L'ANALISI

Social “affamati” di dati, i tre saggi Ue: “Obbligo di condivisione”

Gli esperti incaricati dalla Commissione europea di studiare nuove soluzioni ai problemi digitali consigliano anche di accelerare le indagini per tenere il passo dei cambiamenti nei mercati della tecnologia

Pubblicato il 05 Apr 2019

Antonio Dini

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La commissaria alla competizione Margrethe Vestager un anno fa li aveva incaricati di studiare le grandi sfide del digitale: come fare a rispondere ai problemi che i colossi come Amazon, Facebook e Google pongono ad esempio nel trattamento dei dati e soprattutto nella loro capacità di estrarre informazioni utili ad espandere sempre più rapidamente il loro controllo sui rispettivi mercati di appartenenza.

Dopo un anno di studio i tre saggi ritornano e le soluzioni che propongono potrebbero stonare all’orecchio di molti eurocrati. Però ci sono delle idee che si muovono in delle direzioni che prima probabilmente non erano mai scandagliate a sufficienza.

Così, mentre negli Usa la candidata alle primarie democratiche Elizabeth Warren propone di fare uno spezzatino dei colossi dell’hi-tech, i tre docenti invece propongono tutto l’opposto: diamo loro spazio ma in cambio devono condividere tutte le loro informazioni. “Perché – ha detto Vestager a una conferenza organizzata dall’agenzia per la competizione rumena –  nell’era digitale avere i dati giusti potrebbe essere la chiave per continuare a competere”

Inoltre, sostengono i tre saggi, i meccanismi di indagine e monitoraggio della Commissione devono essere rapidamente rivisti e accelerati, altrimenti non potranno mai reggere il passo con la rapidità del cambiamento nel settore tecnologico.

Nel loro rapporto i tre accademici prestati al policy-making hanno anche affermato che è necessario rendere più facile per le aziende di spostare i dati in loro possesso su piattaforme concorrenti. Questa, sostengono, potrebbe essere una soluzione per frenare i giganti della tecnologia. “Richiedere – scrivono i tre – agli attori dominanti di garantire l’interoperabilità dei dati può essere un’alternativa più attraente ed efficiente di quella della divisione delle aziende. Un modo che ci consente di continuare a beneficiare dell’efficienza dell’integrazione».

Vestager ha detto che esaminerà le raccomandazioni, che non sono vincolanti, prima di decidere il prossimo passo da fare.

Non ci sono solo la circolazione delle informazioni e la velocità delle indagini sul piatto. Per la questione delle società che acquistano concorrenti più piccoli per chiuderli, conosciute come “acquisizioni killer”, i saggi hanno suggerito che i regolatori dovrebbero rafforzare e riformulare le loro argomentazioni sul perché alcune aziende che acquistano un altro in un mercato diverso ma strettamente correlato potrebbero danneggiare la concorrenza. Occorre un approccio più chiaro e comprensibile, anche dal punto di vista dei mercati.

I tre saggi hanno però respinto le richieste di alcuni giganti tecnologici, come Google, di voler essere riconosciuti come una “utility essenziale” i cui servizi sono ragionevolmente necessari alla società nel suo insieme. “Non ci immaginiamo – hanno scritto i tre saggi – che dall’economia digitale possa emergere un nuovo tipo di ‘public utility’ e una regolamentazione specifica connessa. I rischi associati a un regime di questo tipo – rigidità, mancanza di flessibilità e rischio di blocco del mercato – sono troppo alti”.

Gli esperti, scrive Reuters, sono Heike Schweitzer, docente di diritto della Humboldt University; Jacques Cremer, professore della School of Economics di Tolosa, e Yves-Alexandre de Montjoye, professore associato di data science dell’Imperial College di Londra.

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