LA RICERCA

Invoice trading, cinque proposte per liberare la crescita del fintech

Il position paper di Italia Fintech: oggi il mercato della cessione delle fatture su piattaforme digitali vale oltre un miliardo di euro, e cresce del 40% ogni anno. Il vicepresidente Matteo Tarroni: “Opportunità di modernizzazione del paese e di digitalizzazione dei processi di business”

Pubblicato il 06 Mar 2023

Invoice trading

Cinque proposte per consentire al mercato dell’invoice trading di proseguire nel suo sviluppo e di conquistare nuovi clienti, contribuendo così alla crescita e alla stabilità finanziaria di microimprese e Pmi, troppo spesso penalizzate dai ritardi dei loro clienti nel pagamento delle fatture. Ad avanzarle attraverso il position paper “Invoice trading: analisi opportunità, proposte” è il gruppo di lavoro dedicato al lending di Italia Fintech, l’associazione italiana dei principali imprenditori nel settore Fintech. L’obiettivo della ricerca è stato di mettere a confronto i modelli adottati dalle principali piattaforme, per arrivare a formulare un quadro complessivo rilevandone le criticità ed evidenziando le possibilità di sviluppo. A coordinare lo studio sono stati Matteo Tarroni, ceo e founder di Workinvoice e Riccardo Carradori, presidente e Ceo di Teamsystems Financial Value Chain.

Le proposte in breve

Tra le idee avanzate dall’associazione ci sono la messa a punto di una proposta legislativa che metta ordine e porti chiarezza nel settore, l’istituzione dell’obbligo di “referral”, che prevede che le banche indirizzino le richieste delle imprese che non vogliono seguire per farle esaminare dalle fintech del settore, e l’istituzione dell’albo delle imprese certificate. L’intervento del legislatore, secondo Italia Fintech, dovrebbe occuparsi anche – sulla scia di quanto già succede nel Regno Unito – di rendere nulle tutte le clausole contrattuali che vietano alle imprese la cessione del credito, mentre sarebbe utile per il settore pensare a una campagna di informazione multimedia per informare cittadini e imprese sulle opportunità.

Cos’è l’invoice trading

L’invoice trading è in sostanza la vendita a titolo definitivo e a sconto di fatture commerciali non scadute, che può essere realizzato dalle aziende che decidono di cedere il credito servendosi di piattaforme digitali. Si tratta quindi di uno strumento che può rivelarsi particolarmente utile per le piccole e medie imprese, ma anche per le microimprese, che possono così vedersi garantita la liquidità senza necessità di appesantire la propria posizione finanziaria.  “Si tratta – spiega Italia Fintech – di uno strumento estremamente flessibile per la gestione delle esigenze di liquidità delle aziende che non ne appesantisce la posizione finanziaria, è uno dei segmenti del mercato fintech B2B in Italia che presenta i maggiori volumi di sviluppo”.

I vantaggi dell’invoice trading

Grazie all’invoice trading le aziende cedenti possono ottenere liquidità, anticipatamente rispetto alla data di scadenza della fattura, monetizzando fino al 95% del valore nominale della fattura ceduta entro 24-72 ore, in totale semplicità. La fintech che acquista la fattura dal canto suo – spiega il position paper – “realizza un ritorno da un investimento finanziario nell’economia reale del nostro Paese, peraltro de-correlato dall’andamento dei mercati finanziari tradizionali”. Quanto al gestore della piattaforma, il suo scopo è di offrire a titolo oneroso alcuni innovativi servizi finanziari digitali a cedenti e cessionari, che possano di norma essere complementari e non sostitutivi rispetto a quelli offerti dalle banche tradizionali”.

Il mercato dell’invoice trading in Italia

Secondo i dati raccolti da Italia Fintech il mercato dell’invoice trading oggi in Italia vale più di un miliardo di euro, e il suo valore cresce anno dopo anno di una percentuale superiore al 40%. Stando al “4° Report sulla Finanza Alternativa per le Pmi” del Politecnico di Milano, inoltre, le piattaforme di invoice trading italiane hanno complessivamente mobilitato per le PMI 1,24 miliardi di euro circa nel 2021 (712,2 milioni di euro nel secondo semestre 2020 e 531,6 milioni di euro nel primo semestre 2021), con un incremento del 7,5% rispetto al 2020. In aggiunta questi dati c’è da dire che nel nostro Paese secondo Italia Fintech esiste ancora “uno spazio per soluzioni innovative flessibili e alternative al credito bancario, visto che ogni anno in Italia si generano centinaia di miliardi di euro di crediti commerciali, ma solo una parte di questi (circa il 20-25%) è finanziato dal sistema creditizio tradizionale”.

I ritardi nel pagamento delle fatture

A consentire la crescita del mercato dell’invoice trading nel nostro Paese sono i dati sul tempo di pagamento delle fatture B2B, che secondo i dati dell’Osservatorio Supply Chain Finance del Politecnico di Milano sono in media di 82 giorni, una media che mette l’Italia nella parte finale della classifica europea del comparto. A questo c’è da aggiungere il fatto che soltanto un terzo delle aziende Italiane salda con puntualità le proprie fatture, secondo quanto riportato dallo Studio Pagamenti di Cribis D&B.

Ottenere credito sfruttando lo “score” dei clienti

“Soprattutto negli ultimi 4 anni, l’invoice trading si dimostra uno strumento estremamente utile a maggior ragione in un sistema economico come quello italiano, caratterizzato da una miriade di fornitori (di solito PMI) e da un numero più ridotto di clienti/buyer, di solito di maggiori dimensioni e con un miglior merito creditizio – spiega il report – La cessione dei crediti sui marketplace digitali consente, infatti, alle aziende cedenti di ottenere più credito in modo più semplice e rapido, sfruttando il merito di credito dei loro clienti”.

Le cinque proposte di Italia Fintech

1. La prima proposta avanzata da Italia Fintech per sostenere il comparto dell’invoice trading e quindi indirettamente microimprese e pmi è l’istituzione di un albo delle piattaforme certificate, sulla scia di quello che già avviene nel Regno Unito, a tutela di investitori e cedenti. “Le autorità di vigilanza – spiega il position paper – potrebbero valutare di prevede che l’attività di invoice trading sia riservata a soggetti che ottemperano a certi requisiti volti ad assicurarne la sana e prudente gestione, iscritti in un apposito albo”.

2. La seconda proposta è il cosiddetto “obbligo di referral”: anche in questo caso parliamo di una norma che già esiste in UK, e che prevede che le banche e gli altri intermediari finanziari tradizionali, come le società di factoring, nel momento in cui in rifiutano o accolgono parzialmente una richiesta di cessione del credito siano tenute a segnalare il caso automaticamente alle piattaforme fintech iscritte all’albo, che potrebbero così entrare in campo e – una volta che i controlli del caso avranno dato esito positivo – agevolare l’erogazione di liquidità ai richiedenti”.

3. Nel position paper Italia Fintech chiede anche un intervento normativo che renda inefficaci le clausole di divieto della cessione del credito, che “consentirebbe alle pmi di rendere un attivo altrimenti “ingessato” molto più facilmente finanziabile, anche attraverso piattaforme che offrono soluzioni di finanza digitale complementare”. “Il rendere inefficaci le clausole che vietano la cessione del credito avrebbe quindi indubbi effetti benefici non solo sulla trasferibilità degli stessi – spiega Italia Fintech – ma aumenterebbe anche la trasparenza di pratiche che si configurano a tutti gli effetti come finanziamenti non trasparenti, non regolati da termini e condizioni, ma soltanto da consuetudini che, oltre a generare un rischio sistemico, spesso portano a situazioni di incaglio di complessa risoluzione e quindi a costi elevati”.

4. Tra i cinque punti Italia Fintech Inserisce anche le agevolazioni a favore di organismi di investimento collettivi del risparmio (Oicr) che investano in crediti vantati da microimprese e Pmi virtuose acquistati su piattaforme fintech: “Per facilitare la raccolta, a tassi competitivi, presso investitori professionali di Fondi di Investimento Alternativi di Credito operanti su piattaforme fintech, che hanno come clientela target Pmi e microimprese italiane selezionate caratterizzate da “Key Performance Indicator” (KPI) “virtuosi” – spiega il position paper – sarebbero certamente d’aiuto agevolazioni fiscali a favore degli investitori in tali prodotti di investimento e/o la disponibilità di investitori istituzionali a co-investire in tali progetti, quantomeno per quote minime e pur con dei ‘cap’ predefiniti”.

5. Infine Italia Finech propone il miglioramento e la qualificazione della comunicazione istituzionale nei confronti delle Pmi su strumenti innovativi di finanza digitale con l’invoice trading, attraverso campagne multimedia che coinvolgano tutti i player del settore.

La digitalizzazione dei processi di business

“Abbiamo individuato tutti gli interventi che paiono essere di maggior rilievo per sostenere le Pmi e le microimprese italiane e che rappresentano anche un’opportunità di modernizzazione del paese e di digitalizzazione dei processi di business – spiega Matteo Tarroni – come avviene in Gran Bretagna si potrebbe pensare all’introduzione di un obbligo di “referral” a carico di banche e altri intermediari finanziari tradizionali, ad esempio società di factoring, e all’istituzione di un albo delle piattaforme certificate. Si potrebbe valutare la possibilità di una legge che renda nulle le clausole contrattuali che vietano la cessione del credito per dotare le PMI di un asset molto più facilmente finanziabile, anche attraverso piattaforme di finanza complementare – conclude – così come l’introduzione di agevolazioni a favore di organismi di investimento collettivi del risparmio (Oicr) che investano in crediti vantati da microimprese e pmi virtuose acquistati su piattaforme fintech”.

Modelli a confronto per aiutare pmi e microimprese

“ItaliaFintech, perseguendo il suo scopo istituzionale, ha pensato di mettere a confronto i diversi modelli adottati dalle principali piattaforme, rilevare i dati quantitativi da queste consuntivati e indicare quelle che sembrano esser le prospettive per uno strumento estremamente utile alle microimprese a alle pmi italiane – sottolinea Riccardo Carradoni – soprattutto a quelle con difficoltà di accesso al credito bancario tradizionale o che desiderano semplicemente adottare forme tecniche di smobilizzo del circolante più efficienti perché digitali e integrate coi loro sistemi gestionali e/o di fatturazione elettronica”.

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