Telecom Argentina, Mucchetti: “Fare chiarezza su scadenze accordo con Fintech”

Per il senatore serve capire se il contratto prevede termini temporali per il pagamento “oltre i quali, in mancanza del versamento, decadrebbe la compravendita”. E su Telefonica dice: “Il vero interesse di Alierta è l’America Latina”

Pubblicato il 07 Lug 2014

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“Che cosa farà Telefonica?”, se lo chiede oggi sul suo blog Massimo Mucchetti, senatore Pd e presidente della commissione Industria di Palazzo Madama.

“Quando Cesar Alierta – continua Mucchetti – convinse i suoi soci italiani a mandare a casa Franco Bernabé promettendo loro di liberarli dal fallimentare investimento in Telco, la holding che esercitava il controllo di fatto su Telecom Italia, l’allora premier Enrico Letta si preoccupò di non disturbare il manovratore spagnolo con provvedimenti, come la riforma dell’Opa obbligatoria, che avrebbero fatto bene al mercato finanziario in generale e a Telecom Italia, non a Telco, in particolare”.

Per il presidente della commissione Industria: “Ora si sta scoprendo quanto chi ne capiva sospettava già allora: il vero interesse di Alierta è l’America Latina, perciò puntava ad aumentare la sua influenza su Telecom Italia allo scopo di rincollare Telecom Argentina e Tim Brasil in mani amiche e aumentare così la presa di Telefonica su quei mercati dove è già ora il primo operatore”.

Quanto a Telecom Italia, “si sarebbe visto con comodo e, nel frattempo, nessuna mossa sulla rete. Ma il diavolo fa le pentole e non i coperchi. Telecom Argentina va al sodale messicano Martinez non appena Bernabé esce di scena. Ma resta l’Authority di Buenos Aires che deve dare via libera, e il via libera non viene ancora. E poi Martinez deve vendere la partecipazione nella tv del “Clarin” perché così vuole la legge e per fare cassa con cui pagare Telecom Italia. E chi gliela compra?”, si domanda Mucchetti.

“Il gruppo spagnolo Prisa che è pieno di debiti e sta vendendo la sua tv a Telefonica in Spagna. La quale gliela paga tantissimo, abbastanza anche per onorare gli impegni con Telecom su Telecom Argentina. Mi domando se il governo italiano stia seguendo la cosa o se stia seguendo l’antico laissez faire lasciando tutte le responsabilità sulle spalle dell’Autorità sudamericana. In particolare, mi chiedo se il contratto con Martinez preveda delle scadenze per il pagamento della cifra pattuita oltre le quali, in mancanza del versamento, decadrebbe la compravendita”.

Nei giorni scorsi la stampa riportava di problemi legati alla vendita di Telecom Argentina. Secondo il Sole24Ore l’operazione rischia a causa dai problemi attraversati dal paese sudamericano, che rischia un nuovo default. Il quotidiano finanziario ha ricordato che il termine per perfezionare l’operazione da 960 milioni di dollari definita con il fondo Fintech del finanziere messicano David Martinez è fissato per il 12 agosto. Il finanziere, quindi, potrebbe decidere di lasciare scadere il termine, per poi rinegoziare l’accordo a prezzi più bassi. Tuttavia, Telecom Italia ha puntualizzato che, nel caso in cui dovesse esserci una dilazione dei tempi, il prezzo richiesto per la partecipazione aumenterebbe. Questa settimana è previsto un incontro tra i vertici di Telecom Italia e Martinez per sbloccare la situazione.

Una prima tranche è già passata a fine 2013, quando Telecom ha ceduto a Fintech l’1,58% di Telecom Argentina e altre azioni della sub-holding Nortel per un controvalore complessivo di 108,7 milioni di dollari. Ma il controllo, tramite il 68% di Sofora (holding a monte della catena societaria che porta a Telecom Argentina) è rimasto in mano a Telecom Italia, in attesa delle “necessarie autorizzazioni regolatorie”.

Ma l’ostacolo per Fintech è soprattutto di natura antitrust essendo Fintech candidato a rilevare il controllo del secondo operatore di tlc del Paese (dopo Telefonica) e nel contempo proprietario del 40% della tv via cavo del gruppo Clarin.
Lunedì scorso l’assemblea straordinaria di Clarin ha approvato un’operazione che potrebbe agevolare una soluzione, decidendo la scissione del gruppo in sei distinte società, per ottemperare alle disposizioni di una legge, avvalorata da una sentenza della Corte suprema argentina a novembre, che impedisce ai gruppi media audiovisivi di avere più di una licenza per canali a pagamento.

Da una parte andranno dunque le attività non impattate dalla legge (la carta stampata e il resto del business), sotto il controllo di Jose Aranda e Lucio Pagliaro. Dall’altra la pay-tv, in una nuova società battezzata Cablevision Holdings controllata da Hector Magnetto e Ernestina Herrera de Noble. A quel punto, una volta scorporata la tv via cavo in una società autonoma, sarebbe più facile per Martinez cedere la quota. Il potenziale acquirente sarebbe già stato individuato nel gruppo Prisa, l’editore del primo quotidiano spagnolo Pais che è presente estesamente in tutta l’America centro-meridionale. Curioso però che Prisa, alle prese con difficoltà finanziarie e 3 miliardi di debito, appena un mese fa abbia ceduto in patria, proprio a Telefonica, la sua tv via cavo. Per il 56% di Canal + (ex Digital plus), che faceva capo a Prisa, il gruppo presieduto da Cesar Alierta ha sborsato 750 milioni di euro, riconoscendo una valutazione pari alla bellezza di 26 volte l’Ebitda previsto per il 2014.

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