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Fusione Telecom Italia-Telefonica, la carta anti-Renzi di Alierta

Torna l’ipotesi di matrimonio fra le due aziende attraverso un’offerta pubblica di scambio: secondo quanto risulta al Corriere delle Comunicazioni il numero uno della compagnia spagnola ci starebbe lavorando per uscire dall’impasse ed evitare nuovi “guai”

Pubblicato il 19 Feb 2014

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Un’offerta pubblica di scambio volta alla fusione fra Telefonica e Telecom Italia? È questa la mossa del cavallo cui starebbe pensando il presidente del gruppo spagnolo Cesar Alierta per uscire da una situazione che per lui si fa oggettivamente più difficile ogni giorno che passa.

Stretto com’è fra la pressione dei suoi azionisti che cominciano a chiedere conto dell’avventura iniziata sette anni fa (nel 2007) con l’ingresso nel capitale di Telecom Italia via Telco ad un prezzo “d’affezione” (2,9 euro col titolo che oggi ve vale meno di uno); l’out-out dell’antitrust brasiliano, il Cade, che gli ha concesso 18 mesi di tempo (sono già passati due) per uscire dal capitale di Telecom o forzare la vendita di Tim Brasil; l’indisponibilità manifesta dell’amministratore delegato di Telecom Italia Marco Patuano di cedere le attività brasiliane, a meno di un’offerta da non poter rifiutare, (e anche ieri ha ribadito la strategicità del business carioca); il mutato quadro politico italiano con l’uscita di scena di Enrico Letta, che ha seguito una politica di “silenzio-assenso” nei confronti degli spagnoli, e la sua prossima sostituzione con un Matteo Renzi assai più sensibile ai destini “nazionali” di Telecom Italia.

Non è la prima volta che si parla di fusione fra Telefonica e Telecom Italia così come alle voci sono sempre puntualmente seguite le smentite. Eppure, il dossier non è mai stato riposto in un cassetto ed anzi negli ultimi giorni è stato riaperto. Non sarà facile portarlo a termine vista la complessità dell’operazione: a partire dai termini del concambio e al fatto che Telefonica con la fusione si accollerebbe tutto il debito di TI (sotto i 27 miliardi) in aggiunta al proprio pesantissimo fardello. Va anche detto, però, che la fusione avrebbe come conseguenza inevitabile lo spezzatino di Tim Brasil con evidenti vantaggi per Telefonica sia finanziari (incasso di almeno 6 miliardi proposti che però potrebbero salire in sede di trattativa), sia di rafforzamento sul mercato brasiliano con la scomparsa di un temibile concorrente.

Il matrimonio Telefonica-Telecom Italia può dunque rappresentare per Alierta il colpo di reni decisivo per uscire dall’impasse in cui si è “impantanato” in Italia (e in Brasile). E i tempi cominciano a farsi urgenti. Soprattutto per far fronte rapidamente ad un possibile “effetto” Renzi. Il premier in pectore non ha mai fatto mistero della propria posizione – decisamente non pro-spagnola – in merito alla vicenda Telecom, al punto da accreditarla fra i dossier da discutere in direzione Pd. Renzi vuole lo scorporo della rete e lo considera addirittura “una priorità”. In alternativa ha già chiesto, più volte attraverso i media, “assolute garanzie di investimenti sull’infrastruttura”. Un messaggio chiaro agli spagnoli e al management. E per rincarare la dose si è anche espresso a favore della modifica della legge sull’Opa, pur specificando che bisogna giocare a carte scoperte e che cambiare le regole in corsa non è fair play. La difesa della dimensione internazionale della società è un’altra delle questioni care al futuro premier. Quindi la vendita di Tim Brasil difficilmente andrebbe a buon fine. Telefonica dunque è stretta con le spalle al muro: lo scorporo della rete rappresenterebbe lo “svuotamento” dell’asset numero uno e se Tim Brasil non si può vendere l’investimento fatto a suo tempo per entrare in Telco e anche quello recente per salire dal 46% al 66% (con un’opzione di crescita sino al 70%) non sarebbe mai remunerato, o almeno, non sul breve-medio periodo.

E ad aggiungere carne al fuoco ci si mette pure il possibile rientro in campo, direttamente dalla porta di Palazzo Chigi, di Franco Bernabè: l’ex numero uno di Telecom è indicato fra i papabili candidati alla guida del ministero dello Sviluppo economico o comunque fra i componenti della nuova squadra di governo. Ipotesi che si sta facendo sempre più accreditata con il passare delle ore. Una doccia fredda per Alierta che si troverebbe nuovamente faccia a faccia con il primo sostenitore dello scorporo della rete. Bernabè fra l’altro recentemente ha anche manifestato un certo scetticismo riguardo ad una possibile fusione Telecom-Telefonica: “Non sono contrario ad una fusione con Telefonica se fosse fatta all’interno di un grande progetto europeo, arrivando un player europeo che si contrapponga ad americani e cinesi, ma la scelta fatta è incerta negli esiti finali: non si capisce il punto di arrivo di questo processo ma probabilmente anche il percorso”, ha dichiarato dal palco del convegno Asati andato in scena a dicembre.

Ce la farà Alierta a venirne a capo? Un’ops sarà possibile? Quali azionisti saranno disposti ad appoggiare il piano spagnolo? E il governo darà il “via libera” all’operazione o renderà ancor più dura la vita agli spagnoli costringendoli ad uscire definitivamente di scena lasciando il passo magari ad un nuovo azionista “forte”?

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