IL DESI

E-fattura, Italia in pole position

Secondo il Digital Economy and Society Index le imprese che utilizzano la fatturazione elettronica sono il 30%, percentuale di molto superiore alla media Ue (18%). Samaritani (Agid): “Può essere un modello per tutta la PA digitale”. Servizi pubblici digitali e open data in linea con gli altri Paesi. Ma l’utilizzo è scarso: solo il 16% dei cittadini usa canali telematici per interagire con l’amministrazione

Pubblicato il 03 Mar 2017

Federica Meta

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L’Italia digitale cresce a piccoli passi. Il nostro Paese resta nelle retrovie del Digital Economy and Society Index 2017 (Desi), la graduatoria annuale che fotografa la digitalizzazione nei 28 Stati dell’Unione europea. Ma qualcosa si muove soprattutto sul fronte dell’integrazione dell’Ict e sull’e-gov, indicatore che insieme alla banda larga hanno fatto aumentare dello 0,04% il punteggio dell’Italia. Poco, certamente, ma comunque la dimostrazione che stiamo andando nelle direzione giusta.

Il nostro Paese registra buoni risultati per quanto riguarda l’erogazione online dei servizi pubblici – lo fa l’86% delle PA – e per gli open data, utilizzati dal 52% degli enti. Ma l’utilizzo resta molto basso: solo il 16% dei cittadini sceglie l’online per dialgore con l’amministrazione, ma presenta uno dei livelli più bassi di utilizzo in Europa.

Quello che emerge è anche che l’Italia sta colmando il divario con l’Ue per quanto riguarda la digitalizzazione delle imprese. Le imprese che utilizzano la fatturazione elettronica sono il 30%, percentuale di molto superiore alla media dell’Ue (18%). Ma le Pmi tuttavia ricorrono raramente ai canali di vendita elettronici: lo fa solo il 7% mentre il 5% lo fa per l’estero.

“Uno dei parametri che ci riconoscono maggiore leadership è fatturazione elettronica. Questo vuol dire che dove c’è un progetto nazionale i risultati si vedono”, spiega l’Ad di Agid, Antonio Samaritani. Il motivo di questo successo è da ricercare gran parte nell’obbligo introdotto nel 2016 dal Governo di trasmettere i dati delle fatture e dei corrispettivi per via telematica. in un mese le fatture digitali sono passate da 500mila a 2 milioni di unità. “Lo switch off completo ci ha portato a questo risultato. Ma da solo introdurre l’obbligo di fatturazione elettronica non basta, quello che è servito è creare anche delle piattaforme di facile utilizzo che aiutino le persone a capire che in effetti con gli strumenti digitali rappresentino una semplificazione”. La fattura elettronica può diventare un modello di diffusione degli strumenti digitali per la pubblica amministrazione: “Per similitudine stiamo facendo lo stesso nel 2017, quando introdurremo l’obbligo per pagamenti digitali alla pubblica amministrazione. Sono convinto che la prossima classifica Desi premierà anche questa azione”. Un passo per volta, per colmare un gap enorme: “Sono d’accordo con quanto detto oggi da Andrus Ansip in conferenza stampa, l’Italia sta facendo un buon percorso di digitalizzazione, ma il gap da colmare è davvero grande”.

A spingere la diffusione della e-fattura l’obbligo verso la PA mentre sono entrate in vigore le norme per il B2B. Dallo scorso 9 gennaio il progetto è diventato operativo grazie alla modifica formato Fattura PA che, nella versione precedente, era utilizzabile solamente per la trasmissione delle fatture elettroniche verso le PA. Secondo il Mef se il progetto funziona, la stima minima è di 3-4 miliardi di risparmi. “La fatturazione elettronica è conveniente ad ogni livello: consente un risparmio quantificabile per ciascuna fattura gestita, rispetto ai modelli di fatturazione “tradizionali” e questo vale non solo per le grandi aziende, ma anche per le realtà più piccole”, dicono dal Mef.

Secondo i dati raccolti dall’Osservatorio Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione della School of Management del Politecnico di Milano, il beneficio del passaggio dal processo “tradizionale” alla fatturazione elettronica si assesta tra i 7,5 e gli 11,5 euro a fattura, per organizzazioni che producono/ricevono un volume di fatture superiore alle 3.000 all’anno. Il risparmio deriva da una serie di attività per le quali occorreva l’utilizzo di manodopera “umana”: stampa e imbustamento delle fatture, interazione con il cliente, conservazione dell’archivio cartaceo, senza dimenticare il costo della burocrazia legata ai diversi passaggi autorizzativi al pagamento delle fatture.

Lo scopo della fatturazione elettronica tra privati è quello di potenziare l’integrazione tra tutti i protagonisti della filiera del valore: produttori, fornitori, addetti alla logistica e distributori, per arrivare, sempre più spesso, ai clienti finali.

Per spingere i privati ad usare la fattura elettronica il governo ha studiato un particolare sistema incentivante, fatto di crediti d’imposta e di altri strumenti, a tutto vantaggio delle imprese. Le aziende che decideranno di optare per l’applicazione del nuovo regime, che avrà una durata di 5 anni a partire dall’inizio dell’anno solare in cui è esercitata e, salvo revoca, rinnovata di quinquennio in quinquennio, potranno godere di una riduzione degli adempimenti fiscali. Le aziende che sceglieranno la fattura elettronica godranno, infatti, di una serie di esenzioni da altrettanti obblighi di comunicazione relativi a operazioni rilevanti ai fini Iva (Spesometro), contratti di leasing e operazioni con paesi black list. Altri benefici riguardano i rimborsi Iva, che saranno più veloci (in tre mesi) e ci sarà, inoltre, la semplificazione dei controlli fiscali, niente scontrino fiscale e la riduzione di un anno dei termini di accertamento (che passano da 4 a 3 anni).

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