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Banda ultralarga, Open Fiber: “Non serve fusione con Tim”

Fonti interne all’azienda fanno sapere che l’eventuale “coinvestimento niente ha a che vedere con un progetto di rete unica, verticalmente integrata e controllata dall’incumbent, ma presuppone l’esistenza di più operatori infrastrutturali”

Pubblicato il 11 Ago 2020

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Sì al coinvestimento, non alla rete unica controllarta dall’ex incumbent. Open Fiber entra nel dibatto sulla rete unica, riaccesosi dopo l’ultimo cda di Tim e il pressing del governo.

“Se Tim avesse intenzione di proporre agli altri operatori un accordo di coinvestimento per la realizzazione di reti Ftth in aree non ancora servite o che non rientrano nei piani di altri operatori, ben potrebbe farlo, ovviamente nel rispetto della concorrenza e delle condizioni previste dal Codice europeo – osservano finti di Open Fiber – Non si capisce però per quale motivo si renderebbe necessaria la fusione delle reti di Tim e di Open Fiber per far questo. Se l’obiettivo di Tim è quello di proporre un accordo di coinvestimento, Open Fiber può e anzi deve coesistere separatamente”.

Le stesse fonti fanno notare come “il coinvestimento niente ha a che vedere con un progetto di rete unica, verticalmente integrata e controllata dall’incumbent, in cui confluisce l’intera rete in rame di quest’ultimo. Il coinvestimento presuppone l’esistenza di più operatori infrastrutturali, la rete unica è un monopolio”.

Il coinvestimento previsto dal nuovo Codice europeo e la rete unica sono “due soluzioni diametralmente opposte”, precisano dalla compagnia guidata da Elisabetta Ripa che sottolinea quale sia il significato e l’obiettivo dell’Articolo 76 della Direttiva 1972/2018 (ovvero il Codice europeo delle comunicazioni elettroniche che dovrà essere implementato a livello nazionale entro il 21 dicembre di quest’anno) sul coinvestimento “erroneamente citato su alcuni giornali italiani”, chiarendo che “questo niente ha a che vedere con la costruzione di una rete unica”.

Qualora si intendesse procedere a una rete unica, “abbiamo già avuto modo di rilevare in molteplici occasioni, in linea con altri operatori, con Agcom, Agcm e la normativa europea, che soltanto un’entità wholesale-only potrebbe rivestire il ruolo di operatore infrastrutturale unico e non di certo un operatore verticalmente integrato”.

“Il coinvestimento ha l’obiettivo di coinvolgere il maggior numero di operatori possibile nella realizzazione delle nuove reti. E come stabilito dal Codice e confermato anche dal Berec nella bozza di linee guida sul coinvestimento di prossima adozione, gli accordi di coinvestimento riguardano esclusivamente nuove reti Ftth o in fibra fino a una stazione base e non un mero upgrade delle reti esistenti” sottolineano le fonti di Open Fiber.

“Secondo lo schema previsto dal Codice, l’incumbent presenta impegni volti ad assicurare l’apertura dell’offerta di coinvestimento per tutto il periodo di vita della nuova rete, parità di condizioni per i coinvestitori in base alla loro partecipazione, il mantenimento della concorrenza sul mercato anche con riferimento agli operatori che non partecipano al coinvestimento. Se a seguito di un apposito test del mercato, l’autorità nazionale di regolamentazione ritenesse sufficienti gli impegni presentati dall’incumbent, li renderebbe vincolanti e non imporrebbe obblighi regolamentari con solo riferimento alle nuove reti oggetto di coinvestimento, fatto salvo il potere di adottare misure qualora emergessero problemi di concorrenza” proseguono le fonti.

Da notare che l’apertura dell’offerta di coinvestimento a tutti gli operatori interessati “distingue l’ipotesi di accordi di coinvestimento ex Art.76 del nuovo Codice europeo dalle forme di coinvestimento preesistenti all’entrata in vigore di tale Codice, come ad esempio Flash Fiber, la joint venture fra Tim e Fastweb, ma anche altri accordi tra operatori in Spagna e in Francia. Tali accordi non erano aperti a tutti, ma solo alle parti originarie, e nel caso di Flash Fiber solo l’intervento dell’antitrust ha consentito l’apertura della joint venture agli altri operatori”.

Il dibattito sulla rete unica

Dopo che il cda di Tim ha fatto slittare il verdetto sull’offerta di Kkr a seguito del pressing del governo che invitava la compagnia ad inserirla nel contesto più ampio dell’operazione rete unica, oggi sul tema è intervenuta Uncem.

L’integrazione della rete di Open Fiber con quella in fibra di Tim è urgente e non più rinviabile se ci si vuole porre l’obiettivo di una una rete unica che dia la possibilità a tutti i cittadini di sfruttare i vantaggi di una connessione veloce in fibra – spiega il presidente dell’associazione dei piccoli Comuni Montani, Marco Bussone – Nelle aree montane, per tutti i piccoli Comuni, da due anni i Sindaci e gli Amministratori insieme a Uncem sono preoccupati e arrabbiati per i ritardi e le gravi difficoltà di Open Fiber che avrebbe dovuto portare la fibra nelle casa di tutti gli italiani. Lo abbiamo scritto anche nel dossier ‘La Montagna in rete’, presentato da Uncem giovedi scorso”.

“I sindaci si sentono presi in giro e Uncem chiede da tempo un cambio di passo nel piano di Infratel, con il Mise a garantire efficienza ed efficacia degli investimenti pubblici. Lo abbiamo detto anche a Roccaraso, con i Ministri Boccia, Provenzano e Pisano, firmando il Protocollo con il Ministero per l’Innovazione – dice – Gli stessi Ministri, con noi, hanno espresso la necessità di individuare le responsabilità dei drammatici ritardi del Piano nazionale Bul. Oggi, evidenziamo che l’azienda che ha risposto al nostro appello è Tim, che con grandissima velocità e professionalità ha collegato durante la fase di lockdown tantissimi cittadini nelle aree bianche, cittadini italiani residenti nei Comuni appenninici e alpini che per la prima volta hanno potuto provare cosa significa essere collegati con banda ultralarga”.

“Poter lavorare, poter vedere un film, poter studiare, poter accedere ai servizi degli Enti locali, poter essere comunità anche stando in casa è stato possibile – precisa Bussone – Anche grazie ai sistemi Fwa, wireless, gestiti da operatori come Eolo. Tim deve necessariamente avere il controllo della società della rete unica e continuare a gestire la rete come solo lei sa fare. Open Fiber ha 1000 dipendenti. Ma rileviamo, senza se e senza ma, la professionalità e la competenza che hanno dai tempi di Sip gli oltre 40 mila dipendenti Tim, un patrimonio nazionale che non può essere disperso con la scusa del ritorno dello Stato. Sappiamo e ripetiamo che lo Stato deve esserci, per le aree montane e per le comunità. Deve investire”.

“Lo Stato sulla fibra c’è e si chiama Open Fiber, ma il Piano è fallito, troppo lento e incapace di rispondere alle istanze degli Amministratori locali – conclude Bussone – Uncem riconosce che Tim, grazie all’asset della rete attuale, ha capacità e risorse per fare gli investimenti. Altri fondi potranno arrivare grazie al Recovery Fund per la banda ultralarga e per il 5G, per le reti mobili. Sono certo che con un contratto di impegni chiari, verrebbe favorito con grandissima velocità il passaggio dal rame alla fibra in tutta Italia”.

La strategia del Governo

Il governo accelera sulla rete unica come strumento per abbattere le differenze digitali presenti nel Paese. Il dossier è prioritario come rimarcato ieri dallo stesso presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Al tema sarebbero destinati parte degli investimenti in arrivo da Bruxelles con il Recovery Fund, ma se i tempi della ‘rivoluzione’ digitale sembrano maturi restano ancora ostacoli evidenti. “Occorre una rete unica, ne abbiamo parlato con Tim e gli altri operatori. Vogliamo un progetto unico, vogliamo coinvolgere tutti gli operatori, vogliamo realizzarlo nel giro di qualche anno, non possiamo più attendere. Siamo determinati, abbiamo le idee chiare, confido che le trattative di queste settimane si traducano entro la fine di questo mese nella definizione molto chiara di questo percorso”, le parole del premier.

Centrare il tema del controllo. “Fondamentale sarà anche la presenza dello Stato nella rete unica per la digitalizzazione del Paese, dove in parte c’è già attraverso Open Fiber, dove Cdp è già insieme a Enel azionista di riferimento”, come assicurato di recente dal ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli.

L’accelerazione sul piano Bul

Il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, ha firmato i decreti attuativi relativi agli interventi previsti dal “Piano Scuola” e dal “Piano Voucher per famiglie”. Sul piatto ci sono 600 milioni di euro.

Si tratta di risorse che il Cobul, nella riunione tenutasi lo scorso maggio, ha destinato in favore della connettività di famiglie e scuole, anche in considerazione dell’importante valenza sociale ed economica che la tecnologia ha avuto durante l’emergenza Covid.

In particolare, il decreto relativo al Piano Scuola destina 400 milioni di euro per interventi di attivazione di servizi in banda ultralarga in oltre 32.000 plessi scolastici in

tutta Italia, mentre il decreto relativo al Piano Famiglie  – che ha ottenuto il via libera della Commissione europea – consente di sostenere con 200 milioni di euro la connessioni a internet di circa 2,2 milioni di famiglie con Isee sotto i 20mila euro, attraverso un voucher da 500 euro per l’acquisto della connessione e di un tablet o personal computer. 

Gli interventi saranno gestiti da Infratel che si doterà di un portale telematico, al quale gli operatori dovranno registrarsi in vista dell’erogazione del contributo a partire dal prossimo mese di settembre.

Dopo l’avvio di queste prime misure, al termine della consultazione pubblica richiesta dalla Commissione Ue, già online dal 31 luglio scorso, si partirà anche con i voucher destinati alle famiglie con reddito Isee fino a 50.000 euro e alle imprese.

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