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Digital single market, l’allarme di Colao: “Procede troppo a rilento”

Il Ceo del gruppo Vodefone in un’intervista ad Affari&Finanza di Repubblica: “Così si bloccano investimenti e concentrazioni. Serve più coesione nella Ue tra gli Stati membri”. Sul 5G: “Sarà una rivoluzione, ma sui big tech servono autorità antitrust più orientate al futuro”

Pubblicato il 26 Feb 2018

A. S.

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La rivoluzione del 5G, l’importanza di accelerare sul digital single market Ue, il rischio che i big tech creino un monopolio e il ruolo delle autorità antitrust per assicurare in futuro un mercato che metta tutti in grado di competere. Sono i punti principali dell’intervista ad Affari & finanza di Repubblica da Vittorio Colao, ceo di Vodafone.

“L’Europa ha un problema – spiega – La creazione di un mercato unico digitale è molto rallentata. Le regole di assegnazione dello spettro sono diverse da paese a paese, così come le regole di utilizzo di accesso alle reti di fibra, la privacy speriamo sia la stessa ovunque con il nuovo regolamento europeo, ma c’è il rischio che non lo sia. Questo blocca investimenti e concentrazioni (…)Serve più coesione nella Ue tra gli Stati membri (…) Ma la mancanza di un Mercato unico digitale porta anche altre conseguenze, ad esempio disincentiva la creazione di società europee di contenuti: diverse le modalità di distribuzione, diversi i copyright”.

Sulle potenzialità del 5G Colao disegna uno scenario d’insieme, in cui il nuovo standard sarà fondamentale per lo sviluppo di una serie di tecnologie: “Non pensiamo al 5G da solo – sottolinea –  ma insieme alla fibra, al machine learning, all’intelligenza artificiale: e tutto nel cloud, quindi accessibile a tutti. Soluzioni di business, personali o sociali che oggi sono gestite diversamente, tutto con una visione d’insieme”.

In questo quadro l’Italia non è così indietro come si potrebbe pensare, sottolinea l’Ad di Vodafone: “L’Italia per una volta è stata diversa dagli altri, perché richiedendo di fare dei progetti pilota estesi a tanti soggetti ha di fatto creato tre ecosistemi: Prato e L’Aquila, Bari e Matera e Milano (…) In cinque anni, dal 2020 al 2025, potremo in tanti posti ripensare la qualità dei servizi che vengono erogati ai cittadini”.

Ma la rivoluzione tecnologica porta con sé anche i timori per le conseguenze negative che potrebbe avere in termini occupazionali sul mondo del lavoro: “Credo che la tecnologia crei problemi, ma anche soluzioni – afferma Colao – Non nascondo che la tecnologia sia anche un’arma a doppio taglio. Penso che il ruolo di politici, industriali, accademici dovrebbe essere quello di mettersi insieme per capire come mitigare gli effetti della tecnologia, e creare più valore nella società”.

Quanto al mercato italiano delle telecomunicazioni, Colao si sofferma sull’ipotesi di un’inca rete in fibra: “Se uno potesse avere una singola rete che non appartiene a nessun operatore e che vende all’ingrosso a tutti con condizioni neutrali ci si potrebbe pensare. Ma questa è teoria (…) Ma se il modello resta quello di una società comunque controllata dall’incumbent  diventa uno strumento di monopolio e di dominance che distorce il mercato. Benedetta quindi OpenFiber, benedetta la compagnia elettrica irlandese che fa lo stesso, e Vodafone che fa fibra in Spagna con Orange, e i  Portogallo con Nos”.

C’è spazio anche per una battuta sull’arrivo di Iliad: “Il low cost ha un senso, i clienti devono scegliere – dice – Non so che spazio troveranno, ma il loro arrivo ci stimolerà, ce la giocheremo sul mercato”.

L’ultimo richiamo è quello alla concorrenza e alla presenza sempre più monopolistica dei big tech sul mercato digitale: “La concorrenza va sempre difesa dai monopoli e dagli oligopoli – conclude Colao – vanno evitate le dominanze, che invece stanno tornando. Quando vedi che Apple compra Shazam, e che Facebook compra altri operatori o l’innovazione dei piccoli,  capisci che c’è un problema. Servono autorità antitrust più orientate al futuro”.

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