LA CRISI

Call center, proposta salva-occupazione: e-skill e digitale i pilastri

Presentato dalla senatrice Pd, Stefania Pezzopane, il ddl mira a frenare il fenomeno delle delocalizzazione e del massimo ribasso. Prevista l’istituzione di un osservatorio ad hoc e di un fondo da 6 milioni per sostenere il settore. “Non bastano soluzioni giuslavoristiche per superare la crisi”

Pubblicato il 25 Ott 2016

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Promuovere la leale concorrenza tra le imprese di call center e tutelare la stabilità occupazionale. È l’obiettivo del disegno di legge presentato dalla senatrice Pd, Stefania Pezzopane, che per la prima volta definisce – in un provvedimento ad hoc – le figure dell’impresa di call center, dei servizi di contact center inbound e outbound e dei committenti delle imprese operanti nei mercati regolamentati.

Al fine di vigilare sulla corretta applicazione normativa e monitorarne l’innovazione, il ddl prevede l’istituzione dell’Osservatorio nazionale permanente per il settore dei call center, che garantisce altresì la rappresentanza paritetica di tutti gli attori e si elencano tassativamente le funzioni specifiche dell’osservatori.

Focus anche sulle imprese operanti nei mercati regolamentati, nonché sulle concessionarie di beni o servizi pubblici che – stando al testo – sono obbligate ad affidare i servizi di customer care esclusivamente a soggetti in possesso di certificazione di qualità, a pena di nullità del contratto.

In questa prospettiva si prevede la costituzione di un organismo nazionale di certificazione, che accrediti le imprese abilitate al rilascio della certificazione utile sulla base di una serie di requisiti definiti con apposito regolamento. Tra i requisiti, oltre all’adempimento degli obblighi contributivi e fiscali e al rispetto dei contratti collettivi, figura l’utilizzo di personale qualificato in relazione ai servizi richiesti dalla committenza. Tale disposizione rappresenta il centro nevralgico dell’impianto normativo, in quanto la gran parte dei committenti, al fine di rispettare i requisiti per certificare la qualità del servizio, saranno automaticamente orientati al mantenimento di determinati livelli di prezzo.

Il ddl definisce anche i criteri per l’affidamento degli incarichi e per lo svolgimento del servizio nei mercati regolamentati, fissando il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa alla base delle procedure di gara e prevedendo espresse indicazioni circa i costi del lavoro sostenuti.

Nero su bianco anche misure per la salvaguardia dei livelli occupazionali: si prevede che per le attività di vendita diretta di beni e per le attività di servizi realizzate attraverso servizi di contact center outbound, il ricorso ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa sia consentito nei limiti e alle condizioni economiche e giuridiche previste dagli accordi collettivi nazionali stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Disciplinato anche il caso di successione di imprese nel contratto di appalto con il medesimo committente e per la medesima attività di call center.

Per quanto riguarda le delocalizzazioni, il ddl indica gli obblighi che l’impresa deve rispettare nel caso in cui decida di spostare l’attività di call center fuori dal territorio nazionale, prevedendo adeguate sanzioni in caso di violazione e istituendo una serie di obblighi in capo all’operatore nei confronti dell’utente.

Il provvedimento istituisce il Fondo per il sostegno del settore di call center, con una dotazione di 6 mln di euro annui a decorrere dall’anno 2017. Inoltre, viene introdotta la deducibilità integrale dei costi telefonici sostenuti, prevista per legge solo per determinati settori (le imprese di autotrasporto e gli ex contribuenti minimi e i nuovi minimi cui non si applicano le limitazioni previste dal Tuir), in considerazione dell’uso necessario di tali strumenti, in quanto caratterizzanti l’attività industriale del settore dei call center.

Si prevede, infine, che le tutele e i benefici attribuiti dalla presente legge si applichino anche alle imprese di call center stabilite nello Stato italiano ma riconosciute o certificate in altri Stati membri dell’Unione europea tramite procedure equivalenti a quelle previste dalla medesima legge e comunque alle medesime condizioni previste per quelle stabilite nello Stato italiano.

La ratio alla base del ddl è spiegata nella relazione introduttiva.Questo disegno di legge, oltre a riscrivere alcune norme già presenti nell’ordinamento – si legge – si pone come un tentativo di non intervenire esclusivamente sotto un profilo giuslavoristico, estendende il proprio perimetro anche alla digitalizzazione e alla formazione del personale ed affrontando il tema della qualità dei servizi di customer care erogati da aziende titolari di concessioni di servizi o beni pubblici, nonché di quelle che operano in mercati regolamentati, dove — per ragioni di sensibilità dell’attività svolta — la libertà d’impresa è subordinata ad un procedimento di autorizzazione”.

“La proposta prova infatti a dare una soluzione definitiva al continuo ribasso dei prezzi, partendo dalla consapevolezza che la gran parte dei committenti dei servizi di call center in outsourcing non è tenuta ad applicare il codice degli appalti e che quindi non è ‘costringibile’ da una norma che ne disciplinasse le procedure di acquisto – continua la relazione – In questo quadro il restringimento delle possibilità di ricorso alla procedura di aggiudicazione al prezzo più basso, disposta nel nuovo codice degli appalti, pur rispondendo al problema in relazione ai committenti pubblici, rischia di non essere efficace in termini strutturali, poiché la potenza cogente della norma impatta su un limitato numero di soggetti committenti”.

“Per questo è necessario un ulteriore intervento normativo, che non potendo imporre ai privati come svolgere la propria attività di acquisto di servizi — affronti il problema di sostenere il livello della qualità delle performance offerte ai clienti/utenti/consumatori – conclude – Se quindi, da un lato, si vogliono dotare gli imprenditori che gestiscono tali attività di strumenti più efficaci per la difesa delle condizioni dei propri dipendenti, d’altro canto lo spirito del disegno di legge è il rilancio della figura dell’operatore. Ipotesi che può diventare concreta nel momento in cui si impongono dei requisiti che le imprese devono rispettare, ad attestazione dell’utilizzo di personale altamente qualificato. L’incremento della qualità del servizio incide anche sulla soddisfazione del consumatore. E soddisfazione del cliente per il servizio offerto significa anche fidelizzazione dello stesso. Fornire un servizio richiesto che sia all’altezza delle aspettative dell’utente è già di per sé motore di sviluppo economico. Far sì che il consumatore ne riconosca le competenze e la qualità è rivalutativo della funzione sociale della professione”.

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