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Web tax, l’Austria torna alla carica: “Priorità per il 2018”

Il ministro delle finanze Hartwig Löger accelera sul dossier dopo il rallentamento europeo degli ultimi mesi: “Sbagliato rimandare in attesa della soluzione perfetta”. Secondo i calcoli della Commissione Ue l’aliquota temporanea per Google, Apple, Facebook e Amazon potrebbe generare fino a 5 miliardi di euro l’anno

Pubblicato il 16 Lug 2018

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L’Austria spinge per una web tax da realizzare subito, entro la fine dell’anno. E questo, nonostante i veti opposti da alcuni Paesi all’interno del blocco. Lo ha detto Hartwig Löger, ministro delle finanze austriaco, al Financial Times spiegando che i piani per “digital tax temporanea” saranno al centro della presidenza austriaca nella seconda metà di quest’anno.

La direzione potrebbe incassare l’ok di Francia, Spagna e Italia ma non di Irlanda, Lussemburgo e Svezia secondo cui questo tipo di proposta si discosta dai principi concordati a livello internazionale e complicherebbe gli sforzi fatti per raggiungere un accordo globale sul calcolo degli utili imponibili del settore.

Löger prova a sparigliare di nuovo le carte perché, dice, i sistemi fiscali nazionali si sono rivelati incapaci di gestire la mole di profitti realizzati da alcune delle maggiori società mondiali.

“Quando vediamo alcuni player che non pagano quasi nulla su base europea o nazionale pur potendo contare su enormi giri d’affari da ogni paese, non va bene – ha detto -. Non penso che sia l’approccio giusto rimandare fino a quando avremo trovato la soluzione perfetta”. Anche se, ha ammesso, “non è facile trovare la definizione giusta”. Ma nonostante non ci sia nessuna garanzia su un accordo entro l’anno, “ci aspettiamo comunque di poter fare chiarezza e gettare una base per una soluzione”.

La Commissione Ue aveva proposto in marzo una tassa del 3% sui ricavi realizzati da Apple, Facebook, Google e da altre società con ricavi totali annui a livello mondiale di 750 milioni di euro e di 50 milioni di euro in Europa. L’obiettivo della tassa i ricavi da attività specifiche come la pubblicità online e la vendita dei dati degli utenti.

Bruxelles ha stimato che la proposta coinvolgerebbe circa 150 fra le maggiori tech company e potrebbe raccogliere fino a 5 miliardi di euro l’anno – cifra che i detrattori considerano però ottimista.

Il prelievo, che richiede l’unanimità degli Stati membri, viene inteso come misura temporanea da adottare parallelamente allo svolgimento dei negoziati internazionali in corso all’interno dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico.

L’accelerazione austriaca sembra un tentativo di rivitalizzazione di un negoziato che nel tempo aveva perso spinta. Nel corso di un vertice tra i ministri delle Finanze europei in aprile il francese Bruno Le Maire aveva parlato di “timori” di alcuni Stati nell’avviare trattative anti-Trump. “Ma è arrivato il momento per la Ue – ha detto Le Maire – di decidere se c’è o no la volontà politica di tassare le grandi compagnie Usa. Ma se verrà deciso per il no, dovremo poi spiegare ai cittadini perché è stato respinto un principio di giustizia fiscale”.

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