Web Tax, Renzi: “Dalla nuvola digitale a quella di Fantozzi”

Si moltiplicano le posizioni contrarie alla norma approvata in commissione alla Camera. Tra queste quella del neo segretario del Pd e di Stefano Parisi, presidente di Confindustria digitale: “Così si allontanano gli investitori stranieri. Rischiamo una brutta figura anche a Bruxelles, perché l’Ue si sta già occupando della questione”

Pubblicato il 16 Dic 2013

L’emendamento alla legge si stabilità per introdurre la web tax, approvato in commissione Bilancio alla Camera dei deputati, apre la discussione su un tema che potrebbe condizionare tutto il settore della new economy per i prossimi mesi. La norma, che impone alle imprese italiane di acquistare servizi online esclusivamente da soggetti dotati di partita Iva italiana, è stata proposta dal presidente della commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia (Pd), e sta facendo molto discutere. Dalla parte dei contrari c’è anche Matteo Renzi, neosegretario del Partito democratico, che sottolinea come il Parlamento italiano non sia la sede migliore per affrontare un caso così “globale”.

“Siamo passati dalla nuvola digitale alla nuvola nera di Fantozzi – ha detto ieri il sindaco di Firenze durante l’assemblea nazionale del Pd, a Milano, in cui è stato ‘incoronato’ alla segreteria dopo l’affermazione alle primarie dell’8 dicembre – I temi della web tax vanno posti in Europa, altrimenti rischiamo di dare l’immagine di un paese che rifiuta l’innovazione”.

Contrario anche Stefano Parisi, presidente di Confindustria digitale, che sostiene che la web tax “allontana gli investitori stranieri dall’Italia, perché così si cambiano le regole solo da noi”. “Questa norma, se fosse approvata – continua Parisi – ci farebbe fare una brutta figura a Bruxelles, proprio nel periodo di presidenza italiana”, dal momento che l’Ue ha istituito “una task force per la fiscalità sul web che si esprimerà sotto il semestre italiano. Allora perché non aspettare”. “Siamo davvero esterrefatti e ci appelliamo al commissario straordinario per l’Agenda digitale, Francesco Caio. Si doveva piuttosto favorire sul piano fiscale le piattaforme europee, non penalizzare quelle Usa” conclude Parisi, ricordando “le recenti affermazioni del premier Enrico Letta sulla necessità di dare slancio all’Agenda digitale italiana”.

Molto critica anche Lorenza Bonaccorsi, parlamentare del Pd e membro della commissione Trasporti e Telecomunicazioni della Camera. “Ricordo ai miei colleghi parlamentari e al Governo – afferma – che noi dovremmo semplificare la vita dei cittadini e delle imprese italiane, dovremmo abbassare le tasse e non metterne di nuove, dovremmo incentivare i settori che danno occupazione e crescita e non ostacolarli. Con la web tax, invece, continuiamo ad andare nella direzione sbagliata e si chiude la settimana nera della tecnologia italiana”. Prima del via libera alla web tax, infatti – ricorda Bonaccorsi – l’altro giorno è arrivato il regolamento Agcom sul copyright, che dà la facoltà all’Autorità di decidere se un contenuto pubblicato sia legittimo o meno, ed è stata varata la norma del decreto Destinazione Italia con cui si stabilisce che ci vuole un accordo preventivo con l’editore se si vuole lineare, indicizzare ecc. un contenuto online”.

“Nel nostro Paese – conclude Bonaccorsi – già siamo soffocati da centinaia di leggi, leggine, norme, regolamenti che sono quanto di più lontano dal mondo di Internet, quindi decidiamo di appesantire ulteriormente questo sistema, invece di semplificare e favorire la crescita e le potenzialità che questo settore esprime e può continuare a esprimere”.

“È una norma che è probabile che non abbia efficacia, quindi anche se non la cancelliamo, la cancella l’Europa”, afferma Filippo Taddei, responsabile economico del Partito democratico, ai microfoni di “Effetto Giorno”, su Radio 24. “Il principio che la tassazione debba seguire la collocazione geografica dell’attività economica e che questo sia un problema che va affrontato e risolto, lo condividiamo tutti. Il punto è se questa norma è funzionale a fare questo. C’è un problema di ordine tecnico che riguarda il principio di libera circolazione dei servizi – ha continuato Taddei – è difficile che la norma passi quel vaglio. La politica è affermare principi e trovare strumenti che siano conseguenti e applicabili, questo non sembra soddisfare entrambi i requisiti”.

Per Riccardo Donadon, Presidente di Italia Startup “la cosiddetta “web-tax” rischia di essere un clamoroso autogol per il nostro Paese”. “Come associazione che rappresenta l’ecosistema delle piccole e giovani imprese innovative, non possiamo che osteggiare una manovra che di fatto rischia di tagliare fuori l’Italia dal resto del mondo digitale. Sul delicato tema della tassazione relativa ai soggetti che operano su internet è infatti attivo da tempo un tavolo europeo chiamato a esprimere un provvedimento armonico e valido per tutti i paesi membri. Muoversi come singolo stato membro in modo anticipato e distonico rispetto alle future decisioni europee, ci può penalizzare molto. Rischiando di allontanare dal nostro Paese molte aziende che forniscono agli startupper, e più genericamente a tutte le aziende che hanno capito quanto importante sia innovare, strumenti e metodi per implementare le loro idee. E quindi di distogliere investimenti internazionali importanti, proprio ora che il Governo ha appena promosso il programma Destinazione Italia, mirato ad attrarre sia risorse umane che risorse economiche dall’estero”.

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