L'INTERVENTO

Fair contribution, le obiezioni degli Ott non trovano riscontro nel mercato

La disponibilità di un numero maggiore di contenuti traina la domanda degli accessi ultrabroadband. Una tesi che non sta in piedi: nell’ultimo decennio il volume d’affari europeo dei servizi Ott/Cap è esploso, mentre quello dei servizi di connettività risulta stagnante e talvolta in declino. Il modello Corea del Sud? Non mutuabile in Europa. L’analisi di Maurizio Dècina e Antonio Filippo Giangrande

Pubblicato il 27 Apr 2023

Maurizio Dècina

Politecnico di Milano e Ict Consulting

merger-acquisizioni

Con la pubblicazione della consultazione della Commissione Europea sul “futuro del settore delle comunicazioni elettroniche e delle sue infrastrutture” avvenuta lo scorso 23 febbraio, il dibattito sull’ipotesi di un Fair Contribution è entrato nel vivo, avviando un percorso dall’esito altamente incerto ma comunque destinato a plasmare gli equilibri dell’ecosistema del digitale europeo nella prossima decade.

Gli obiettivi del Digital Decade

La consultazione Ue si colloca all’interno del programma Digital Decade tramite il quale sono stati identificati gli obiettivi da perseguire a livello comunitario per guidare la trasformazione digitale europea fino al 2030. Tra gli obiettivi del Digital Decade, formalizzati nel 2030 Digital Compass, vi sono l’interconnessione con reti Gigabit di tutte le unità immobiliari europee, e la copertura radio 5G di tutta la popolazione europea, che dovranno essere raggiunti attraverso lo sviluppo di infrastrutture di rete sicure e sostenibili. Il raggiungimento di tali obiettivi richiederà investimenti massivi necessari allo sviluppo delle reti in fibra ottica, alla densificazione delle antenne 5G (con cicli tecnologici di 5-7 anni) e al potenziamento ed evoluzione delle infrastrutture di backbone e delle piattaforme Core.

Tali infrastrutture non dovranno solo essere in grado di garantire la disponibilità pervasiva del servizio di connettività a banda ultralarga, ma dovranno altresì essere in grado di assorbire una domanda di traffico sempre crescente e al contempo gestire servizi applicativi con requisiti sempre più stringenti (non solo in termini di velocità trasmissiva, ma anche di latenza e affidabilità) ed eterogenei.  La consultazione europea pone l’interrogativo se l’attuale e prospettico assetto del mercato sia in grado di assicurare la sostenibilità economica degli investimenti necessari alla trasformazione delle infrastrutture di comunicazione o se vi sia la necessità di un intervento regolamentare atto ad assicurare il raggiungimento degli obiettivi del 2030 Digital Compass.

L’ipotesi di un Fair Contribution va quindi inquadrata all’interno di tale contesto e la sua eventuale realizzazione rappresenterebbe un’applicazione della Dichiarazione Europea dei principi e dei diritti digitali, secondo la quale “tutti gli attori del mercato che traggono beneficio dalla trasformazione digitale dovrebbero assumere le proprie responsabilità sociali e contribuire in modo equo e proporzionato al costo dei beni pubblici, dei servizi e delle infrastrutture, a beneficio di tutta la popolazione residente nell’Unione Europea”.

La posizione delle Telco

Larga parte degli operatori di telecomunicazioni europei caldeggia l’ipotesi di un Fair Contribution a loro beneficio, elargito da parte dei grandi player digitali (Cap – Content Application Provider, spesso riferiti anche come Ott, Over The Top). La principale motivazione a sostegno della richiesta degli operatori è rappresentata dall’effetto congiunto di due tendenze: da una parte il traffico Internet continua incessantemente la sua crescita a doppia cifra (a livello globale il traffico consumer Internet è cresciuto con un Cagr del 34,4% dal 2015 al 2020)  accompagnato da una domanda sempre maggiore di servizi ad alti requisiti prestazionali (si pensi al live streaming di eventi sportivi), mentre al contempo si osserva una costante e significativa riduzione del ritorno degli investimenti nelle infrastrutture di rete.

Poiché la maggior parte del traffico è generato dai grandi player del digitale (il 56% del traffico Internet globale è generato da solo 6 grandi Ott/Cap), gli operatori di telecomunicazioni ritengono che l’introduzione di un contributo da parte dei giganti del digitale atto a sostenere parte di tali costi sarebbe “fair”, nel senso che andrebbe a ripagare quegli investimenti e costi aggiuntivi sostenuti dagli operatori stessi (il costo generato dagli Ott/Cap sugli operatori di telecomunicazioni europei è stato stimato complessivamente tra i 36 e i 40 miliardi di euro) e da cui gli Ott/Cap traggono enorme beneficio, potendo raggiungere con servizi di maggior qualità platee di utenti sempre maggiori.

In sostanza, il Fair Contribution non sarebbe altro che il riconoscimento economico dei servizi di accesso alle infrastrutture di rete utilizzati dagli Ott/Cap ma attualmente non retribuiti alle Telco, in virtù di dell’asimmetria negoziale che vige oggi tra gli Ott/Cap e operatori di telecomunicazioni.

L’asimmetria negoziale

L’asimmetria negoziale dipende essenzialmente da tre fattori: in primo luogo gli Ott/Cap sono per lo più player globali con capitalizzazioni superiori di diversi ordini di grandezza rispetto agli operatori di telecomunicazione, che sono invece prevalentemente soggetti nazionali o anche più piccoli; in seconda battuta, i servizi offerti dai principali Ott/Cap (Alphabet, Meta, ecc,) sono imprescindibili dal punto di vista del consumatore che non esiterebbe a cambiare operatore di comunicazione pur di fruirne; infine vige un’asimmetria normativa scaturita dall’adozione del principio di Net Neutrality, infatti mentre gli Ott/Cap possono “aggirare” l’interconnessione diretta con un operatore” sfruttando public peering e transiti (a discapito dell’uso efficiente delle reti e della qualità dei servizi), per le Telco vige de facto l’obbligo di trasporto, ne consegue una posizione negoziale decisamente sfavorevole.

Inoltre, gli operatori tlc ritengono che in assenza di un contributo da parte degli Ott/Cap, le proprie crescenti difficoltà finanziarie finirebbero per compromettere lo sviluppo delle infrastrutture e quindi il raggiungimento degli obiettivi del Digital Compass. Al contrario, secondo le telco l’introduzione di un Fair Contribution metterebbe gli operatori nella posizione di incrementare gli investimenti nelle infrastrutture di rete generando ricadute positive sul tessuto socioeconomico europeo, con impatti positivi in termini di contributo al Pil, tasso di occupazione, qualità dei servizi e livello di innovazione raggiungibile, nonché minore impatto ambientale.

Le obiezioni al modello Fair Contribution

L’altra parte della barricata è rappresentata evidentemente dagli Ott/Cap, che considerano largamente ingiustificata l’introduzione del Fair Contribution, ritenendo inoltre che l’adozione di un tale meccanismo possa essere deleteria per lo sviluppo dell’ecosistema di Internet e che rappresenti una violazione del principio di Net Neutrality. Inoltre, anche il Berec (ovvero l’organo che unisce le autorità regolamentari nazionali degli stati membri UE) ha espresso diverse perplessità in relazione alla effettiva necessità di introdurre il Fair Contribution, evidenziando criticità analoghe a quelle manifestate dagli Ott/Cap.

La prima grande obiezione al paradigma di Fair Contribution riguarda la storica capacità dell’ecosistema di Internet di auto adattarsi e che quindi non necessiterebbe di alcun intervento regolamentare per trovare un nuovo punto di equilibrio. La crescita dei servizi e del traffico generato dagli Ott/Cap non farebbe eccezione: infatti, la disponibilità di un numero maggiore di contenuti che richiedono connettività ad alte prestazioni trainerebbe la domanda degli accessi ultrabroadband, dando vita ad un circolo virtuoso dal quale anche gli operatori tlc traggono beneficio. L’esercizio è teoricamente corretto ma non trova riscontro nell’effettivo andamento del mercato: è infatti sufficiente osservare che nell’ultima decade iol volume d’affari europeo dei servizi Ott/Cap è esploso, mentre quello dei servizi di connettività è risultato stagnante e talvolta in declino. Il circolo virtuoso è quindi interrotto.

Il punto di rottura

Il punto di rottura è determinato dal fatto che il mercato della connettività europeo è un mercato estremamente saturo: servizi Ftth e 5G sono essenzialmente sostitutivi rispetto a quelli meno performanti già completamente diffusi tra la popolazione. La maggior parte dei clienti però non è disposta a pagare di più per l’upgrade, poiché a causa dell’elevatissimo livello di concorrenza, esisterà sempre almeno un operatore alternativo pronto a erogare lo stesso servizio ad un prezzo minore pur di guadagnare quote di mercato.

L’impatto del traffico dati sui costi delle reti

La seconda obiezione mossa al Fair Contribution riguarda l’effettivo impatto della crescita del traffico rispetto ai costi di rete. Gli Ott/Cap ritengono infatti che la maggior parte dei costi delle infrastrutture di rete riguardi l’accesso, il cui costo è indipendente dall’incremento del traffico. L’osservazione non è completamente vera; infatti, tale affermazione potrebbe essere sostenuta per le reti fisse, ma non certamente per le reti radiomobili dove l’aumento del traffico richiede investimenti per la densificazione e l’upgrade delle antenne (es: Mimo di sempre più elevata cardinalità) e la necessità di acquisire ulteriori risorse spettrali. Anche con riferimento alle reti fisse però occorre affinare il livello dell’analisi. Anche se l’accesso costituisce i due terzi dei costi di una rete, non significa che il restante terzo non abbia un impatto significativo rispetto alla profittabilità di un operatore. Infatti, escludendo gli incumbent, la maggior parte degli operatori di rete fissa sono infrastrutturati solo nel backbone, mentre il loro margine operativo è strettamente correlato ai prezzi del mercato wholesale per le reti di backhauling (ovvero le tratte che collegano l’accesso al backbone), per cui se gli incumbent sono costretti ad alzare i prezzi del backhauling per finanziare gli investimenti necessari, gli operatori più piccoli e gli Isp rischiano di vedere azzerarsi la propria marginalità.

La questione della Net neutrality

Quella che forse è la principale e più dibattuta obiezione al Fair Contribution riguarda la possibile violazione dei principi di neutralità delle reti sanciti dalla Open Internet Regulation. In applicazione di tali principi, l’accesso ad Internet deve essere trattato in modo non discriminatorio, indipendentemente dal contenuto, dall’applicazione, dal servizio, dal terminale, nonché dal mittente e dal destinatario. Questo implica che gli operatori non possono applicare misure di blocco, rallentamento, restrizione o altro genere di degrado nei confronti di specifiche applicazioni o servizi. L’applicazione del Fair Contribution non implica una violazione automatica di tali principi. Infatti, il riconoscimento del contributo non sarebbe altro che il pagamento di un servizio di accesso o interconnessione o di un servizio specializzato. Lo stesso Berec, nelle linee guida per l’implementazione della regolamentazione sulla Net Neutrality chiarisce che “i Content Application Provider (e quindi gli Ott) sono tutelati alla pari degli utenti finali ai sensi del regolamento nella misura in cui utilizzano la rete di un operatore per raggiungere altri utenti finali attraverso l’accesso a Internet. Tuttavia, alcuni Content Application Provider possono anche gestire le proprie reti e, nell’ambito di queste, avere accordi di interconnessione con gli Isp.

La fornitura di interconnessione è un servizio distinto dalla fornitura di accesso a Internet”. Inoltre, le linee guida del Berec chiariscono come l’applicazione del principio di Net Neutrality non limiti la possibilità di fornire servizi specializzati (Specialized Services – Sps) fintanto che non venga compromesso l’accesso ai servizi Ias (Internet Access Services) indiscriminato per tutti gli utenti. L’applicazione di tali principi e il fatto che questi non siano in conflitto con l’ipotesi di Fair Contribution emerge semplicemente osservando l’attuale mercato dei servizi di accesso alle reti. Sia gli utenti consumer che gli utenti business accedono alle reti degli operatori e ad Internet acquistando molteplici servizi con tariffe che riflettono minori o maggiori capacità di accesso alla rete, livelli di servizio più o meno stringenti, o accesso a servizi specializzati, senza che questo comporti alcuna violazione dei principi di Net Neutrality.

Il dual charging

Un’altra obiezione è rappresentata dal “dual charging”: il traffico generato dagli Ott/Cap è essenzialmente “richiesto” dagli utenti finali che già pagano gli operatori di telecomunicazioni per la propria connettività per poter ricevere tale traffico. Dal punto di vista degli Ott/Cap, il Fair Contribution costruirebbe quindi una sorta di doppio pagamento per lo stesso servizio. Questa è probabilmente la più debole tra le argomentazioni contro il Fair Contribution poiché in realtà gli “utenti finali” pagano per il proprio accesso all’infrastruttura dell’operatore, e tramite essa a Internet; ugualmente, attraverso il Fair Contribution, gli Ott/Cap pagherebbero per il proprio accesso all’infrastruttura dell’operatore e, tramite essa, ai propri utenti finali. Inoltre, è evidente che non tutto il traffico trasmesso è effettivamente richiesto dagli utenti, basti pensare alla quantità di contenuti spam e di video promozionali che sono riprodotti in auto-play. Si potrebbe fare anche il seguente esempio: quando due utenti abbonati allo stesso operatore scambiano dati tramite un’applicazione Peer2Peer stanno accedendo entrambi all’infrastruttura dell’operatore che li collega, ma pagano ovviamente due abbonamenti distinti. Un meccanismo simile accade nell’editoria dove da un lato gli inserzionisti pagano la “capacità” del giornale di ospitare i propri annunci e dall’altro lato i lettori acquistano il giornale.

Malgrado tutte le principali obiezioni all’introduzione del Fair Contribution prestino il fianco a diverse critiche, ed il principio appaia razionalmente sensato, l’adozione di un tale meccanismo presenta comunque delle sfide di enorme complessità, che vanno dalla definizione di un modello effettivamente applicabile e accettabile dalle parti, fino alla costituzione di metodologie di supervisione e controllo che siano concretamente attuabili.

I possibili modelli

Nell’abito della consultazione UE sono essenzialmente due i modelli sotto analisi. Il primo modello, che è anche quello largamente favorito dagli operatori di telecomunicazioni, prevederebbe il riconoscimento di un contributo diretto da parte degli Ott/Cap in favore degli operatori di telecomunicazioni. In questa ipotesi il primo problema da risolvere sarebbe quello di identificare chi siano i soggetti tenuti al pagamento di tale contributo e chi invece i beneficiari. Sebbene la consultazione contempli anche la possibilità che a contribuire siano tutti i Content Application Provider, appare più verosimile che la misura venga limitata a carico esclusivo dei Large Traffic Generator (Ltg), ovvero quegli Ott/Cap che anche singolarmente sono in grado di generare enormi quantità di traffico nelle reti di un operatore.  Sarà poi necessario stabilire quali operatori possano beneficiare dei contributi, ovvero se estendere il beneficio a tutti i fornitori di servizi di rete, oppure esclusivamente a quelli che forniscono il servizio di accesso Internet (in questo secondo caso resterebbero esclusi alcuni operatori wholesale only).

Infine, il maggiore nodo da sciogliere sarebbe quello del meccanismo implementativo del contributo e della valorizzazione degli importi; secondo la posizione prevalente degli operatori di telecomunicazioni europei rappresentati in Etno e in Gsma, la misura dovrebbe assumere la forma di un obbligo formale per gli Lgt a negoziare in buona fede accordi diretti con gli operatori di telecomunicazione (o con associazioni o consorzi in caso di piccoli operatori), su richiesta di questi ultimi, e ad accettare il pagamento di un contributo diretto proporzionale al costo di utilizzo della rete e di altri servizi eventualmente contemplati (ad esempio servizi di housing per i nodi Cdn Edge). Tali negoziazioni dovrebbero comunque avvenire sotto la supervisione (e se necessario l’arbitrato per la risoluzione di dispute) delle autorità regolamentari, che avrebbero la responsabilità di assicurare una negoziazione bilanciata e coerente con il quadro regolamentare europeo, anche in materia di neutralità delle reti.

Il secondo modello ipotizzato invece prevede l’utilizzo del contributo degli Ott/Cap (e più in generale dei player dell’ecosistema digitale) per la costituzione di un fondo – europeo o nazionale – il cui scopo sarebbe appunto quello di finanziare gli investimenti e i costi legati allo sviluppo a all’adozione delle reti e dei servizi. Il fondo sarebbe inoltre utilizzabile per sostenere i consumatori con minor potere d’acquisto. In questo scenario la complessità maggiore sarebbe stabilire ragionevolmente l’importo dei contributi a carico e a favore dei singoli soggetti, e inoltre gli adempimenti burocratici necessari potrebbero generare un modello certamente meno flessibile del precedente.

Entrambi i modelli rappresentano una razionale ipotesi di soluzione al problema della sostenibilità delle infrastrutture di rete, ma il modello a contributo diretto potrebbe risultare più veloce e semplice da implementare. Inoltre, le negoziazioni per i contributi diretti potrebbero incentivare i grandi Ott/Cap a identificare e investire in soluzioni di ottimizzazione del traffico e delle interconnessioni che vadano al di là della sola (seppur fondamentale) compressione delle codifiche dei formati audio-video.

Il caso della Corea del Sud

Un’ulteriore opzione, non contemplata dalla consultazione ma certamente degna di analisi, è quella adottata in Corea del Sud. Il modello dudcoreano viene spesso citato dai detrattori del Fair Contribution come esempio fallimentare del modello Sending Party Network Pay (Spnp), ovvero un regime di interconnessione che prevede il pagamento da parte della rete che inietta il traffico in un’altra rete. Il fallimento sarebbe dimostrato  da disservizi causati dal comportamento di alcuni Ott/Cap che per evitare di pagare gli operatori hanno delocalizzato le proprie interconnessioni fuori dal paese, generando un degrado della qualità dei servizi, e quindi danneggiando i consumatori. Occorre però fare chiarezza: innanzitutto, in Corea del Sud, ad essere regolamentate con un modello Spnp sono solo le interconnessioni tra operatori e non quelle tra operatori e Ott/Cap (incluse le Cdn) che sono invece lasciate al mercato.

Questo perché in Corea del Sud il Telecommunications Business Act stabilisce che Content Application provider e Cdn sono equiparati agli altri utenti delle reti, e proprio per tale ragione, gli operatori Sudcoreani chiedono ai Content Application provider e alle Cdn di pagare una fee per l’accesso alle proprie reti.  Le cause tra Netflix e SK Broadband (tutt’ora in corso, sebbene Skb abbia vinto nel primo grado) sono determinate dal fatto che Netflix rifiuta di riconoscere l’aumento della fee di accesso per connettersi alla rete di SK Broadband. Occorre precisare che tali fee di accesso sono normalmente invece pagate dai Content Application Provider Sudcoreani (es: Naver e Kakao). Le critiche al modello sudcoreano appaino quindi poco centrate, sia perché non mutuabili sullo scenario europeo, sia considerando che la Corea del Sud è risultato essere il primo paese al mondo a lanciare commercialmente i servizi 5G, di cui vanta il maggior tasso globale di adozione e risulta essere tra i primi 4 paesi del Ftth/B Global Ranking. L’esempio Sudcoreano permette di distinguere facilmente tra quella che è la razionalità logica di un modello e l’applicabilità pratica dello stesso, che può essere minata da rappresaglie e azioni legali.

Conclusioni

Indipendentemente dall’esito della consultazione e dall’eventuale introduzione o meno di un meccanismo di Fair Contribution, il tema della sostenibilità – economica e ambientale – delle infrastrutture di rete sarà uno dei nodi chiave in cui si gioca la partita della transizione digitale Europa. Le infrastrutture digitali hanno sempre più bisogno di grandi investimenti e offrono ritorni solo nel medio e lungo periodo. È quindi necessario uno sforzo programmatico a livello di sistema che coinvolga le principali istituzioni e che preveda il contributo di tutti gli attori del digitale.

La crescita del traffico con tassi superiori al 30% su base annuale e la sempre maggiore domanda di servizi con requisiti prestazionali estremamente stingenti potranno essere indirizzate soltanto facendo leva sulle maggiori innovazioni del settore. Gli investimenti privati, pubblici ed eventualmente foraggiati anche dal Fair Contribution dovranno focalizzarsi non solo sul potenziamento delle infrastrutture di rete, ma dovranno sostenere anche e soprattutto lo sviluppo delle piattaforme di Edge Cloud distribuite in modo pervasivo all’interno delle reti degli operatori, in modo da portare i contenuti (e le applicazioni) più vicini agli utenti finali e scaricare il traffico dal backbone delle reti.

In aggiunta, sarà fondamentale un utilizzo massivo delle tecnologie di virtualizzazione delle reti, così da massimizzare le efficienze ottenibili con la condivisione delle infrastrutture e massimizzare la specializzazione dei servizi anche all’interno della stessa rete. Infine, un ruolo cruciale sarà giocato dai sistemi di Intelligenza Artificiale che permetteranno di raggiungere livelli di ottimizzazione estremi all’interno delle reti, raggiungendo in tal modo un’efficienza operativa oggi impensabile.

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