Separare Tim in due macro-società, Netco per le reti e ServiceCo per i servizi: questo lo scenario che si va configurando nell’ambito del piano industriale 2022-2024 Tim che sarà svelato il prossimo 2 marzo. Le linee guida sono già state illustrate al cda dall’Ad Pietro Labriola e al netto di alcuni dettagli non dovrebbero esserci soprese sul fronte dell’impostazione generale.
Continuano però a proliferare le indiscrezioni di stampa, persino sui target di business – ossia su ricavi ed ebitda del piano – al punto che ieri in una nota Tim ha espresso “disappunto e preoccupazione” rispetto a “ricostruzioni che sono da ritenersi infondate e dannose per l’azienda“. Dannose al punto che la società ha annunciato che presenterà denuncia alla Procura della Repubblica e alla Consob. Tim precisa, inoltre, che “il piano è in via di definizione e sarà discusso nell’ambito del Consiglio di Amministrazione e che i relativi target quantitativi non sono stati oggetto di discussione né tantomeno sono state prese decisioni al riguardo”.
Resta da capire però il perimetro delle due società Netco e ServiceCo: non è chiaro se nella società della rete wholesale vada a confluire l’intera rete di accesso fissa -ossia la primaria e la secondaria o se nel paniere ci sia anche la rete che collega le centrali. Non è chiaro poi il destino della rete mobile, che però dovrebbe restare nella ServiceCo. Né quale sia il piano per Olivetti, Sparkle, Noovle: stando alle ipotesi potrebbero essere separate da Tim e poi quotate, ma questa operazione potrebbe essere oggetto di un secondo capitolo della strategia.
Ancora in piedi il dossier Kkr. Il fondo secondo quanto risulta a CorCom starebbe valutando un piano B ossia puntare direttamente a un ruolo forte nella Netco ridimensionando quindi le ambizioni sull’intero Gruppo per due ragioni: la prima è che l’offerta da 0,50 centesimi non ha alcun modo per ottenere il via libera dagli azionisti – i francesi di Vivendi ma anche Cassa depositi e prestiti: stando ai calcoli di esperti e analisti si dovrebbe salire a 0,80 per una ipotetica valutazione da parte di Vivendi che potrebbe uscire di scena solo a fronte di una remunerazione dell’investimento fatto a suo tempo e quindi per “mollare” il proprio 23,7% di quota. Altro ostacolo non da poco sul cammino degli americani è il Governo che stando a quanto si apprende non sarebbe propenso a un cambio della guardia nell’azionariato. Questa settimana dovrebbe riunirsi nuovamente il Comitato creato da Palazzo Chigi in cui siedono i tre ministri Daniele Franco (Economia), Giancarlo Giorgetti (Sviluppo economico) e Vittorio Colao (Digitale e Innovazione).
Continua, intanto, il pressing dei sindacati in particolare sulla questione dello scorporo societario. Due le lettere inviate da Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil – che peraltro si preparano per lo sciopero nazionale convocato il prossimo 23 febbraio – la prima indirizzata alla Presidente del Senato Elisabetta Casellati, al Presidente della Camera Roberto Fico e ai Presidenti dei Gruppi Parlamentari di Camera e Senato in cui si fa richiesta di un incontro sulle vicende legate al Gruppo Tim ed alla infrastruttura di rete nazionale, e la seconda al Presidente della Conferenza delle Regioni Massimiliano Fedriga, al Presidente dell’Anci (l’associazione dei comuni italiani) Antonio Decaro e al Presidente dell’Uncem (l’Unione delle comunità montane) Marco Bussone, anche in questo caso per un incontro condiviso sulle questioni sul piatto.
“L’Italia non può privarsi di un “campione nazionale” in un settore così strategico. La sfida tecnologica fra colossi delle TLC asiatici ed Americani si può giocare solo a livello europeo. Se l’Italia vuole partecipare a questo consolidamento continentale, francamente non si capisce come potremmo restarne fuori e continuare a voler giocare un ruolo da protagonisti in Europa, non può non avere un’azienda integrata e solida che sia protagonista dello sviluppo del mercato interno ed estero”, si legge nella missiva inviata al Parlamento. E in quella agli enti locali si evidenziano le “immediate ed importanti ricadute sulle comunità”, derivanti dalle “vicende che stanno riguardando il Gruppo Tim e più in generale il settore delle Tlc”.