IL CASO

Trade war, gli Stati Uniti restituiscono a Huawei i prodotti sequestrati in Alaska

I materiali testati in California erano stati fermati nel 2017, prima del rimpatrio in Cina, per presunta violazione delle norme sull’export. La compagnia ha fatto causa al governo Usa e ottenuto il dissequestro: ” Ennesima azione inappropriata e ingiustificata ai nostri danni”

Pubblicato il 10 Set 2019

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Huawei ha ritirato la causa mossa contro il governo degli Stati Uniti a seguito del sequestro di alcune attrezzature di telecomunicazione del vendor cinese che le autorità americane sospettavano di aver violato i controlli sull’export. Il sequestro era avvenuto in Alaska nel 2017, dove le attrezzature – tra cui server e switch ethernet – erano pronte per essere imbarcate verso la Cina. Huawei ha reso noto che il governo Usa ha restituito i materiali sequestrati e l’azienda ha, di conseguenza, ritirato la causa intentata a giugno contro una serie di agenzie governative statunitensi, tra cui il dipartimento del Commercio.

In una nota ufficiale Huawei ha definito il sequestro “prolungato e inspiegato” e dice di considerare la restituzione del materiale “una tacita ammissione che il sequestro fosse illegale e arbitrario”. Huawei considera questo episodio l’ennesimo di una serie di azioni “inappropriate e ingiustificate” del governo Usa nei confronti dell’azienda cinese.

Le attrezzature di telecomunicazione sequestrate erano state prodotte in Cina e mandate in California per test e certificazioni a settembre 2017. Dovevano poi essere rispedite in Cina dall’Alaska. Il governo americano ha fermato la spedizione per verificare se a Huawei occorreva una licenza per la riesportazione dagli Usa verso la Cina. Dopo la presentazione della causa, depositata presso la US District Court for the District of Columbia, il governo americano ha acconsentito a restituire le attrezzature e ad agosto ha fatto sapere a Huawei, si legge ancora nella nota del vendor cinese, che non era stata rilevata alcuna violazione della normativa (Export administration regulations).

Tramite i suoi legali, l’azienda cinese ha comunque chiesto al dipartimento del Commercio americano di fornire una spiegazione esauriente sul perché abbia sequestrato il materiale nel 2017 e perché abbia poi deciso di restituirlo e come mai ci siano voluti due anni per stabilire che non c’era bisogno di speciali licenze per l’esportazione.

Come noto il governo americano accusa Huawei di produrre attrezzature che possono essere usate per lo spionaggio di Pechino nei confronti degli avversari politici e dei concorrenti industriali. Huawei è stata messa lo scorso maggio nella Entity list del dipartimento del Commercio Usa, la “lista nera” delle aziende straniere che non possono rifornirsi dalle aziende americane a meno che queste ultime non ottengano un’autorizzazione speciale. Già 130 imprese Usa hanno chiesto al governo americano di avere una licenza per continuare a vendere i loro prodotti a Huawei, senza alcun esito per ora.

Gli Stati Uniti hanno in corso anche alcune cause penali nei confronti di Huawei, tra cui quella che sostiene che il vendor cinese abbia violato le sanzioni Usa all’export vendendo a paesi come l’Iran. Huawei è anche stata inclusa nella legge che autorizza la spesa della difesa Usa (U.S. National defense authorization), che vieta di ricorrere a Huawei come fornitore telecom per le agenzie federali in nome della sicurezza nazionale. L’azienda cinese ha mosso causa contro questo provvedimento sostenendone l’incostituzionalità.

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