LIBRI DIGITALI

E-book, Palmieri (FI): “Italia sia protagonista del processo di revisione Iva”

Il deputato invita il governo a farsi parte attiva in vista dell’aggiornamento annunciato dalla Ue: “Bisogna difendere la diffusione della cultura”. Ieri la Corte di Giustizia Ue ha bocciato il taglio dell’imposta sui libri digitali deciso da Francia e Lussemburgo

Pubblicato il 06 Mar 2015

Federica Meta

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“Il governo italiano sia protagonista del processo di revisione sulle regole europee sull’Iva”. Antonio Palmieri, deputato Forza Italia e membro della commissione Cultura della Camera, fa un appello al governo all’indomani della sentenza della Corte di Giustizia europea che ha bocciato la decisione di Francia e Lussemburgo si abbassare l’Iva sugli e-book, rispettivamente al 5,5% e al 3%.

“Una sentenza ampiamente prevista e che applica la normativa Ue – dice Palmieri a CorCom – ma che resta comunque, a mio avviso incomprensibile, dato che un e-book non è diverso da un libro tradizionale solo perché è diverso il supporto. Quello che si deve valorizzare è il contenuto non il contenitore”.

“In questo senso – sottolinea il deputato di FI – auspico che il governo italiano svolga un ruolo primario in vista della revisione delle regole Ue sull’Iva, difendendo la diffusione della cultura”. La sentenza della Corte arriva infatti a due anni di distanza del ricorso presentato dalla Commissione che, proprio ieri, ha annunciato la volontà di rivedere il quadro regolatorio sull’Iva entro il prossimo anno.

“I dati dimostrano – sottolinea Palmieri – che la crisi economica sta incidendo pesantemente anche sulla diffusione dei libri e dei prodotti culturali, e che la diffusione degli e-book produce non solo un risparmio di denaro per i cittadini, ma anche un incentivo alla diffusione del libro e, di conseguenza, della lettura”.

Ieri la Corte di giustizia Ue ha bocciato le misure sull’Iva agevolata decise da Francia e Lussemburgo dal 2012, simili a quelle adottate a fine 2014 anche dal governo Renzi.

La corte di giustizia dell’Aja si è espressa accogliendo il ricorso presentato dalla Commissione europea, che aveva giudicato l’imposizione di una aliquota ridotta sui libri elettronici non in linea con le regole comunitarie in materia di Iva. Nella sentenza la Corte sottolinea che le regole europee prevedono la possibilità di un’aliquota Iva ridotta per i libri, ma solo se su un supporto fisico che è parte integrante del libro, cioè la carta. La Corte ha stabilito che l’e-book necessita di un supporto fisico per essere letto, come per esempio un computer, ma “questo supporto non è fornito insieme al libro elettronico”. Ma le regole Ue in materia di Iva “vietano la possibilità di applicare un’Iva ridotta a qualunque servizio fornito per via elettronica, e la fornitura di libri elettronici costituisce un servizio di questo tipo”.

Scartata dai giudici la possibilità di considerare l’e-book come un bene più che un servizio, in quanto “solo il supporto fisico che consente la lettura di un e-book può essere considerato come un bene, ma questo supporto fisico è assente nelle forniture di libri elettronici”.

La Francia ha deciso di applicare sugli e-book un’aliquota del 5,5%, mentre il Lussemburgo ne ha stabilita una al 3%. Posizione quest’ultima giudicata “più grave” dalla corte in quanto l’aliquota minima prevista dalle regole Ue per l’Iva è del 5%, salvo casi eccezionali. L’Iva agevolata introdotta dall’Italia è a un’aliquota del 4%.

Ora a rischiare grosso è anche l’Italia che dal primo gennaio ha portato l’aliquota per i libri digitali dal 22% al 4%. Una scelta che il governo Renzi intende difendere anche dopo la sentenza. Ieri il sottosegretario agli Affari europei Sandro Gozi su Twitter commentava : “lavoriamo per cambiare le norme Ue e per l’ Iva al 4%”. Anche il presidente dell’ Europarlamento Martin Schulz ha affida ai social media il suo messaggio, esprimendo “sostegno alle industrie culturali e creative” e sollecitando la Commissione Ue a mettere mano alla direttiva sull’ Iva. Dal canto suo l’ esecutivo comunitario ha fatto sapere che “intende affrontare la questione con un’ampia revisione del sistema, attualmente in preparazione”. Un lavoro che dovrebbe essere presentato il prossimo anno, ha spiegato la portavoce Vanessa Mock.

Ma si evidenzia, come da qui ad allora, le decisioni degli Stati membri debbano essere prese “nell’ ìambito del quadro normativo comunitario”. D’altra parte, quando il governo Renzi ha deciso di inserire il provvedimento nella legge di stabilità, sapeva del rischio di incorrere in una procedura di infrazione, ma il ministro di beni culturali e turismo Dario Franceschini, ne ha fatto una
“battaglia di civiltà e di buon senso”. Ha lottato anche a Bruxelles, nel semestre di presidenza del Consiglio Ue, nonostante le resistenze di Paesi come Gran Bretagna e Polonia, col sostegno di Spagna, Romania, Olanda, Finlandia e Ungheria, oltre a Francia e Lussemburgo, per muovere nuovi passi.

A fare pressing per l’Iva ridotta sugli e-book è anche la presidente della commissione Cultura del Parlamento europeo Silvia Costa, che si è fatta promotrice della questione col commissario Ue alla Cultura Tibor Navracsics e la presidenza di turno lettone.

E non si è fatta attendere la risposta degli editori italiani e delle altre associazioni europee e internazionali, che hanno scritto una lettera aperta ai presidenti della Commissione Jean Claude Juncker, del Parlamento europeo Martin Schulz, e del Consiglio europeo Donald Tusk affinché “si intervenga sulla direttiva comunitaria per eliminare la stortura che penalizza lo sviluppo del libro e della lettura nell’ intero continente”.

Comunque l’Italia ha ancora un buon margine di tempo per muoversi di fronte al rischio di una procedura di infrazione. La vicenda di Francia e Lussemburgo era iniziata invece almeno un paio di anni fa, quando la Commissione le aveva colpite per la loro decisione del primo gennaio 2012 di ridurre le tasse sugli e-book. L’iter è andato avanti fino a quando Bruxelles ha deferito i due Paesi alla Corte Ue perché inadempienti rispetto alla direttiva sull’ Iva. La normativa, che prevede riduzioni per i libri stampati, esclude infatti ogni possibilità di applicazione ai servizi forniti per via elettronica.

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