PRIVACY

Google “venderà” i commenti degli utenti. E intanto aggira il fisco

Cambiano i termini di utilizzo: nomi, foto e opinioni degli iscritti utilizzati a fini di marketing. Strategia fiscale per dribblare le tasse sulle royalty. Ma l’azienda:”Rispettiamo le norme fiscali in tutti i Paesi”. E in Brasile Microsoft denuncia Big G all’Antitrust

Pubblicato il 11 Ott 2013

L.M.

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Dopo Facebook, anche Google vuole vendere i commenti dei suoi utenti agli inserzionisti per aiutarli ad aumentare l’interesse attorno ai prodotti da loro pubblicizzati. Il colosso di Mountain View proprio oggi ha aggiornato i termini di utilizzo dei suoi servizi che ora permettono al gruppo di usare le informazioni degli iscritti – compresi il nome, le foto e i commenti – all’interno di pubblicità su Internet.

Le nuove regole saranno applicate dal prossimo 11 novembre. In questo modo Google potrà vendere il sostegno dei suoi utenti nei confronti di prodotti o eventi al suo network di oltre due milioni di siti che fanno promozioni, con un bacino di visitatori di circa un miliardo di persone. I dati saranno presi dai commenti pubblicati su Google Plus, il social network del gruppo, su YouTube e su qualsiasi altro servizio offerto dal colosso.

Facebook nei mesi scorsi aveva ricevuto diverse critiche da parte dei suoi iscritti che avevano anche citato a giudizio il social network. A differenza del colosso di Mark Zuckerberg, però, Google permetterà di scegliere se cedere le proprie informazioni per fini pubblicitari oppure no e in più non userà i dati dei minori di 18 anni. Il sostegno da parte di un utente nei confronti di un prodotto è un potente motore pubblicitario che può diffondere messaggi di marketing su larga scala. Google non ha ancora rivelato il modo in cui gestirà le informazioni e quali marchi saranno coinvolti nel nuovo progetto.

Intanto BigGè sotto attacco in Usa e Brasile. Come rivela il Financial Times, il colosso statunitense nel 2012 ha incanalato verso le Bermuda 8,8 miliardi di euro di pagamenti ricevuti sulle royalty miliardarie dei suoi servizi e brevetti, oltre un quarto di più che nel 2011.

Come spiega il quotidiano finanziario, che ha analizzato la documentazione presentata da una delle controllate olandesi di Google, attraverso questa tattica chiamata “doppio sandwich” BigG risparmia miliardi di dollari di tasse. Il gruppo sposta alle controllate irlandesi e olandesi gli incassi provenienti dai Paesi non statunitensi e poi invia, dall’Irlanda e dall’Olanda, alla sua controllata alle Bermude, i pagamenti sulle royalty miliardarie sui servizi e sui brevetti.

In questo modo vengono ridotti di un ulteriore 5% i suoi pagamenti fiscali, già drasticamente ridotti grazie al trasferimento a Pesi con aliquote ultra-basse come Irlanda e e Olanda del suo fatturato europeo.

L’aumento dei trasferimenti alle Bermude per il pagamento delle royalty dimostra che il giro di affari di Google è praticamente raddoppiato nel giro di tre anni, mentre i suoi pagamenti fiscali sono diminuiti. Il sistema predisposto da Google per pagare meno tasse è consentito dalle attuali legislature fiscali internazionali ma sta scatenando da tempo numerose polemiche.

Pronta la replica del gruppo da parte di un portavoce dell’azienda. “Google rispetta le normative fiscali in Italia e in tutti i Paesi in cui opera. La realtà dei fatti è che la maggior parte dei governi usa gli incentivi fiscali per attrarre investimenti stranieri e questo crea posti di lavoro e crescita economica e, naturalmente, le aziende rispondono a questi incentivi. È una delle ragioni per cui Google ha stabilito la propria sede europea in Irlanda, unitamente alla possibilità di assumere personale qualificato. Se ai politici non piacciono queste leggi, loro hanno il potere di cambiarle. La nostra corporate tax rate complessiva nel 2012 è stata del 20% circa”.

Mentre BigG replicava all’attacco del Financial Times, dal Brasile arrivava un’altra bordata. Il Paese latino-americano sta indagando la company per pratiche anti-concorrenziali su segnalazione di Microsoft e dei brasiliani Buscapé e Bondfardo. Oggi l’Antitrust brasiliano, Cade, ha annunciato l’avvio delle indagini sulle accuse rivolte al colosso Usa di aver usato in modo scorretto i contenuti dei competitor, scoraggiato i loro inserzionisti e favorito liste di prodotti propri nei risultati del search.

In particolare Microsoft accusa Google di ostacolare le campagne di advertising nei vari motori di ricerca attribuendo un “vantaggio iniquo” al suo stesso servizio AdWords, suo principale strumento pubblicitario e sua principale fonte di ricavi.

Buscapé e Bondfardo attaccano invece Google di riprodurre recensioni di prodotti scritte dai loro utenti (pratica conosciuta come “scraping”) senza consentire ai competitor di fare lo stesso nel sito Google Shopping.

Una portavoce di Google da Sao Paulo ha detto che l’azienda è pronta a collaborare con i regolatori.

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