SCENARI

Crisi chip, il colosso Tsmc nella super-alleanza Usa. Nuova tech war con la Cina?

Anche la leader taiwanese fra i 65 aderenti alla Coalizione nata per far fronte ai problemi nell’offerta di semiconduttori e contrastare il possibile primato cinese. La questione preoccupa anche l’Europa: a rischio la filiera del manifatturiero e dell’elettronica

Pubblicato il 13 Mag 2021

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C’è anche Taiwan semiconductor manifacturig Co. (Tmsc), la più grande fonderia di chip del mondo, fra gli aderenti alla Siac (Semiconductor in America coalition), la neonata lobby statunitense degli sviluppatori e degli utilizzatori di chip, in quella che rappresenta una mossa destinata a contrastare il tentativo della Cina di collocarsi in cima alla catena di valore dei semiconduttori, in un momento di pesante crisi di offerta. Lo spiega oggi il South China Morning Post.

La Siac include 65 grandi operatori del settore dei semiconduttori ed è stata formata ieri con lo scopo precipuo di spingere il governo Usa a incentivare la produzione di chip in territorio americano. Vi sono presenti giganti come Apple, Microsoft, Google, Qualcomm, Nvidia, Cisco, Arma, Ibm e Intel, ma anche altri pesi massimi del settore dei semiconduttori che vanno da MediaTek a Taiwan, Samsung e SK Hynix in Corea del Sud, Asml in Olanda. Quest’ultimo è l’unico fornitore di apparecchiature per la fotolitografia avanzata utilizzata per i chip ad alto valore tecnologico.

Una crisi legata alla pandemia ma anche alla “guerra commerciale” Usa-Cina

Nel sito internet dell’alleanza si legge che la sua missione è “sostenere l’economia, l’infrastruttura critica e la sicurezza nazionale americane facendo avanzare la produzione e la ricerca di semiconduttori negli Usa“. E chiede ai leader al Congresso Usa di sostenere la proposta del presidente Joe Biden Chips for America Act, che punta a rafforzare l’industria dei semiconduttori finanziandola con 50 miliardi di dollari. Il mondo dei semiconduttori è in una fase particolarmente tempestosa. La pandemia ha fatto crescere i consumi di prodotti elettronici, aumentando la domanda di chip. Nello stesso tempo la guerra commerciale Usa-Cina, una serie di fenomeni naturali e di incidenti hanno portato a una penuria di semiconduttori, che ha colpito in particolare il settore dell’automotive e ci sono segnali secondo i quali può tracimare anche in quello dell’elettronica di consumo. La gran parte della produzione di chip è in Asia orientale, principalmente Taiwan e Corea del Sud. Gli Usa, alla luce della situazione, stanno spingendo per rafforzare la produzione in patria di semiconduttori e anche in Europa ci sono segnali in questo senso. La Cina, dal canto suo, sta cercando di far diminuire la sua dipendenza da tecnologie Usa.

Tsmc, in particolare, ha accresciuto i suoi investimenti per la produzione di chip da 5 nanometri e da 3 nanometri negli Usa, su input dell’amministrazione Usa e altre compagnie del settore taiwanesi e sudcoreane stanno facendo lo stesso, mentre i giganti tecnologici Usa scalpitano per rafforzare la produzione nazionale. Il produttore taiwanese, recentemente, ha anche annunciato che spenderà 2,9 miliardi di dollari per espandere il suo impianto di produzione di Nanchino, nella Cina continentale quindi. Ma lì si producono chip da 28 nanometri, che sono tre generazioni dietro a quelli che intende costruire nei nuovi impianti in programma in Arizona.

Gli impatti in Europa sul manifatturiero

In Europa, intanto, la questione della carenza di chip continua a preoccupare. La crisi sta infatti esercitando un impatto sull’industria manifatturiera locale, ostacolando la ripresa del settore e spingendo l’Ue a rivedere la sua strategia di approvvigionamento. Tra le industrie più colpite spiccano le case automobilistiche, dal momento che i chip sono ormai fondamentali per ogni sistema, da quello per la batteria di un veicolo alle funzioni del computer di bordo. Diverse aziende europee del settore infatti hanno recentemente ridotto o interrotto la produzione per via della mancata garanzia di forniture di componenti fondamentali.
Alla fine di aprile la casa automobilistica tedesca Daimler ha ridotto l’orario lavorativo dei dipendenti e ha temporaneamente fermato la produzione negli stabilimenti di Brema e Rastatt a causa di rallentamenti nella consegna dei chip. In seguito, anche l’Audi ha fermato parzialmente la produzione nel suo sito di Neckarsulm.

“La situazione della fornitura di semiconduttori è complessa e incerta”, ha detto un portavoce di Audi in un’intervista a Xinhua rilasciata a seguito di tale decisione, aggiungendo che l’azienda sta seguendo da vicino lo sviluppo e “sta rivalutando la situazione su base settimanale”. La carenza di chip è diventata una grande sfida per il settore manifatturiero europeo, che ha assistito a una robusta ripresa nel primo trimestre di quest’anno grazie alla forte domanda globale. Gli ultimi dati mostrano che a marzo il settore tedesco della meccanica e dell’ingegneria ha visto un’impennata degli ordini del 29% in termini reali su base annua. “Allo stesso tempo, però, gli ostacoli alla produzione sono aumentati a causa di rallentamenti in importanti forniture e questo ha intralciato una ripresa altrimenti soddisfacente“, ha detto Ralph Wiechers, capo economista della Mechanical Engineering Industry Association tedesca. Inoltre l’istituto di ricerca tedesco Ifo ha riscontrato in un recente sondaggio che il 45% delle aziende manifatturiere nazionali ha registrato rallentamenti in aprile, segnando “di gran lunga il valore più alto dal gennaio 1991”. La scorsa settimana l’istituto ha attestato che la carenza di prodotti intermedi, tra cui i semiconduttori, è diventata un “problema serio” per l’industria manifatturiera tedesca, avvertendo che “potrebbe mettere a rischio la ripresa del settore”.

Problemi sul comparto elettronico

Anche i produttori di elettronica, per i quali i semiconduttori sono vitali, stanno osservando da vicino l’evoluzione della situazione. L’azienda finlandese di apparecchiature di rete Nokia ha reso noto che “continuerà a monitorare gli sviluppi generali del mercato, compresa la visibilità della disponibilità di semiconduttori”, alludendo all’approvvigionamento di chip quale un fattore di rischio nel suo rapporto finanziario del primo trimestre. Song Sun-jae, un analista di Hana Daetoo Securities in Corea del Sud, ha riferito al quotidiano tedesco Handelsblatt di prevedere che la carenza di chip potrebbe durare più a lungo del previsto espandendosi forse fino al prossimo anno. Le ragioni dietro l’attuale carenza di chip riscontrata nelle industrie europee sono complesse. Per prima cosa, i produttori di chip asiatici e statunitensi costituiscono una grossa fetta dell’offerta globale, mentre l’Europa ne produce circa il 10%. Il commissario europeo per il mercato interno Thierry Breton ha detto in una recente intervista rilasciata a Bloomberg che la quota europea di produzione di semiconduttori è scesa negli anni poiché la regione è stata “troppo ingenua, troppo aperta”. Ad aggiungersi agli attuali rallentamenti della fornitura vi sono la pandemia globale e un recente incendio in una fabbrica di chip in Giappone, nonché il maltempo in alcune parti degli Stati Uniti nei primi mesi di quest’anno.

E l’Ue mira al raddoppio della capacità di produzione

A marzo, nell’ambito della sua iniziativa digitale per gli anni a venire, la Commissione europea, il braccio esecutivo dell‘Unione, ha annunciato il suo obiettivo di raddoppiare la capacità di produzione di semiconduttori per raggiungere almeno il 20% della quota di mercato mondiale entro il 2030. Si tratta di un passo importante per fare fronte agli attuali rallentamenti considerando che i semiconduttori saranno necessari anche per il 5G e il 6G, la guida autonoma, per l’Industria 4.0, per il Green Deal, nonché per le future applicazioni di elaborazione dati decentralizzata, come ha spiegato Breton al giornale tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung alla fine di aprile. In una dichiarazione pubblicata il 26 aprile sul sito della Commissione si legge che quest’ultima accoglie con favore una dichiarazione congiunta di 22 Stati membri dell’Ue che “mira a rafforzare la cooperazione tra gli Stati membri e ad aumentare gli investimenti lungo la catena del valore dei semiconduttori su attrezzature e materiali, progettazione e produzione avanzata e imballaggio, ove possibile attraverso i fondi di ripresa e di resilienza”.

Secondo Breton, la dichiarazione congiunta “aprirà la strada al lancio di un’alleanza industriale” e “un approccio collettivo può aiutarci a sfruttare i nostri punti di forza esistenti e ad abbracciare nuove opportunità mentre i chip di processori avanzati svolgono un ruolo sempre più importante per la strategia industriale e la sovranità digitale dell’Europa“, notando che quest’ultima manterrà un atteggiamento di apertura. Il blocco deve ancora svelare i dettagli del piano dal momento che, nelle ultime due settimane, Breton è stato impegnato nello scambio di opinioni con i politici europei e i rappresentanti dei principali produttori di chip del mondo. Per soddisfare la domanda attuale e futura dell’industria dei semiconduttori, l’Europa aumenterà drasticamente la capacità di produzione “sia autonomamente che attraverso partnership selezionate”, ha precisato Breton con un tweet.

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