LIBRARY PROJECT

Google la spunta sugli “snippets”: nessun compenso agli autori

Il giudice di Manhattan Danny Chin dà ragione a BigG nella battaglia con la Authors Guild nell’ambito del Library Project. Potranno essere pubblicati estratti delle opere senza emolumenti sul copyright. Ma gli autori non ci stanno: “Faremo ricorso”

Pubblicato il 15 Nov 2013

Luciana Maci

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Vittoria di Google sugli autori. BigG ha ottenuto l’archiviazione della causa intentata da un gruppo di autori riuniti nella Authors Guild, causa scaturita dalla creazione del Google Library Project, enorme progetto nato alcuni anni fa per portare online “i libri di tutto il mondo”.

Il giudice di Manhattan, Danny Chin, ha accolto le tesi di Google e il motore potrà mostrare “snippets” (estratti) dei contenuti di un volume nei search results; questo secondo il giudice rientra nel “fair use”, che consente a un soggetto di usare opere coperte da copyright di un altro soggetto senza chiedere autorizzazione. Un esempio di fair use è mostrare l’estratto di alcune scene di un film all’interno di una recensione di quel film.

Google non mette online i libri perché vengano letti nella loro interezza – ha scritto Chin nelle motivazioni della sentenza – ma solo per renderli disponibili a chi vuole effettuare ricerche”. Addirittura il giudice ha esaltato il progetto perché “fornisce significativi benefici pubblici, contribuisce al progresso delle arti e delle scienze” e garantisce “utili strumenti per studenti, insegnanti e bibliotecari”.

Immediata la reazione degli scrittori. “Siamo delusi e sconcertati – ha detto il presidente della Authors Guild, Paul Aiken – il danno che ci provoca Google Books è evidente, i nostri diritti vengono calpestati, il nostro lavoro viene svenduto a prezzo zero. Ovviamente faremo ricorso: non possiamo permetterci di perdere questa battaglia”.

Quando partì il Google Library Project, 8 anni fa – un progetto così vasto che in effetti pochi altri soggetti al mondo avrebbero avuto la capacità di mettere in piedi – autori ed editori ritennero di non essere stati consultati in modo appropriato, perciò ciascuna delle due parti avviò una causa contro BigG.

Quattro anni fa Google e gli editori – Simon & Schuster, Penguin Usa, John Wiley & Sons, McGraw-Hill e Pearson Education – trovarono un accordo, ma l’amministrazione di Barack Obama intervenne sospettando un’attività monopolistica e un conseguente aumento dei prezzi per i consumatori. Giudizio confermato da una sentenza del 2011: l’accordo da 125 milioni di dollari veniva respinto sull’onda della rivolta dei competitor di Google, ma anche di agenti letterari, consumatori e governi stranieri.

La sentenza dell’ottobre 2012 ha invece contribuito alla pace tra editori e Google. Si stabiliva che tutti i libri, anche quelli “orfani” (cioè quelli per i quali non era più possibile risalire agli autori o agli eredi, che ormai avevano perso i diritti), potevano essere digitalizzati salvo il rifiuto dell’editore. Da parte loro le case editrici avrebbero avuto il diritto a ricevere e utilizzare una copia digitalizzata.

Conclusa la vicenza giudiziaria con le case editrici, gli autori hanno deciso di continuare la lotta per via separata. Andando incontro, oggi, a una sconfitta.

Va specificato che, proprio a causa delle azioni legali in corso, quei milioni di volumi indicizzati da Google non sono ancora visibili online.

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