IL CASO

La burocrazia zavorra la banda ultralarga: 250 giorni per avviare i lavori

I dati di Asstel sugli effetti degli iter autorizzativi necessari ad aprire i cantieri e realizzare le reti fisse ultraveloci. Non va meglio per la rete mobile: permessi da sette PA diverse e 210 giorni per partire

Pubblicato il 02 Feb 2021

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Permessi da sei amministrazioni di diverse e 250 giorni per avviare i lavori. Tanto serve per aprire i cantieri che devono realizzare le nuove infrastrutture di Tlc in Italia. Lentezze burocratiche che ostacolano anche lo sviluppo della rete mobile: in questo caso per avviare i lavori servono permessi da sette enti doversi e 210 per avviare i lavori.

I dati li ha resi noti Asstel, secondo cui a poco sono servite le nuove norme previste nel Dl Semplificazioni e nel decreto Scavi. (le tabelle redatte da Asstel)

L’associazione che raggruppa la filiera delle Tlc rileva che, per la rete fissa, nei Comuni rurali servono 50-80 giorni per avere l’autorizzazione allo scavo e l’emanazione dell’ordinanza per il traffico. A questi si vanno a sovrapporre i via libera che le Province autonome devono rilasciare per far partire gli scavi o ai 100 che eventualmente servono per le autorizzazioni paesaggistiche. Il Genio Civile ci potrebbe mettere fino a 125 giorni per autorizzare uno scavo e se la zona è limitrofa a ferrovie, autostrade o strade statali, rispettivamente, Rfi, Aspi e Anas potrebbero dare l’ok anche fino a 180 giorni dopo la richiesta.

Senza contare che eventuali modifiche al progetto potrebbero “costare” altri 50-80 giorni. Si arriva così ai 250 giorni totali affinché partano davvero i lavori.

Sul fronte della rete mobile qualcosa si è mosso, grazie al Dl Semplificazioni che ha ben definito le competenze delle PA centrali e locali rispetto al rilascio delle autorizzazioni. Con il risultato che le ordinanze ostative dei Comuni sono diventate sempre di meno.

L’articolo 38 del decreto modifica l’articolo 8 della legge 22 febbraio 2001, n. 36, comma 6, introducendo una nuova variante che stabilisce con chiarezza dei limiti ai regolamenti comunali e dunque stoppa  ordinanze o provvedimenti da parte dei sindaci che vietino l’installazione delle antenne 5G sul proprio territorio.

“I comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici con riferimento a siti sensibili individuati in modo specifico, con esclusione della possibilità di introdurre limitazioni alla localizzazione in aree generalizzate del territorio di stazioni radio base per reti di comunicazioni elettroniche di qualsiasi tipologia e, in ogni caso, di incidere, anche in via indiretta o mediante provvedimenti contingibili e urgenti, sui limiti di esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, sui valori di attenzione e sugli obiettivi di qualità, riservati allo Stato ai sensi dell’articolo 4”, si legge nell’articolo.

Se le infrastrutture rispetteranno i limiti di emissione dei campi elettromagnetici e i piani urbanistici, dunque, i sindaci non potranno vietare l’installazione di antenne 5G.  

5G e Recovery Plan

Oltre che con lentezze burocratiche lo sviluppo del 5G deve fare i conti anche con le risorse disponibili. Il tema è stato affrontato dal presidente di Asstel Pietro Guindani, in un’intervista al Sole 24 ore.  Nel Recovery Plan dell’Italia la dotazione messa in campo “nella parte relativa alla realizzazione delle infrastrutture a banda ultralarga, fibra e 5G, è del tutto insufficiente”, dice Guindani, ricordando che “Le infrastrutture digitali sono la premessa indispensabile per la trasformazione digitale di imprese, PA, turismo o agricoltura”,

“Scordiamoci la diffusione omogenea di big data, cloud computing o intelligenza artificiale se non disporremo di copertura Vhcn sull’intero territorio nazionale. Senza infrastrutture adeguate vedremo solo crescere il ‘digital divide”, sottolinea. Guindani pone l’accento sull’intervento “Banda larga, 5G e monitoraggio satellitare”, che ha una dotazione di 4,2 miliardi anche se, sottolinea, “di questi, 900 milioni sono legati a un progetto per il satellitare, 1,1 miliardi sono destinati a voucher per la domanda, mentre 1,1 miliardi sono la replica di finanziamenti già stanziati per le aree grigie. La quota di Pnrr per le infrastrutture è di solo 1,1 miliardi, lo 0,5% del Piano, una somma che non può fare la differenza in alcun modo”. Il presidente di Asstel ricorda come la Spagna “per il 5G ha stanziato nel proprio Pnrr 5,2 miliardi per assicurare la massima copertura 5G entro il 2025” mentre “la Germania ha previsto 6 miliardi per il 5G, che si sommano ad altri 11 per estendere a tutto il Paese la copertura a 1 Giga”. Di qui una stima che “vadano previsti almeno 10 miliardi” iniziando con “l’accelerazione e l’estensione della copertura 5G su tutto il territorio”.

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