IL RAPPORTO

Censis: “Internet necessità indifferibile nei territori”

La pandemia fa emergere un’Italia a doppia faccia sul fronte connettività: reti all’altezza dell’emergenza, con l’87% dei cittadini connessi. Ma alfabetizzazione digitale troppo bassa e assenza di politiche ad hoc. La provincia di Ravenna al top delle PA innovative

Pubblicato il 04 Dic 2020

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Internet elemento centrale della pandemia. Ma anche necessità indifferibile per il territorio italiano. E’ un quadro a doppia faccia quello che emerge dalla 54esima edizione del Rapporto Censis che analizza i fenomeni socio-economici più significativi del Paese nella fase di “eccezionale incertezza che stiamo vivendo – si legge nel report – e che descrivono la giravolta della storia, ma anche il geniale fervore degli italiani da cui traspira il nuovo”.

Italia a doppia faccia: reti vs competenze

Da un lato l’87% dei cittadini ha utilizzato la connessione fissa a casa durante il lockdown e dichiara che è stata sufficiente: meno del 10% ha lamentato una mancanza di banda adeguata: complessivamente l’Italia registra un buon punteggio nell’indice di connettività, “merito soprattutto dell’ottima performance della connettività mobile e dei prezzi”. In oltre la metà dei casi è stata utilizzata anche la connessione dati del telefono cellulare. Più del 70% dei cittadini ha inoltre dichiarato di possedere le competenze di base necessarie per svolgere tutte le attività online.

Dall’altro lato, abbiamo il punteggio peggiore nell’indice di capitale umano.”Se per recuperare terreno sulla banda larga e ultralarga si sta lavorando, per colmare il gap di alfabetizzazione digitale le iniziative sono ancora frammentate. Secondo l’indice di digitalizzazione delle province italiane la PA più digitalizzata è quella della provincia di Ravenna. Gli altri territori con un punteggio totale elevato sono le aree metropolitane (Roma, Bologna, Firenze, Cagliari e Torino) insieme alle province di Modena e Reggio Emilia.

Secondo l’ultima edizione del Desi l’Italia si posiziona al 25° posto in Europa a causa soprattutto della pessima performance nell’indicatore relativo alle competenze digitali (siamo all’ultimo posto). Però nel periodo del lockdown gli italiani che hanno iniziato a utilizzare alcuni dei principali servizi online sono il 6,4% della popolazione adulta nel caso delle videochiamate, per mantenere i contatti lavorativi, familiari e affettivi bruscamente interrotti. Il 25,8% ha aumentato l’uso delle principali piattaforme di e-commerce.

Impreparato il 20% degli italiani

L’area critica è però costituita dal 19,7% che ha avuto un costante bisogno di aiuto o che ha dovuto ricorrere a qualcuno che li sostituisse alla tastiera. Il 73,3% ha fatto fronte alle nuove esigenze grazie alle competenze che già possedeva, cercando di abituarsi ai diversi ritmi e alle mutate modalità di utilizzo della rete. Il 6,2% ha dovuto attivarsi per colmare le lacune in modo da avere le competenze minime necessarie di fonte alle nuove esigenze. Il 3,6% si è reso conto della propria impreparazione, ma ha rinviato al periodo post-emergenziale l’impegno formativo, accettando nell’immediato rinunce e limitazioni. Per il 5,6% la mancanza di competenze digitali ha limitato pesantemente la capacità di lavorare e di rimanere in relazione con gli altri.

Nuovi utenti con il lockdown

Però appare chiara una criticità: la generazione più anziana è quella che per un terzo (il 32,6%) si autoesclude completamente dal mondo digitale. Si può stimare che quasi 43 milioni di persone maggiorenni (tra queste, almeno 3 milioni di novizi) siano rimaste in contatto con i loro amici e parenti grazie ai sistemi di videochiamata che utilizzano internet. Il lockdown ha generato nuovi utenti e ha rafforzato l’uso della rete da parte dei soggetti già esperti. Ma almeno un quarto della popolazione a un certo punto è andata in sofferenza. Anche un terzo dei più giovani, dopo un iniziale entusiasmo nell’uso dei sistemi di comunicazione digitale, si è stancato di fare e ricevere videochiamate.

I social più popolari

I social network più popolari sono YouTube, utilizzato dal 56,7% degli italiani (ma il dato sale al 76,1% tra i 14-29enni), Facebook dal 55,2% (dal 60,3% dei giovani), Instagram dal 35,9% (dal 65,6% degli under 30). E WhatsApp è utilizzato dal 71% degli italiani: il 3,5% in più in un anno (si arriva all’88,9% dei 30-44enni, ma si scende al 30,3% tra gli over 65).

I social sono giudicati indispensabili dal 4,9% degli italiani, utili dal 48,6%, sono inutili secondo il 22,9% e addirittura dannosi per il 23,7%. Ma perché si utilizzano? Per rimanere in contatto con le persone e comunicare in maniera più veloce ed efficace (40,6%), perché fanno compagnia (28,8%), forniscono molte informazioni e punti di vista diversi dalle fonti ufficiali (24,0%), perché sono utili per il lavoro (18,0%) e consentono di coltivare i propri interessi (14,7%).

Nuove frontiere del mercato digitale

Già prima dell’accelerazione impressa al fenomeno dal lockdown, a ricorrere ai servizionline  offerti dalle aziende (da Airbnb a Deliveroo) era il 6,9% degli italiani nel 2017, aumentati al 12,1% nel 2019 (5,2 punti percentuali in più). Il profilo dell’utilizzatore tipo? Un 30-44enne (19,5%: +10,6%), maschio (12,4%), diplomato o laureato (14,5%), residente in un centro urbano medio-grande (14,7%).

Il lockdown ha trainato l’incremento di utilizzo delle tante piattaforme oggi disponibili da parte di chi era già in grado di farlo e ha favorito l’ingresso in questo mondo di qualche milione di persone che ne erano del tutto estranee. Le varie piattaforme (Skype, Teams, Hangouts, Zoom, ecc.) hanno registrato il passaggio da un’utenza prevalentemente professionale a un pubblico domestico tanto vasto quanto variegato. Un potentissimo e repentino effetto di domanda che in condizioni di normalità si sarebbe forse verificato in anni di sperimentazioni e di azioni di sensibilizzazione. Nel complesso, si può stimare che quasi 43 milioni di persone maggiorenni (tra queste, almeno 3 milioni di “novizi”) siano rimaste in contatto con i loro amici e parenti grazie ai sistemi di videochiamata che utilizzano la rete internet.

Criminalità dell’era digitale

Dal 1° agosto 2019 al 31 luglio 2020 i reati denunciati alle Forze dell’ordine sono stati 1.912.344, con un calo del 18,2% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Ma nello stesso periodo le truffe informatiche denunciate sono state 82.842 (+12,0% rispetto all’anno precedente). Di queste, 34.634 sono riferite al periodo 9 marzo-3 giugno. L’aumento dei reati informatici caratterizza tutto il decennio: +90,3% le truffe e frodi informatiche dal 2009 al 2018, +141,1% gli altri reati informatici. Nel 2018 le vittime delle truffe informatiche sono state 170.300 (+112,0% nel decennio).

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