LO SCENARIO

Il Gdpr mette il turbo ai professionisti del trattamento dati

Superano quota 10mila gli addetti ai lavori iscritti a Federprivacy. Ancora scarsi gli specialisti della PA. Ma non sfondano le certificazioni di Dpo. Il presidente Nicola Bernardi: “Sintomo positivo a seguito dei chiarimenti del Garante”

Pubblicato il 11 Feb 2019

L. O.

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Il Gdpr fa volare il numero di professionisti della privacy. Superano quota 10mila gli addetti ai lavori iscritti a Federprivacy. Si tratta di avvocati ed informatici, ma non solo: spicca un 25% di titolari e funzionari direttivi di Pmi che seguono in prima persona i temi della privacy. Ancora scarsi gli specialisti della PA: solo il 6% quelli che si interessano della materia. Non sfondano invece le certificazioni di Dpo basate sulla Norma Uni 11697:2017. Meno di 800 i professionisti in possesso di una certificazione delle competenze, delle quali più della metà rilasciate da Tüv. “Interpretiamo la cautela – dice Nicola Bernardi, presidente di Federprivacy – come sintomo positivo a seguito dei chiarimenti del Garante”.

Nel dettaglio, nel 2018 sono balzati da 6.725 a 10.596 gli utenti iscritti a Federprivacy, registrando così un aumento del 57,5% tra professionisti e manager che si occupano dei temi della protezione dei dati.

Complice l’introduzione delle nuove norme europee, la privacy si è rapidamente affermata come una materia interdisciplinare che interessa platee sempre più diverse di addetti ai lavori rilevabili dal background degli iscritti alla principale associazione di riferimento italiana del settore, che sono per il 19% avvocati e giuristi d’impresa, per il 13% consulenti informatici ed altre figure dei settori Ict, per il 12% data protection officer e referenti privacy aziendali, e per il 25% titolari e funzionari direttivi di piccole e medie imprese.

Sono invece quasi 2mila (18%) quelli che hanno fatto della data protection una vera e propria professione. Ancora pochi i dipendenti della pubblica amministrazione (6%) che seguono i temi della privacy.

Ad evidenziarlo sono le ultime statistiche stilate dall’Osservatorio di Federprivacy, che come negli scorsi anni forniscono anche un focus sulle certificazioni professionali in ambito privacy diffuse sul territorio nazionale. Nonostante la pubblicazione di una specifica norma tecnica nel novembre del 2017, sono stati finora solo 290 i data protection officer che hanno ottenuto una certificazione basata sulla Uni 11697:2017 da uno dei nove enti che la propongono in Italia.

Prosegue invece stabile la crescita (+14,5%) della certificazione di Privacy Officer e Consulente della Privacy basata sullo schema proprietario di Federprivacy e rilasciata da Tüv Italia fin dal 2012, conseguita ad oggi da 426 professionisti che hanno visto certificare le proprie competenze dall’ente bavarese.

Pur avendo registrato un aumento del 22,3%, sono in tutto appena 793 i professionisti che hanno finora ottenuto una certificazione professionale nel settore della privacy, numero particolarmente esiguo se messo a confronto con le oltre 43mila nomine di Dpo ricevute dal Garante.

Ma secondo Bernardi i dati non sono negativi: “Il Garante ha precisato che le certificazioni non sono obbligatorie e non costituiscono un’abilitazione a svolgere il ruolo di data protection officer – dice il presidente Federprivacy -. Benché tali certificati rappresentino uno strumento utile -anche quello di Privacy Officer rilasciato da TÜV è di natura volontaria ed ha come principale finalità quella di dare un riscontro oggettivo da parte di un ente indipendente e imparziale sul possesso delle competenze del professionista”.

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