Call center: “100 milioni per garantire il futuro”

L’Ad di Almaviva Contact Andrea Antonelli: “E’ necessario il 10% di sgravi fiscali per dare una boccata di ossigeno al comparto”. Dopo anni di difficoltà nel 2010 l’azienda raggiungerà il break even

Pubblicato il 03 Mag 2010

«L’abbattimento del 10% dell’Irap sortirebbe un beneficio
istantaneo e sufficiente per le aziende del mercato dei contact
center». Parola di Andrea Antonelli, a capo di
Almaviva Contact la società del Gruppo, guidato
da Marco Tripi, specializzata nell’informatica e
nei servizi di Crm.

Nonostante lo scenario affatto positivo – “l’aumento del
costo del lavoro ha impattato sui conti e non è stato possibile
recuperare il gap con gli aumenti tariffari”, puntualizza
Antonelli – l’azienda ha basi solide per affrontare il futuro
con serenità. “Quest’anno raggiungeremo il break even”,
annuncia Antonelli. I volumi del business hanno tenuto, nonostante
la crisi “che sulle aziende di contact center ha pesato meno che
su altri comparti”, puntualizza il manager il quale ci tiene
però a sottolineare che il comparto “ha bisogno di essere
sostenuto dal governo con interventi di defiscalizzazione”.

Quanto vale la partita?
Basterebbero 100 milioni di euro per garantire i posti di lavoro a
tutti e consentire alle aziende di andare avanti. Il conto è
presto fatto: il comparto genera quasi un miliardo di euro di
business e per alleggerire la situazione al settore servirebbe un
10% in parte dovuto all’Irap. Non si può continuare a ragionare
nel breve periodo e non si può pensare che la cassa integrazione
rappresenti la soluzione: le aziende di contact center vendono
prestazioni, non prodotti, e la prestazione è fatta dal personale.
Mandare a casa il personale significa chiudere.

Come si è arrivati a questa situazione?
Le aziende più in difficoltà sono quelle che hanno una ridondanza
di personale a fronte di volumi di business in calo: ciascun
lavoratore rappresenta per l’azienda un margine fra il 20 e il
25%, quindi ogni lavoratore non attivo comporta una perdita
giornaliera dell’80%.

Voi come siete messi?
Per fortuna bene. Fra i nostri clienti ci sono le principali
compagnie di Tlc e la crisi non ha impattato sui servizi di
telefonia. Certamente rispetto al passato il modello è meno
flessibile: gestire lavoratori assunti è più difficile che
gestire collaboratori perché non si può modulare la forza lavoro
sulla base dei volumi di business.

Nessun problema?
Un problema ce l’abbiamo. E riguarda Alicos, la società che
abbiamo acquisito da un mese a seguito della messa in
commissariamento da parte di Alitalia: ci sono 7 milioni di euro di
crediti congelati.

Come riuscite a fronteggiare la competizione sui
prezzi?

Sull’inbound il fenomeno della concorrenza sul prezzo è
piuttosto marginale. Certamente c’è da fare i conti con le
realtà nascenti che usufruiscono dei contributi per le assunzioni.
Ma bisogna anche tenere in conto la professionalità e quindi la
qualità dell’offerta: noi non usufruiamo dei contributi ma
vantiamo un personale altamente qualificato.

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