LA CRISI

Call center, cala il sipario su Qè: licenziati i 600 lavoratori siciliani

L’azienda, sull’orlo del fallimento, non ha portato i libri contabili per certificare l’ammontare dei debiti e dei crediti. Intanto Mise e Regione lavorano per sondare l’interesse di altre società a rilevare le attività

Pubblicato il 30 Nov 2016

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Cala il sipario sul call center siciliano di Qè. Sono state consegnate le lettere di licenziamento ai 600 lavoratori della sede di contrada Tre Fontane, a Paternò (CT). Nel corso di un incontro in municipio le missive sono state notificate sia a quanti hanno lavorato a tempo indeterminato sia ai lavoratori a progetto. Una notizia che se da una parte fa tirare un sospiro di sollievo per la possibilità di accedere così agli ammortizzatori sociali, dall’altra getta i lavoratori nello sconforto.

Il tavolo tecnico tenutosi al Ministero per lo sviluppo economico nei giorni scorsi, presieduto dalla viceministro Teresa Bellanova, ha avuto un doppio obiettivo: chiudere definitivamente con Qè e la sua attuale gestione e, allo stesso tempo, aprire nuovi spiragli per tracciare un futuro occupazionale. Ma quando si potranno concretizzare le operazioni di recupero dei dipendenti e di rilancio di nuove attività non è chiaro. Alla Regione sono in corso trattative con alcune aziende disposte a rilevare il call center e i lavoratori ancora alle prime battute. Tra le società interessate l’azienda Di Bella.

Intanto si aspetta che Qè porti i libri in tribunale per certificare il fallimento così come richiesto da Bellanova, ma sui tempi ancora non si sa nulla. Manca infatti una certezza sull’ammontare del debito che dovrebbe aggirarsi sui 6,5 milioni di euro. L’azienda finora non ha fornito la certificazione su debiti e crediti di bilancio, nonostante le sollecitazione arrivate al’amministratore unico, Mauro De Angelis, sia da parte sindacale sia da parte dei committenti (Enel, Inps e Wind). Lo stallo impedisce ai sindacati di presentare istanza di fallimento nei confronti dell’azienda.

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