovative rispetto al resto del Paese.

Nel Canton Ticino un’interrogazione parlamentare è pronta per essere depositata la prossima settimana, giusto in tempo prima della la fine della legislatura nel Cantone: un gruppo di stakeholders locali chiede il sostegno del Consiglio di Stato per realizzare la moneta locale basata sulla tecnologia blockchain.

“I segnali di apertura ci sono tutti, siamo ottimisti sul fatto che il Consiglio possa dare il suo patrocinio al progetto e non solo”, ha detto all’agenzia Adnkronos un parlamentare del Cantone tra i firmatari dell’interrogazione parlamentare.

L’idea è quella di fare della repubblica una seconda cripto valley svizzera per rilanciare l’economia della regione e creare nuovi posti di lavoro.

Al di là del commercio locale, la scommessa punta sulla creazione di una moneta complementare al franco, come ce ne sono altre cartacee in Svizzera, e al contempo favorire la crescita di un ecosistema digitale.

Nel 2014, sono Michele Fiscalini, Claudio Rossini e Adriano Meyer a ideare e testare i primi Tic – così si chiameranno i ‘bit’ svizzeri – raccogliendo negli anni le adesioni della politica e della società locale. Oggi tutti i partiti del Parlamento ticinese sono unanimi nel volere l’arrivo del TicinoCoin.

Deputati di tutti i partiti hanno chiesto al Governo di accettare i pagamenti in Bitcoin per alcune tasse e altri servizi pubblici: la risposta è stata positiva. E’ ancora tutto da discutere e definire, ma c’è un clima generale di apertura verso queste tecnologie.

Il Cantone è, come gli altri 26 svizzeri, uno Stato a tutti gli effetti e ha una banca di sua proprietà, la BancaStato del Cantone: nell’ipotesi più avanzata, l’istituto cantonale bancario potrebbe non solo fungere da banca depositaria, ma diventare l’emittente stesso di TicinoCoin e sbrigare le pratiche di accettazione dei clienti nell’emissione di nuovi Token. Se accadesse questo, sarebbe la prima volta di uno Stato sovrano che attraverso il suo istituto centrale emette una criptovaluta con un controvalore fisso e garantito in una delle principali valute nazionali, il franco svizzero.

Poiché il TicinoCoin sarebbe negoziato sugli exchanger internazionali di criptovaluta, il Cantone offrirebbe la possibilità di disporre di una criptovaluta equivalente al franco svizzero. “A livello globale c’è molta richiesta per questo genere di stablecoin, che migliorano la liquidità dei mercati di criptovalute senza la necessità di convertire moneta in criptovaluta e viceversa – dicono i promotori -. Per questi motivi, è lecito pensare che BancaStato raccoglierebbe sottoscrizioni nell’ordine di svariate decine di milioni di franchi svizzeri”.

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