Nel 2020 la Federal Communications Commission (Fcc) statunitense ha aperto all’uso non licenziato l’intera ampiezza dello spettro nella banda a 6 GHz (5,925–7,125 GHz). Una decisione che ha segnato un punto di svolta. A cinque anni di distanza, il mercato ha risposto in modo esplosivo: miliardi di dispositivi Wi-Fi 6/6E sono stati distribuiti, il Wi-Fi 7 è già realtà e l’uso della banda a 6 GHz si è imposto come standard globale.
Il risultato è evidente nelle case, nelle imprese e negli spazi pubblici: velocità più elevate, latenza ridotta e maggiore capacità di connessione. Il Wi-Fi 7, in particolare, introduce innovazioni decisive come il Multi-Link Operation (Mlo), che raddoppia l’ampiezza dei canali fino a 320 MHz, migliora l’efficienza spettrale grazie al Qam di ordine superiore e porta la latenza a un solo millisecondo. Non è più un’ipotesi: smartphone, laptop e router di fascia alta supportano già i 6 GHz e l’adozione cresce rapidamente.
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La chiarezza delle policy: il 6 GHz resta libero
Alcuni osservatori hanno interpretato la recente approvazione del One Big Beautiful Bill Act (Obbba) come un cambio di rotta della politica americana sul 6 GHz. È un errore.
L’Obbb ha ripristinato l’autorità dell’Fcc a indire aste e ha incaricato Fcc e Ntia (National Telecommunications and Information Administration) di individuare 800 MHz per servizi cellulari su licenza: 300 MHz di spettro commerciale e 500 MHz di spettro federale. I range candidati indicati sono 2,7–2,9 GHz, 4,4–4,9 GHz e 7,125–7,4 GHz. La banda a 6 GHz non è menzionata.
Come ha chiarito Mary Brown di Wi-Fi Forward in un’intervista alla Dynamic Spectrum Alliance: “Sul 6 GHz non c’è alcun cambiamento di policy. Anzi, dopo il dibattito in Congresso, la posizione del Wi-Fi è uscita più rafforzata di prima”.
Perché il 6–7 GHz non funziona per il macro cellulare
Nonostante ciò, il mondo mobile continua a spingere per l’utilizzo licenziato della parte alta della banda 6 GHz. Ma la fisica non è dalla sua parte. Le stazioni macro a 6–7 GHz soffrono di problemi di copertura in uplink, un fattore critico per applicazioni come AI, AR/VR e servizi cloud che richiedono invio massiccio di dati dal dispositivo alla rete.
Come sottolinea Christopher Szymanski (Broadcom): “Tentare di gestire traffico uplink sensibile alla latenza con una base station macro a 6 o 7 GHz significa sfidare le leggi della fisica”.
La realtà è che i carichi di lavoro intensivi in uplink — come quelli legati all’AI generativa — trovano maggiore efficienza al di sotto dei 5 GHz nelle reti cellulari, mentre i 6 GHz sono intrinsecamente adatti al Wi-Fi. Secondo l’indice Speedtest Global di Ookla, la banda larga fissa (basata prevalentemente su Wi-Fi) garantisce quasi 4 volte più capacità in uplink rispetto alle reti mobili. Non sorprende che i dispositivi di fascia alta integrino universalmente il Wi-Fi a 6 GHz, mentre l’uso macro cellulare su queste frequenze rischierebbe di sottoperformare.
Europa: cosa sta succedendo sulla banda a 6 GHz
Nel contesto europeo, la Commissione e il Cept (Conferenza Europea delle Amministrazioni delle Poste e delle Telecomunicazioni) hanno già armonizzato la porzione 5.945–6.425 MHz per l’uso Wi-Fi non licenziato, con regole comuni su dispositivi a bassa potenza e indoor. Questo consente a cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni di adottare pienamente le nuove tecnologie Wi-Fi 6E e 7 in modo uniforme in tutta l’UE.
Il dibattito si concentra ora sulla parte alta della banda (6.425–7.125 GHz), dopo le decisioni prese ain occasione della World Radiocommunication Conferences che hanno aperto alla possibilità di un utilizzo condiviso tra reti mobili e Wi-Fi. L’Europa si muove con cautela: se da un lato gli operatori mobili spingono per identificare porzioni della banda come International Mobile Telecommunications, dall’altro la filiera Wi-Fi sottolinea i rischi tecnici e le opportunità perse per l’innovazione libera.
La Commissione europea ha incaricato il Cept di elaborare condizioni tecniche per un eventuale uso condiviso, tutelando al tempo stesso i servizi esistenti e valutando attentamente impatti ed efficienza. Nel frattempo, il lower 6 GHz rimane già una risorsa preziosa, capace di garantire capacità aggiuntiva e bassa latenza per uffici, scuole, sanità e grandi eventi.
Verso il Wi-Fi 8: la prossima rivoluzione
Mentre i dispositivi Wi-Fi 7 stanno entrando ora sul mercato, l’industria guarda già oltre con il Wi-Fi 8, sviluppato sotto lo standard Ieee 802.11bn e prossimo al percorso di certificazione della Wi-Fi Alliance.
L’obiettivo è puntare su un’affidabilità ultraelevata, in grado di garantire performance solide anche in scenari affollati e con forti interferenze, fino ai margini della rete dove mobilità e traffico uplink sono più complessi da gestire. Per applicazioni in tempo reale, assistenti AI e realtà aumentata/virtuale, la stabilità diventa cruciale quanto la velocità pura.
Secondo Ericsson, il 26% del traffico legato all’AI generativa sarà fortemente sbilanciato sull’uplink, con alcune applicazioni che raggiungeranno una distribuzione 50/50 tra invio e ricezione dati. Ancora una volta, il Wi-Fi — e in particolare il 6 GHz — appare come la tecnologia più adatta a sostenere queste esigenze future.
Una success story
La banda a 6 GHz si conferma una success story per il Wi-Fi: adottata su scala globale, sostenuta da policy stabili e pronta a reggere la crescita del traffico digitale nei prossimi anni.
Mentre il mondo cellulare incontra limiti fisici difficilmente superabili, il Wi-Fi continua a evolvere. Con il Wi-Fi 8 all’orizzonte, la promessa è chiara: offrire connettività più veloce, più affidabile e davvero “future-proof”, mantenendo i 6 GHz un terreno fertile per l’innovazione libera e aperta.