Verizon-Aol, il matrimonio rischia l’effetto boomerang

Le regole appena varate dalla Fcc potrebbero mettere a repentaglio l’operazione e inficiare l’integrazione fra il mondo Tlc e media. Come superare l’impasse?

Pubblicato il 15 Mag 2015

Patrizia Licata

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L’acquisizione di Aol da parte di Verizon è la dimostrazione che la concorrenza sul mercato broadband in America sta entrando in una nuova era, nonché la prova lampante che il presidente della Federal Communications Commission Tom Wheeler ha una visione a dir poco distorta del mercato della banda larga. Lo scrive in un commento il Wall Street Journal, sulla scia del deal da 4,4 miliardi di dollari con cui l’operatore mobile numero uno degli Stati Uniti ha comprato la Internet company che ha dominato negli Anni Novanta l’accesso dial-up e proprio mentre le associazioni delle telco americane capitanate da At&t fanno causa alla Fcc sulla riclassificazione della banda larga come pubblico servizio più pesantemente regolato.

Aol, ricorda il Wsj, fu la prima azienda a sperimentare il rischio che il proprio ruolo si riducesse a quello di “dumb pipe” quando aprì il suo “walled garden” di contenuti proprietari permettendo ai suoi utenti dial-up di entrare nell’emergente mondo del web. Oggi è Verizon a voler sfuggire a quel temuto rischio che grava su tutte le telco: ridursi a via di trasporto senza valore aggiunto mentre i soldi fluiscono nelle casse di siti Internet, sviluppatori di app e colossi come Netflix e Apple. Ciò che infatti ha spinto Verizon a comprare Aol è la sua piattaforma di erogazione di pubblicità e video, per espandersi nei settori del mobile video e dell’advertising.

Perché un fornitore di servizi di telecomunicazione vorrebbe diventare un’azienda del video? Oggi Verizon è solo il quinto provider di pay-Tv negli Usa, col suo pacchetto FiOS Tv, che, come tutte le attività del genere, ha bassi margini e scarsi profitti. Eppure Verizon si affretta a ingrandirsi nel video e nell’advertising con la stessa logica con cui At&t compra DirectTv e il suo “obsolescente business della Tv via satellite” o con cui Comcast ha cercato di fondersi con Time Warner Cable.

Il broadband è un mercato competitivo e lo diventa sempre più per via della convergenza fisso-mobile, osserva il Wsj. Resta da vedere se le aziende americane della banda larga stanno puntando troppo sul business del video, che per ora è in perdita, per costruirsi un vantaggio competitivo: “Sopravvalutano la capacità del video di salvarli dal diventare dumb pipes?”, si chiede la testata economica.

A dire il vero, il loro dumb pipe è in realtà uno “smart pipe”: dovrebbero essere le aziende come Google, Netflix, Amazon e Apple a pagare le telco per assicurarsi connessioni stabili e veloci per gli utenti finali, sostiene il Wsj. Tuttavia questo concetto è difficile da far valere e gli operatori insistono a competere con i nuovi aggregatori di video del nuovo ecosistema. Verizon ha già comprato la nascente attività di online Tv di Intel e ha annunciato che creerà un canale Tv sulla sua rete di banda larga mobile: un piano ambizioso visto che il mercato del video è affollato da giganti pieni di soldi come Apple, Facebook, Google e Netflix, senza contare che operatori del cavo e del satellite possono offrire, come già ha fatto Dish, il loro pacchetto video sul web.

Ma per il Wsj sono proprio le temerarie ambizioni di Verizon a mettere in risalto la “assurda” visione di Tom Wheeler, un uomo “fermo al 2005”, che di recente ha dichiarato che “gli operatori devono resistere alla tentazione di usare la loro posizione dominante nella banda larga per proteggere le attività tradizionali nel cavo”. Per il Wsj, infatti, è tutto il contrario: gli operatori difendono la posizione nella Tv per competere sul mercato della banda larga dove la concorrenza è spietata. “E Wheeler dovrebbe agevolare questa evoluzione anziché cercare di regolare il mercato come un monopolio degli Anni Trenta”.

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