IL REPORT

Audiovisivo e cinema, Italia (ancora) nella top ten mondiale

Mantenuta una postazione di rilievo nonostante concorrenza cinese e indiana, rivela lo studio “Impatto per l’occupazione e la crescita” condotto da Csc per Anica. Occupate 8.500 imprese per 61mila posti di lavoro diretti. Il premier Conte: “Sostegno del Governo contro la pirateria”

Pubblicato il 11 Apr 2019

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Tocca quota 1,4 miliardi al 2018 il valore aggiunto dell’audiovisivo italiano. Un’”industria leggera” che rimane nella top ten globale – al nono posto – nonostante la crisi economica e l’affermazione dirompente di Cina e India. La produttività made in Italy risulta terza in Europa, dopo Belgio e Germania, mentre l’export è pari a 890 milioni di euro, molto superiore all’import settoriale, di 120 milioni.

Emerge dai dati del Rapporto “Cinema e audiovisivo: l’impatto per l’occupazione e la crescita in Italia” condotto del Centro Studi di Confindustria per Anica e presentato oggi a Roma.

“Il Governo è dalla vostra parte – ha detto il presidente del consiglio Giuseppe Conte presente all’evento -. Bisogna fare in modo che le nostre imprese, in una competizione globale agguerrita, non siano target di iniziative predatorie”, aggiungendo che iol governo ha intenzione di proteggere il settore dalla pirateria.

A stretto giro il commento di Federico Bagnoli Rossi, segretario generale di Fapav, la federazione per la tutela dei contenuti audiovisivi e multimediali: “Siamo molto contenti che quest’oggi il Presidente del Consiglio Conte abbia annunciato, sottolineando con forza, l’attenzione del Governo nel contrasto alla pirateria audiovisiva quale priorità da portare avanti a tutela del comparto – afferma – La sensibilità e l’attenzione del Governo e delle Istituzioni Italiane nei confronti della lotta alla pirateria è di vitale importanza per tutta l’industria italiana dell’audiovisivo, sia dal punto di vista della tutela dei contenuti, sia per uno sviluppo legale e sostenibile di un mercato importante per tutta l’economia italiana”.

“L’industria dell’audiovisivo – ha detto Francesco Rutelli, presidente dell’Anica – è fondamentale per il Paese e deve affrontare sfide epocali. Nel mondo sono stati investiti 215 miliardi di dollari di acquisizioni negli ultimi 9 mesi, e per i prodotti 15 miliardi solo quest’anno”. Per questo, dice Rutelli, “le industrie dell’audiovisivo chiedono certezze al governo, al Parlamento, ai regolatori, per poter investire e competere a fronte di aggregazioni enormi che rischiano di colonizzare il Paese se si facesse trovare impreparato“.

Lo studio stima che ogni euro di domanda aggiuntiva di servizi audiovisivi attiva un effetto moltiplicatore, pari a 1,98% ripartito diffusamente a vantaggio di tutta l’economia nazionale. Il moltiplicatore di valore del cinema e dell’audiovisivo è il più alto fra tutte le attività economiche dopo il settore delle costruzioni.

Non basta: il settore occupa quasi 8.500 imprese con una dimensione media di 4,5 addetti. Nelle imprese di audiovisivo e broadcasting si conta un totale di 61mila posti di lavoro diretti. Nelle filiere connesse ne sono attivati quasi il doppio, 112 mila. Tra diretti e indiretti sono 173 mila i posti di lavoro complessivi generati da cinema, audiovisivo e broadcasting. E’ un comparto che attiva lavoro giovane e femminile più della media nazionale (39% di donne, la media nazionale è del 36%) e la forza lavoro è caratterizzata da una maggiore presenza di under 50 (77% contro il 73% della media nazionale) nel settore della produzione, in particolare un quarto degli occupati ha meno di 30 anni.

Alto anche il numero di posti indotti dall’audiovisivo nel settore dei servizi ad alto contenuto di conoscenza: sono 43mila, di cui 26mila tra ingegneri, architetti, consulenti legali, designer, fiscalisti e 17 mila nelle professioni creative e artistiche.

Tra i dati negativi, una produzione audiovisiva pro-capite in Italia (pari a 116 dollari) inferiore alla media europea: sono un quarto di quelli prodotti lo scorso anno nel Regno Unito e la metà circa di quelli prodotti in Germania e Francia.

Si tratta di un “settore atipico” e “in profonda trasformazione”, a detta degli operatori, che ha vissuto momenti di forte ascesa e altrettanto forte contrazione. Montagne russe nel corso degli anni per il valore aggiunto. Tra il 2006 e il 2010 ha registrato un forte impulso (+16%) ben superiore alle media. Poi un tracollo che tra il 2011 e il 2013 ha fatto perdere il 19% del valore aggiunto, 300 imprese, 10mila occupati. Quindi un recupero, dal 2015 in avanti, più lento della media e non in grado di tamponare l’emmoragia del tutto.

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