LA CRISI

Crisi dei call center, il governo: “Stop ai contratti pirata”

Il ministero dello Sviluppo economico a lavoro per gestire la crisi del settore: “Riflettori su delocalizzazione: interverremo su ammortizzatori sociali”. Antonelli (Almaviva Contact): “Serve politica industriale”. Assocontact: “Serve contratto di riferimento”. Allarme sindacati: “A rischio 80mila posti”

Pubblicato il 20 Ott 2016

Federica Meta

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Faro del Mise sui call center. Il ministero dello Sviluppo Economico fa sapere in una nota che “sta presidiando con grande attenzione il settore attraverso l’attuazione di interventi idonei a contrastare il fenomeno della delocalizzazione e azioni mirate a mitigare l’impatto sociale provocato dalla profonda crisi che sta attraversando”.

In particolare, sulla delocalizzazione, per rendere efficace la normativa – l’articolo 24bis del dl 83/2012 – era stato inserito uno specifico emendamento nel ddl Concorrenza. Dati i ritardi che il testo sta incontrando nell’iter legislativo, il Mise ha stabilito di intervenire con altro provvedimento. Il ministero annuncia che interverrà anche sul tema degli ammortizzatori sociali per il settore dei call center.

Il ministro Calenda ha inoltre inviato lo scorso 7 ottobre una comunicazione agli amministratori delegati delle maggiori aziende committenti pubbliche e private coinvolte sollecitandole al rispetto della norma che contrasta le delocalizzazioni in Paesi extraeuropei e invitandoli a predisporre quanto necessario a consentire all’utente finale di scegliere che il servizio richiesto sia reso tramite un operatore collocato in Italia.

“Il 17 ottobre scorso, i rappresentanti delle aziende committenti sono stati convocati al Mise – ricorda il ministero – Calenda e la vice ministro Teresa Bellanova sono stati perentori nell’indicare la linea di tolleranza zero del governo nei confronti di chi continuerà a procedere con modalità di gara che, permettendo aggiudicazioni a prezzi al di sotto dei livelli di retribuzione indicati dai contratti nazionali di lavoro maggiormente rappresentativi, consentono alle aziende fornitrici di applicare i cosiddetti “contratti pirata”. I vertici del ministero hanno indicato la necessità che le eventuali distorsioni esistenti vengano eliminate nel più breve tempo possibile”. Contestualmente il Mise fa sapere di essere da tempo impegnato a gestire le singole crisi di aziende del settore, “che continueranno ad essere trattate con incontri dedicati finalizzati alla ricerca di positive soluzioni di tutte le situazioni di disagio occupazionale anche in virtù della recente approvazione della clausole sociale”, conclude la nota.

Ieri sindacati e aziende sono stati ricevuti in via informale, presso la commissione Lavoro del Senato . Durante l’incontro l’Ad di Almaviva Contact, Andrea Antonelli, ha sintetizzato la situazione societaria.

“Al mese di settembre 2016, la Società Almaviva Contact deve registrare ricavi ridotti del 50% negli ultimi quattro anni, pari a 100 milioni di euro – mantenendo una forza lavoro di circa nove mila risorse sostanzialmente invariata – a fronte di uno scenario di mercato in continuo deterioramento, in presenza di una crisi del settore che ha comportato la chiusura di almeno quindici aziende negli ultimi 24-18 mesi – ha spiegato il manager – E’ solo grazie alla solidità del Gruppo AlmavivA che finora è stato possibile garantire l’equilibrio della Società operativa nel Crm italiano, continuamente sostenuta dal resto del Gruppo (tutte le altre società, in Italia e all’estero, sono in utile) e dagli azionisti (aumento di capitale per oltre 47 milioni di euro)”. Antonelli ha però evidenziato che “l’incremento costante delle perdite, la loro dimensione, nonché i doveri degli amministratori, non permettono più questa possibilità”.

“Rispetto a un settore allo stremo, a un contesto di mercato sempre più caratterizzato da crisi generali come conseguenza di leggi sulla delocalizzazione non rispettate e gare pubbliche e appalti privati assegnati con tariffe spesso sotto il costo del lavoro minimo dei contratti nazionali, è necessario un deciso cambio di passo e agire immediatamente – ha proseguito – Servono elementi di netta discontinuità che affrontino con carattere strutturale la profonda crisi del settore”. Per Antonelli “è il momento di decidere se seguitare ad attardarsi su politiche conservative senza speranza e logiche di stampo assistenziale – continuo ricorso agli ammortizzatori evocato dal sindacato come illusoria ricetta universale – o mettere in campo indirizzi di politica industriale, anche dolorosi se è necessario, che sappiano misurarsi con la presa d’atto di un mercato totalmente fuori equilibrio. Elementi di netta discontinuità che affrontino con carattere strutturale la profonda crisi del settore. da dell’innovazione”.

“L’unica alternativa è prevedere modelli e percorsi nuovi in grado di costruire soluzioni stabili per il futuro, che chiamino la responsabilità di imprese, organizzazioni sindacali e istituzioni”, ha concluso.

I sindacati dal canto loro hanno lanciato l’allarme occupazione: la crisi di Almaviva, che ha annunciato il taglio di oltre 2.500 dipendenti, alza il livello di guardia sul futuro dei call center. “Se non risolve la questione entro breve, nel giro di qualche mese ci saranno 70-80mila posti a rischio” nel settore dei call center, tra coloro che chiamano i clienti e coloro che vengono contattati con problemi “anche di ordine pubblico”, hanno detto Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom.

Secondo Giorgio Serao (Fistel), Pierpaolo Mischi (Uilcom) e Riccardo Saccone (Slc-Cgil), che si appellano a governo e Parlamento, tre sono i punti chiave da affrontare: intervenire con norme che siano di contrasto alle delocalizzazioni e applicando le sanzioni che sono già previste, agire contro le gare al massimo ribasso rispettando i minimi contrattuali e prevedere ammortizzatori sociali stabili e non in deroga per tutto il settore.

Per capire quanto sia in sofferenza il settore basta guardare cosa accade sull’altra sponda dell’Adriatico dove – in Albania – i call center prosperano offrendo gli stessi servizi a prezzi stracciati. Prezzi così bassi che hanno già convinto diversi compagnie italiane a disdire i contratti in Italia per migrare in Albania.

Anche Assocontact, l’associazione nazionale dei contact center in outsourcing, ribadisce l’urgenza di un riordino organico del comparto. Sono necessarie misure ad hoc: combattere il sistema delle gare al massimo ribasso, rispetto delle procedure operative previste per legge come quella del “controllo a distanza”, applicazione dei soli contratti nazionali collettivi siglati dalle organizzazioni sindacali nazionali maggiormente rappresentative, modifica ed aggiornamento delle procedure inerenti l’attività del Telemarketing, applicazione concreta della “Clausola di salvaguardia sociale” in occasione delle gare e scadenze dei contratti, lotta all’illegalità. In quest’ottica si pone il disegno di legge depositato dalla Senatrice Stefania Pezzopane (PD) e “di cui urge avviare l’iter”, dice Assocontact.

Gli sgravi contributivi inoltre, in un settore labor intensive dove il costo del lavoro rappresenta l’80% del conto economico, si traducono in abbattimento del costo del lavoro a favore della committenza alimentando politiche di dumping e non favorendo sana e durevole occupazione: andrebbero quindi riconosciuto ed applicati in maniera maggiormente diluita nel tempo (6 anni invece che 3) per evitare un uso speculativo. “In base ai costi orari previsti dal contratto collettivo nazionale di lavoro- fa notare Assocontact- i servizi di customer care dovrebbero essere venduti ad una media di 28 euro/ora: oggi la media e’ di 21/22 a fronte di gare che anche quando rispettano i criteri cosi’ detti della “massima economicita'” sono sbilanciate su una valutazione fatta al 70% dal prezzo e solo al 30% dalla qualita’ dei servizi offerti. Il settore rappresenta un anello vitale all’interno della filiera del “digitale”: necessita di un proprio contratto di riferimento e di nuove regole in grado di consentire la sostenibilita’ economica di un comparto strategico per la crescita del Paese”.

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