ECOSISTEMA VIDEO

Tv, una galassia di nicchie in cerca di business model

Lo scontro su Mediaset rimette al centro il tema della convergenza Tv-Tlc passaggio chiave nello scenario esplosivo guidato dal video on demand

Pubblicato il 20 Gen 2017

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La contrapposizione esiste sempre: lineare contro non lineare. Ma nei fatti ha sempre meno senso. Forme e modalità della Tv stanno assumendo i contorni di una galassia le cui stelle si chiamano video on demand, streaming, download, pay per view che si sono aggiunte alla Tv tradizionale “lineare”. Le tipologie di offerta sono esplose. In abbonamento, a consumo, a “pacchettini” low cost super personalizzati, social, fissa, mobile. Una molteplicità di piattaforme, e player – i broadcaster, le telco, gli over the top – che la tecnologia sottopone a metamorfosi costanti in cerca della formula vincente per catturare il tempo dello spettatore. Il tutto alimentato dalla “materia prima” sempre più al centro dei piani di crescita industriali: i contenuti. Ma con quale modello di business? Domanda che rimbalza ossessivamente da quando Netflix ha aperto le danze scompaginando il mondo della tv. L’Italia ne sta sperimentando la consistenza con la battaglia nel triangolo Mediaset-Vivendi-Telecom. Uno scontro la cui portata si estende oltre i confini nazionali dei due Paesi, Francia e Italia, e rimette al centro il rapporto fra contenuti e reti: la convergenza. Perché è assodato che le nuove risorse si sono spostate lungo un asse che va dal digitale terrestre e satellite verso Internet.

Nella maggior parte dei mercati occidentali l’integrazione telco-tv sta diventando strutturale. L’industria telecom e quella dei media stanno andando verso un maggior numero di accordi in stile At&t-Time Warner perché gli operatori Tlc hanno bisogno di contenuti e le aziende dei media di nuovi canali per raggiungere i clienti, dice Per Borgklint, capo della media unit Ericsson. Così l’ingresso d BT nella pay tv in Uk, l’acquisizione di DigitalPlus da parte di Telefonica e di Ono da parte di Orange in Spagna.

E in Italia? Il mercato si muove. Lo sbarco di Netflix del 2015 ha provocato la nascita di nuove piattaforme Vod – Chili, Infinity di Mediaset, Now Tv di Sky – a cui si sono aggiunte le neonate Vodafone Tv, RaiPlay, TimVision (pagine 4-5) e Amazon Prime Video ultima arrivata dagli Usa. Le famiglie italiane (ITMedia Consulting 2016) stanno cambiando abitudini di consumo. E anche se il digitale terrestre – la tv “lineare” – rimane la piattaforma preferita, la pay-tv, grazie al broadband, nei prossimi due anni dovrebbe diventare la principale fonte di consumo video per 1,6 milioni di abitazioni italiane. Uno sguardo fuori dall’Italia fa intravedere i trend in atto, con piattaforme Ott lanciate a grande velocità alla conquista dei mercati globali sulla scorta di maxi-investimenti sui contenuti. Il mercato si sta suddividendo in nicchie. La sorpresa è che in questa mega-frammentazione la stessa Netflix potrebbe cominciare a dare segni di “obsolescenza”. Vediamo i numeri.

Il mercato globale Vod (quasi interamente coperto da Usa, Europa e Cina) varrà 16,3 miliardi di dollari nel 2017, secondo Statista. Quello europeo ne varrà 3,5 nel 2017. Lo streaming è il settore trainante, anche se l’Europa dovrà scontare il vento contrario rappresentato dalla frammentazione del diritto d’autore, che costringerà gli utenti a ripiegare su offerte pay-per-view. Le cose stanno in modo diverso per la Cina dove esiste una forte resistenza a pagare per i contenuti: il mercato Vod vale un decimo di quello Usa.

In uno scenario così movimentato anche Netflix rischia di perdere brillantezza, dice Rob Gallaggher analista Ovum. Perché rappresenta solo uno dei modelli futuri per la TV online, “fortemente influenzato dal suo passato di noleggiatore di dvd” non sempre in grado di rispondere alla domanda: già nel 2017 i fornitori di servizi smart e i vendor potrebbero essere pronti con nuove interfacce utente che combinano in diretta le diverse offerte in circolazione, dall’on demand alle differite, in cataloghi smart. Netflix sarà solo una di queste. La stessa Apple dovrà obtorto collo ammettere che il futuro della TV non è nelle singole app. Va in questo senso (vedi pagina 7) il lancio dell’applicazione che permette di cercare contenuti residenti in iTunes ma anche in Tv “concorrenti” (come Hbo e Hulu), risparmiando agli utenti il dover entrare e uscire da ogni applicazione. Le app continueranno a esserci ma “dietro le quinte”. E anche Facebook lavora a una nuova interfaccia social per rafforzarsi nella guerra contro Google e Snapchat sui ricavi pubblicitari. In questo senso un peso sempre maggiore potrebbe risiedere nei set top box, anelli di congiunzione della Tv tradizionale e degli Ott. Entro la fine del prossimo anno ci saranno 637 milioni di set-top box contro 325 milioni di televisori smart e 161 milioni di “streamer” come Google Chromecast e Apple TV. Ma i set top box potranno avvantaggiarsi di accordi commerciali e tecnologici con i fornitori di contenuti in grado integrazione, l’autenticazione, la fatturazione. La mutazione nell’ecosistema multimediale è già cominciata.

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