INTELLIGENZA ARTIFICIALE

Non solo ChatGpt, nel mirino del Garante Privacy tutte le app online

L’Autorità italiana pronta ad aumentare gli strumenti di controllo sulla tecnologia e a portare a bordo tre consulenti esperti. Agostino Ghiglia: “Revisione ad ampio raggio delle applicazioni di AI generativa e di apprendimento automatico”

Pubblicato il 23 Mag 2023

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Dopo aver vietato temporaneamente l’utilizzo di ChatGpt a marzo, il Garante per la protezione dei dati personali ha in programma di esaminare altre piattaforme di intelligenza artificiale, allargando lo spettro degli strumenti di controllo della tecnologia e puntando ad assumere esperti sulla materia. A rivelarlo a Reuters è stato un componente dell’Autorità, Agostino Ghiglia.

Una revisione ad ampio raggio

Oltre allo stop alla piattaforma di OpenAI, il Garante è stato la prima organizzazione in Europa a vietare la società specializzata in chatbot AI Replika, a imporre multe al produttore di software di riconoscimento facciale Clearview AI e a limitare TikTok.

“Abbiamo in programma di avviare una revisione ad ampio raggio delle applicazioni di AI generativa e di apprendimento automatico disponibili online, perché vogliamo capire se questi nuovi strumenti stanno affrontando questioni legate alla protezione dei dati e alla conformità alle leggi sulla privacy, e intraprenderemo nuove indagini, se necessario”, ha dichiarato Agostino Ghiglia, membro del consiglio di amministrazione del Garante.

Il successo di ChatGpt ha spinto i pesi massimi della tecnologia, da Alphabet a Meta, a promuovere le proprie versioni, e i legislatori e i governi di tutto il mondo stanno discutendo nuove leggi che potrebbero richiedere anni per essere applicate.

Stiamo cercando tre consulenti nel campo dell’AI perché siamo consapevoli che gli strumenti di intelligenza artificiale si stanno evolvendo molto rapidamente, e abbiamo bisogno di esperti con un background tecnologico per aiutarci nella nostra attività di protezione dei dati”, ha aggiunto Ghiglia. Il Consiglio del Garante, incarnato da quattro membri, è in effetti composto da esperti di diritto. Ghiglia ha detto che l’autorità dispone di 144 dipendenti, ben al di sotto dei suoi colleghi europei in Francia, Spagna e Gran Bretagna, e la maggior parte dei collaboratori ha per l’appunto una formazione in legge.

Il caso ChatGpt

Nel suo giro di vite nei confronti di ChatGpt, il Garante si è avvalso delle disposizioni del Gdpr, in particolare di quelle che tutelano i minorenni e concedono alle persone il diritto di chiedere la cancellazione e di opporsi all’uso dei propri dati personali. Dopo l’intervento del Garante, OpenAI ha apportato modifiche al suo chatbot per ripristinare la conformità.

“I membri del Consiglio del Garante spesso vengono a conoscenza di potenziali violazioni delle leggi sulla privacy perché semplicemente esploriamo strumenti e applicazioni digitali una volta che sono disponibili”, ha detto Ghiglia. “Abbiamo esplorato ChatGpt e ci siamo resi conto che non era conforme alle norme Uesulla privacy”. E visto che ci vorranno anni prima che la nuova legislazione che regola l’AI entri in vigore, “abbiamo deciso di agire rapidamente con ChatGpt”, ha chiosato il funzionario.

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