CALL CENTER

Renzi: “Apple non basta, difendiamo Almaviva”

Il premier sulla crisi della società: “E’ vero che serve attrarre i big ma bisogna creare un paese vivo”. Intanto Governo e Parlamento scendono in campo. Calenda: “Norme ad hoc sui call center in legge di Stabilità”. In Senato un ddl presentato da Stefania Pezzopane (Pd) mira a ridisegnare il settore per salvare imprese e occupazione

Pubblicato il 26 Ott 2016

Federica Meta

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“Almaviva va difesa. E’ anche vero che bisogna attrarre Apple, ma bisogna creare un paese vivo”. Lo ha detto il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, nel corso della trasmissione “Porta a Porta”.

Governo e Parlamento sfoderano l’artiglieria pesante per provare ad affrontare la crisi dei call center che – queste le stime dei sindacati – potrebbe mettere a rischio tra i 70mila e i gli 80mila posti di lavoro. Crisi che è plasticamente rappresentata dalle difficoltà di Almaviva Contact che ha annunciato 2500 tagli con la chiusura delle sedi di Roma e Milano.

Oggi il ministro per lo Sviluppo Economico, Carlo Calenda ha annunciato che nella legge di bilancio verranno introdotte nuove norme sui call center con un rafforzamento delle sanzioni, la responsabilità dei committenti e ammortizzatori sociali. “Mi piacerebbe inserire le nuove norme nel primo decreto utile ma probabilmente – ha detto Calenda – verranno inserite nella legge di bilancio. Stiamo cercando di capire quale possa essere il veicolo più veloce. Abbiamo iniziato un forte lavoro di controlli a norme vigenti e metteremo dentro norme per il rafforzamento delle sanzioni, per la responsabilità dei committenti e per gli ammortizzatori sociali. In pendenza di questo – ha aggiunto Calenda – abbiamo già detto alle società che se dovessimo verificare anomalie, oltre alle sanzioni renderemo pubblici i nomi”.

Il governo studia dunque strategie ah hoc. Due i nodi da sciogliere. Il primo: molti hanno i call center all’estero perché il lavoro costa meno. Il secondo: le gare al massimo ribasso, in cui vincono le società che non applicano il contratto collettivo che prevede un salario orario di 17 euro lordi.

Calenda e la viceministra Teresa Bellanova lavorano a una “black list”, un elenco delle aziende, sia private sia a controllo pubblico, che assegnano appalti a un costo inferiore dei minimi contrattuali. Una pratica che porta alla successiva delocalizzazione. “Non è un atteggiamento corretto per le aziende — evidenzia Calenda — che devono essere sempre attente alla loro responsabilità sociale”.

Promuovere la leale concorrenza tra le imprese di call center e tutelare la stabilità occupazionale è invece l’obiettivo del disegno di legge presentato dalla senatrice Pd, Stefania Pezzopane. Al fine di vigilare sulla corretta applicazione normativa e monitorarne l’innovazione, il ddl prevede l’istituzione dell’Osservatorio nazionale permanente per il settore dei call center, che garantisce altresì la rappresentanza paritetica di tutti gli attori e si elencano tassativamente le funzioni specifiche dell’osservatori.

Focus anche sulle imprese operanti nei mercati regolamentati, nonché sulle concessionarie di beni o servizi pubblici che – stando al testo – sono obbligate ad affidare i servizi di customer care esclusivamente a soggetti in possesso di certificazione di qualità, a pena di nullità del contratto.

In questa prospettiva si prevede la costituzione di un organismo nazionale di certificazione, che accrediti le imprese abilitate al rilascio della certificazione utile sulla base di una serie di requisiti definiti con apposito regolamento. Tra i requisiti, oltre all’adempimento degli obblighi contributivi e fiscali e al rispetto dei contratti collettivi, figura l’utilizzo di personale qualificato in relazione ai servizi richiesti dalla committenza. Tale disposizione rappresenta il centro nevralgico dell’impianto normativo, in quanto la gran parte dei committenti, al fine di rispettare i requisiti per certificare la qualità del servizio, saranno automaticamente orientati al mantenimento di determinati livelli di prezzo.

Il ddl definisce anche i criteri per l’affidamento degli incarichi e per lo svolgimento del servizio nei mercati regolamentati, fissando il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa alla base delle procedure di gara e prevedendo espresse indicazioni circa i costi del lavoro sostenuti.

Nero su bianco anche misure per la salvaguardia dei livelli occupazionali: si prevede che per le attività di vendita diretta di beni e per le attività di servizi realizzate attraverso servizi di contact center outbound, il ricorso ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa sia consentito nei limiti e alle condizioni economiche e giuridiche previste dagli accordi collettivi nazionali stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Disciplinato anche il caso di successione di imprese nel contratto di appalto con il medesimo committente e per la medesima attività di call center.

Per quanto riguarda le delocalizzazioni, il ddl indica gli obblighi che l’impresa deve rispettare nel caso in cui decida di spostare l’attività di call center fuori dal territorio nazionale, prevedendo adeguate sanzioni in caso di violazione e istituendo una serie di obblighi in capo all’operatore nei confronti dell’utente.

Il provvedimento istituisce il Fondo per il sostegno del settore di call center, con una dotazione di 6 mln di euro annui a decorrere dall’anno 2017. Inoltre, viene introdotta la deducibilità integrale dei costi telefonici sostenuti, prevista per legge solo per determinati settori (le imprese di autotrasporto e gli ex contribuenti minimi e i nuovi minimi cui non si applicano le limitazioni previste dal Tuir), in considerazione dell’uso necessario di tali strumenti, in quanto caratterizzanti l’attività industriale del settore dei call center.

Si prevede, infine, che le tutele e i benefici attribuiti dalla presente legge si applichino anche alle imprese di call center stabilite nello Stato italiano ma riconosciute o certificate in altri Stati membri dell’Unione europea tramite procedure equivalenti a quelle previste dalla medesima legge e comunque alle medesime condizioni previste per quelle stabilite nello Stato italiano.

La ratio alla base del ddl è spiegata nella relazione introduttiva.Questo disegno di legge, oltre a riscrivere alcune norme già presenti nell’ordinamento – si legge – si pone come un tentativo di non intervenire esclusivamente sotto un profilo giuslavoristico, estendendo il proprio perimetro anche alla digitalizzazione e alla formazione del personale ed affrontando il tema della qualità dei servizi di customer care erogati da aziende titolari di concessioni di servizi o beni pubblici, nonché di quelle che operano in mercati regolamentati, dove — per ragioni di sensibilità dell’attività svolta — la libertà d’impresa è subordinata ad un procedimento di autorizzazione”.

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