L'ANALISI

Digital mismatch “nemico” della ripartenza: a rischio 1,5 milioni di posti di lavoro

I dati del XXV Rapporto sull’economia globale di Centro Einaudi e Intesa Sanpaolo. Mario Deaglio: “E-commerce e smart working sono qui per restare. Servono investimenti in infrastrutture, ricerca e innovazione ma anche in formazione del capitale umano”

Pubblicato il 08 Lug 2021

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E’ la carenza di competenze digitali e il conseguente digital mismatch uno dei vulnus su cui agire per la ripresa dell’Italia. Perché la digitalizzazione delle imprese può determinare una domanda di personale con competenze diverse rispetto a quello posto in cassa integrazione durante il Covid: 1,5 milioni di occupati sono a rischio non solo di non tornare all’occupazione precedente, ma anche della possibilità di trovare un lavoro diverso.

Lo sottolinea il XXV Rapporto sull’economia globale e l’Italia, presentato dal Centro Einaudi e da Intesa Sanpaolo.

Deaglio: “Smart working è qui per restare”

Il Rapporto, curato da Mario Deaglio, docente emerito di Economia Internazionale dell’Università di Torino, mette in evidenza le trasformazioni del mondo del lavoro dovute al lockdown e spiega che da alcuni cambiamenti non si tornerà indietro. “Commercio online e smart working sono qui per restare: a certificare la fine di un’epoca, nel 2020 le vendite di vestiti grigi – gli abiti formali da uomo simbolo del lavoro impiegatizio e manageriale nel secolo scorso – sono più che dimezzate rispetto al 2011″.

Il Rapporto richiama l’attenzione sul fatto che il progressivo pensionamento dei nati fino al 1965, ossia delle generazioni numerose del tardo baby boom italiano, sta determinando la rarefazione, anche nell’industria manifatturiera, di competenze sofisticate, accumulate durante la vita lavorativa e non sostituite, negli anni, da competenze giovani all’interno di percorsi educativi e formativi adeguati. “Rischiamo di avere contemporaneamente molti disoccupati – si legge nel Rapporto – e molte imprese che non trovano il personale di cui avrebbero bisogno”.

Serve formazione digitale: donne e Neet al centro

Secondo Deaglio la riforma degli ammortizzatori sociali, che il Governo Draghi si è impegnato a presentare in autunno, “dovrà essere accompagnata da una riforma delle politiche attive del lavoro che abbia come stella polare quella di munire tutti i
lavoratori delle competenze che pongano in grado di trovare, o ritrovare, un lavoro. Alle persone, e alle imprese, si dovranno offrire non solo sussidi, ma opportunità reali di crescita”.
Decisivo diventa per l’Italia trovare una soluzione, insieme a quello delle donne, al problema dei Neet, i soggetti di età inferiore a 30 anni che non risultano né occupati né impegnati in attività di studio e di formazione.

Avanti con riforme PA e fisco

Non basta. “Arrivato alla crisi dopo vent’anni di stagnazione, il nostro Paese – si legge nel Rapporto – ha oggi per la prima volta, con il Pnrr, le risorse per realizzare una trasformazione che non può essere solo produttiva. Alla riconversione dell’industria in direzione green e digitale devono accompagnarsi le riforme, in primo luogo giustizia, pubblica amministrazione e fisco, di cui hanno bisogno le imprese per esprimere il loro potenziale”.

Lavoro più fragile: ecco come rafforzarlo

“Questo potenziale è straordinario come dimostra la competitività inalterata della manifattura italiana, la ripresa dell’edilizia, la ritrovata solidità del sistema bancario, pur in un anno terribile”, rileva il rapporto secondo cui, però “di riforme hanno bisogno non solo le imprese ma anche le persone. Ovunque nel mondo, la pandemia ha esacerbato le ingiustizie e colpito in modo più pesante i più deboli. In Italia, ciò si è tradotto in un ulteriore infragilimento del lavoro, in un sostanziale passo indietro dal punto di vista reddituale e di partecipazione al mercato del lavoro delle donne, in un inasprimento dei divari fra il Nord e il Sud del Paese esteso, questa volta, a esiti educativi che segneranno giovani e giovanissimi per gli anni a venire“.

“Per ripartire l’Italia ha bisogno di investimenti ‘buoni’ in infrastrutture, in ricerca e innovazione, in formazione del capitale umano“, osserva ancora il rapporto secondo cui “come tutte le grandi crisi, questa che stiamo vivendo spezza equilibri consolidati, accelera sviluppi che erano già in atto, espone fragilità più o meno nascoste. L’andamento della pandemia, e soprattutto le risposte che i diversi governi hanno dato nell’emergenza, conferma la difficoltà  delle società democratiche dell’Occidente a far fronte in maniera coordinata ed efficiente a un pericolo nuovo: si riconoscono modelli diversi di reazione nei diversi paesi e una diffusa difficoltà ad allineare l’attività di governi, parlamenti e burocrazie”.

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