STRATEGIE

Tim verso l’assemblea, tutte le mosse di Elliott e Vivendi

Il fondo Usa comunica alla Consob di essere salita all’8,848% della compagnia dal 6 aprile. Assogestioni rivendica la sua posizione a favore dell’integrazione dell’odg dell’assemblea con le richieste di Elliott

Pubblicato il 11 Apr 2018

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Si scaldando i motori in vista dell’assemblea Tim del 24 aprile. I fondi Elliott di Paul Singer hanno formalizzato in Consob la salita all’8,848% di Telecom Italia dal 6 aprile. La quota è detenuta tramite Elliott Associates Lp (1,944%), The Liverpool Limited Partnership (0,887%) e Elliott International Lp (6,017%). In precedenza Elliott era salito il 3 aprile, viene notificato ancora in Consob, dal 3,75% detenuto il 15 marzo al 5,03%, con partecipazioni detenute tra gli stessi tre soggetti. Quanto alla dichiarazione sulle partecipazioni in strumenti finanziari e aggregate, Singer dichiara che il 3 aprile aveva una quota del 5,94% (5,050% i diritti di voto riferibili ad azioni), con posizioni lunghe con regolamento in contanti per lo 0,71% tramite un equity swap con Ubs con data di scadenza l’1 febbraio 2021. Il 15 marzo, emerge ancora, Singer possedeva l’1,99% di Tim con strumenti finanziari. Con la salita all’8,848% dichiarata quindi il 6 aprile risulta scomparso lo swap Ubs.

Assogestioni intanto rivendica la posizione assunta dai suoi consiglieri in occasione del cda che ha deciso di procedere contro la mossa dei Sindaci di integrare l’odg dell’assemblea con le richieste di Elliott.  I consiglieri di Telecom Italia Ferruccio Borsani, Lucia Calvosa, Francesca Cornelli, Dario Frigerio e Danilo Vivarelli hanno votato contro visto che “l’ordinamento prevede l’impugnazione da parte del collegio sindacale delle delibere del cda, ma non conosce l’ipotesi inversa che si presenta come un monstrum non solo sul piano processuale ma anche sul piano sostanziale in ordine al normale articolarsi dei rapporti interorganici”, hanno precisato i membri del board.

In più, sempre a detta dei consiglieri della lista di Assogestioni, “l’integrazione dell’ordine del giorno dell’assemblea del 24 aprile e’ rilevante e dovuta anche in presenza delle dimissioni della maggioranza dei consiglieri”. Pertanto i cinque membri del cda di Telecom hanno condiviso il provvedimento di integrazione adottato dal collegio sindacale. Infine, hanno tenuto a precisare, ‘”la delibera del 22 marzo è stata adottata in violazione dei commi 1 e 2 dell’art. 2391 del codice civile, e per di piu’ col voto determinante di consiglieri in conflitto di interessi (perche’ contrari all’integrazione avente ad oggetto la loro revoca)”.

Nel pieno della battaglia su Tim, Vivendi non dimentica il dossier Mediaset: i francesi hanno infatti pronto il “blind trust” al quale conferire quasi il 20% delle azioni del Biscione, una struttura che potrebbe essere annunciata in anticipo rispetto alla scadenza di mercoledì prossimo. Per il gruppo guidato da Bolloré non è un passaggio solo formale: dovrà essere un affidatario che ottemperi agli obblighi imposti dall’Agcom, ma allo stesso tempo permetta ai francesi di avere sufficiente potere decisionale su un pacchetto di azioni fondamentale per le prossime mosse nella complessa partita italiana. E i tempi in questo match sono importanti, a volte sono quasi tutto.

Se Vivendi infatti chiedesse una proroga all’anno di tempo imposto al 18 aprile dall’Authority, che ha intimato di scegliere tra la partecipazione in Tim e quella nel Biscione, questa scelta dimostrerebbe una strategia dei francesi: attendere l’esito dell’assemblea Tim del 24 aprile quando potrebbero trovarsi senza la maggioranza nel Cda del gruppo delle telecomunicazioni e quindi avere mani più libere nel confronto con Mediaset. Fino alla possibilità di un attacco frontale, Opa compresa. Ma uno scenario possibile è quello di vedere, anche nel caso Elliott riuscisse a realizzare il ribaltone del cda, alcuni consiglieri Vivendi confermati in Tim, magari sempre Genish alla guida a tutelare i francesi e il fondo americano a fare il suo mestiere, cioè creare valore e non gestire la società. Anche i francesi sono interessati soprattutto al valore, che verrà dalla rete, ma per ora non possono mollare: il loro prezzo di carico delle azioni Tim è superiore all’euro, contro un titolo che resta sotto quota 0,90 nonostante la corsa recente.

Situazione simile se non peggiore in Mediaset: Vivendi ha comprato le azioni a una media di 3,7 euro, con il titolo del Biscione che, pur muovendosi ai massimi da agosto sul recente accordo con Sky, si mantiene attorno ai 3,3 euro. Quindi per ora, anche in attesa di capire quale sarà il governo con il quale confrontarsi, meglio aspettare e dare spazio a un negoziato al momento del tutto fermo con il Biscione. E il tempo c’è: la prima vera udienza della causa miliardaria sul mancato acquisto di Premium è fissata solo per fine ottobre.

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