IL NUOVO CORSO

Telecom Italia, il coup de théâtre che cambia la storia

Per la prima volta Telco in minoranza. Una svolta senza precedenti. Il mercato ha battuto il patto di sindacato e la “scatola” si è indebolita

Pubblicato il 17 Apr 2014

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Alla fine ha vinto il mercato. Inaspettatamente. Contro ogni previsione degli azionisti di maggioranza e anche di quelli di minoranza. L’Assemblea di Telecom Italia passerà alla storia non solo come l’assemblea dei record in termini numerici – 56% il capitale presente – ma soprattutto come l’assemblea della svolta. Per la prima volta nella storia dell’azienda di Tlc, la “cassaforte” Telco rappresentata dai quattro azionisti Telefonica (66%), Generali (19,32%), Mediobanca (7,34%), Intesa Sanpaolo (7,34%) che con il 22,4% di quota in Telecom hanno finora “comandato”, sono stati battuti. Ma la svolta ha un significato più ampio: Telecom Italia di fatto assomiglia sempre più a una public company e ciò rappresenta una svolta non solo per l’azienda ma per il capitalismo italiano.

L’uscita di scena di Findim e il conseguente appoggio della finanziaria capitanata da Marco Fossati ai tre candidati della lista Assogestioni (Lucia Calvosa, Davide Benello, Francesca Cornelli– sostenuta anche da Asati e votata da oltre la maggioranza del capitale presente (50,28%)- ha rappresentato il coup de theatre che ha ribaltato la “storia” di Telecom. Telco ha perso la maggioranza e quindi il mercato ha vinto sul patto di sindacato. I commenti del giorno dopo si sprecano: c’è chi sostiene che Findim e Asati si siano “sacrificate” in nome del bene comune e chi invece le considera “perdenti” dopo la battaglia portata avanti per mesi con l’obiettivo di scardinare la governance e portare alla presidenza Vito Gamberale. Posizioni alternate anche a guardarla dal lato Telco: la “scatola” ha vinto – dicono gli uni – perché è riuscita a piazzare tutti i suoi, inclusi i 7 consiglieri a integrazione del neopresidente Giuseppe Recchi, dell’amministratore delegato Marco Patuano e Denise Kingsmill; la “scatola” è morta – dicono gli altri – e vista l’imminente scadenza del patto (febbraio 2015) si fa plausibile lo scioglimento a giugno (quando è prevista la prima “finestra” di uscita possibile) anche in considerazione della già espressa intenzione di lasciare il tavolo espressa nel corso del tempo dalle banche e da Generali.

Insomma dopo l’Assemblea della svolta ci si prepara ad assistere ad un’ulteriore svolta, a meno dell’entrata in scena di un nuovo azionista che riesca a rinsaldare il “patto” e ad avviare un nuovo corso.

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