È stata protocollata con numero CHAP(2014)00001 dalla Commissione europea la denuncia sulla web tax presentata da un privato cittadino, Marco Bazzoni. È quindi la numero uno sul tavolo della Ue la richiesta di avvio di una procedura per eventuale infrazione relativa alla norma che prevede l’obbligo di acquistare pubblicità online solo da chi possiede partita Iva italiana. Norma promossa da Francesco Boccia (Pd), approvata il 24 dicembre nell’ambito della Legge di Stabilità e successivamente fatta slittare a luglio dal Decreto Milleproroghe.
A presentare la denuncia alla Commissione, sostenendo che la web tax violerebbe alcune norme europee, è stato appunto Bazzoni, operaio metalmeccanico di Firenze, che già in passato è riuscito a far aprire una procedura di infrazione della Ue nei confronti dell’Italia per violazione delle direttiva europee sulla sicurezza sul lavoro.
Parlando al Corriere delle Comunicazioni, Marco Bazzoni ha fatto sapere di aver inviato per email il 29 dicembre una circostanziata notifica via email al segretario generale della Commissione europea sostenendo che la web tax, anche detta google tax o spot-tax, “viola in modo evidente la direttiva europea 2006/123/CEE, detta anche direttiva Bolkestein, all’articolo 16, comma 2 (si tratta della direttiva sulla libera circolazione di beni e servizi in Europa, ndr)”. Di conseguenza ha chiesto alla “Commissione Europea di aprire quanto prima una procedura d’infrazione contro l’Italia per violazione di tale direttiva”. A suo parere non è significativo che il “Decreto Milleproroghe approvato dal CdM in data 27 Dicembre 2013 abbia posticipato l’entrata in vigore della Web Tax al 1 Luglio 2014” perché, nella sua opinione, “la violazione della direttiva Bolkestein resta”.
La risposta della Commissione non si è fatta particolarmente attendere. Il 13 gennaio Bazzoni ha ricevuto l’attesa risposta: il dirigente incaricato gli ha comunicato che la sua lettera di denuncia è stata ricevuta e protocollata con numero CHAP(2014)00001. Ovvero è la prima dell’anno, in cima alla lista delle denunce da prendere in esame. Adesso gli addetti “provvederanno a esaminarla secondo il pertinente diritto dell’Unione” e informeranno Bazzoni “degli esiti dell’esame e dell’eventuale andamento del procedimento di infrazione”.
La Ue aveva già espresso forti perplessità sulla norma, promossa da Francesco Boccia (Pd), al momento della sua approvazione. Emer Traynor, portavoce del commissario europeo per la fiscalità e l’unione doganale Algirdas Šemeta, aveva osservato che la web tax “sembrerebbe contraria alle libertà fondamentali e i principi di non-discriminazione stabiliti dai trattati”. E il premier Enrico Letta, in quelle stesse ore, aveva sentito il dovere di segnalare il “bisogno di un coordinamento con le norme europee essenziali”.
Dopo il voto di fiducia al Senato sulla Legge di Stabilità la parlamentare del Pd e componente della commissione Trasporti e Telecomunicazioni della Camera, Lorenza Bonaccorsi, insieme ai colleghi del Partito Democratico Paolo Coppola, Marco Causi e Giampaolo Galli, aveva presentato un ordine del giorno sulla web tax per impegnare il governo alla notifica presso la Commissione Europea, oltre a chiedere un “eventuale” sospensione degli “effetti della norma introdotta” e una valutazione di “meccanismi correttivi della disposizione”.
Il 28 dicembre la web tax, destinata ad entrare in vigore dal primo gennaio, è stata posticipata al primo luglio, aprendo così la strada a un’eventuale, possibile revisione e armonizzazione della normativa a livello europeo.
Da parte sua Francesco Boccia ha continuato a difendere strenuamente il provvedimento sottolineando che, proprio a causa di questa “battaglia condotta dall’Italia”, il tema della tassazione dei colossi del web nei Paesi in cui operano è diventato “centrale per l’Unione europea”. Con lui nella difesa della web tax così come è passata in Senato anche l’editore Carlo De Benedetti e l’esperto di media digitali Andrea Pezzi. Tra le numerose voci contrarie il neo segretario del Pd, Matteo Renzi, che fino all’ultimo ne aveva invocato la sospensione, ma anche il Movimento 5 Stelle, Stefano Parisi, presidente di Confindustria digitale e Riccardo Donadon, presidente di Italia Startup.
Marco Bazzoni, è già noto per aver presentato denuncia alla Commissione Europea, nel settembre 2009, sulle difformità di alcuni articoli del Dlgs 106/09 (decreto correttivo al Testo unico per la sicurezza sul lavoro: Dlgs 81/08) rispetto alle direttive europee. La Commissione lo ha ascoltato e, dopo un iter durato 2 anni, ha aperto una procedura di infrazione nei confronti del nostro Paese. Con una lettera inviata all’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, l’Unione ha “messo in mora” l’Italia. Il procedimento è tuttora in corso.