LA TASSA

Web tax, Boccadutri ci riprova: “Emendamento nel decreto Irpef”

Il deputato di Sel annuncia battaglia in occasione della conversione del provvedimento: “Bisogna fare come in Francia”. Confalonieri (Mediaset): “Google & Co. i nuovi colonialisti”

Pubblicato il 29 Apr 2014

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La web tax rispunterà in sede di conversione del decerto Irpef. Lo annuncia in una nota Sergio Boccadutri, deputato di Sel e membro della Commissione Bilancio della Camera, tra i sostenitori della cosiddetta “tassa anti Google”.

“In sede di conversione del decreto Irpef ripresenterò ancora un emendamento per fare come la Francia, dove a quanto pare Google ha ceduto. Non si capisce perché proprio noi dovremmo subire passivamente queste pratiche di profit shifting”, spiega.

“Google si è detta pronta a sanare la sua posizione col fisco francese e chiudere così una procedura aperta dal 2011 – ha spiegato Boccadutri – La vicenda è nota, Google riuscirebbe a bypassare le tasse, pagandole al minimo grazie a un passaggio di denaro dai Paesi Bassi alla sua sede di Dublino in Irlanda”.

“Il sistema di profit shifting, anche noto come ‘panino olandese o doppio irlandese’ è quello che ha spinto alcuni parlamentari a presentare un emendamento alla legge di stabilità poi denominato ‘webtax’ – prosegue Boccadutri – Il governo ha stoppato tutto rinviando in Europa la questione, dove però rischia di naufragare ancora”.

Il tema della web tax è tornato sotto i riflettori dopo che le pesanti dichiarazioni del presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri, sugli Ott come Google, Amazon e Facebook.

“I colossi multimediali, gli operatori di internet producono ricchezza in Italia ma la portano altrove e dove non si pagano le tasse: a noi questa sembra una forma di neocolonialismo – spiega Confalonieri – Esiste un tema di tassazione per cui Google, Facebook e Amazon generano utili in Italia ma non pagano qui le tasse”. Secondo Confalonieri l’obiettivo della web tax «era giusto: colpire forme moderne ma non per questo meno odiose di evasione”.

Per Francesco Boccia (Pd),“padre” della web tax, “se due editori di estrazione così diversa come Fedele Confalonieri e Carlo De Benedetti esprimono gli stessi giudizi ed effettuano le medesime valutazioni sul rapporto tra economia digitale e ruolo delle multinazionali del web ed equità fiscale, significa che il dibattito politico e culturale avviato da tempo nel nostro Paese e in Parlamento intercettava un malessere oggettivo che tocca migliaia di piccoli operatori che hanno meno voce”.

“Per non parlare delle decine di migliaia di artisti, talenti e imprenditori di servizi immateriali che vengono penalizzati quotidianamente dell’evidente cartello delle multinazionali del web che continuano a pilotare il mercato, sfruttandone a costi nulli i contenuti prodotti da altri, eludendo il fisco senza investire risorse reali – prosegue Boccia – Grazie al dibattito parlamentare e al lavoro del servizio studi della Camera è emerso che il mercato potenziale oggi superiore ai 20miliardi di euro di fatturato su cui si concentra l’elusione fiscale è diventato una emergenza nazionale così come dimostrano i dibattiti e le pesanti sanzioni economiche comminate in Francia e in Germania. Per questa ragione, pur avendo intercettato per il 2014 grazie alla battaglia parzialmente vinta in Parlamento con il ruling, 137milioni di euro a fronte dei soli 6 pagati dalla multinazionali del web in Italia nel 2013, il prossimo 5 giugno si terrà alla Camera dei deputati un confronto pubblico organizzato dalla commissione Bilancio sull’equità fiscale. A questo confronto culturale parteciperanno i principali protagonisti di tutti i settori coinvolti nell’economia digitale. Il mio augurio è che possano accettare l’invito anche i vertici delle Ott”.

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