IL COMMENTO

“L’illusione Europa digitale: Bruxelles sa solo brandire paletti antitrust”

L’attacco del Wall Street Journal al giro di vite Ue anti-Over the top: “Il mercato unico non si crea intimidendo le aziende: anche la campagna anti-geoblocking dimostra l’incapacità politica europea di realizzare una vera strategia”

Pubblicato il 03 Apr 2015

Patrizia Licata

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Bruxelles da anni usa i procedimenti antitrust per ottenere risultati in fatto di policy che non saprebbe altrimenti come raggiungere e così sta accadendo anche col nuovo piano della Commissione europea per la creazione del mercato unico digitale o digital single market.

La dura accusa arriva da un’articolata analisi del Wall Street Journal. Il commissario Ue alla Concorrenza Margrethe Vestager ha annunciato la scorsa settimana che condurrà un’ampia indagine per capire che cosa blocca l’e-commerce da un paese all’altro sul mercato unico. Secondo la Vestager, circa metà degli europei hanno fatto shopping online l’anno scorso ma solo il 15% ha comprato da un negozio online che si trova in uno Stato Ue diverso dal proprio e la colpa sarebbe del “geo-blocking”, una pratica in base alla quale le aziende fissano prezzi differenti o rendono disponibili prodotti diversi sui diversi mercati. Obiettivi probabili dell’indagine, continua il Wsj, sono aziende come Netflix e Amazon.

L’apertura dell’indagine della Vestager è arrivata a breve distanza dalla pubblicazione da parte delle Commissione Ue delle prime indicazioni sulla sua strategia per il digital single market che sarà definita a maggio. Anche in questo documento si parla diffusamente di geo-blocking. Andrus Ansip, vice-presidente della Commissione e capo delle iniziative europee sul digitale, ha affermato di “odiare profondamente il geo-blocking”. Anche la Vestager si è lamentata di non poter vedere i programmi televisivi del suo paese, la Danimarca, quando è all’estero.

“E’ vero che l’Unione europea è lontana dall’essere un compiuto mercato unico in cui il settore privato possa trovare il pricing migliore per i beni e servizi venduti online”, commenta il Wsj, “ma la campagna contro il geo-blocking è solo un tentativo di intimidire le aziende costringendole a creare il single market che Bruxelles non è capace di formare da sola”.

Secondo la testata americana, la maggior sfida per l’Europa è la molteplicità di leggi nazionali sulla proprietà intellettuale, che spiega in larga parte il geo-blocking. L’indagine antitrust del 2007 sul servizio iTunes di Apple in merito al geo-blocking si è chiusa quando Bruxelles si è scontrata col fatto che le tante leggi territoriali sul copyright rendevano difficile per Apple offrire le stesse canzoni ai consumatori di mercati diversi.

Secondo il Wsj, i tentativi europei di armonizzare le leggi sul copyright sono naufragati finora per l’incapacità di Bruxelles di risolvere le tensioni tra produttori e consumatori; la Vestager sarebbe quindi “fuori target” quando indaga su aziende “che fanno del loro meglio per adeguarsi al quadro regolatorio reato da Bruxelles e dai governi nazionali”. E il pericolo è che Bruxelles ostacoli le aziende che già stanno creando un single market. Amazon, agli occhi del Wsj, offre una piattaforma che permette alle piccole imprese, che non possono gestire un sito internazionale, di vendere in paesi Ue diversi dal proprio. “Una vaga ma intimidatoria terminologia nella strategia Ue che parla di regolare le piattaforme online prende di mira queste aziende che pure vogliono potenziare il commercio digitale all’interno dell’Ue”, scrive il Wsj. Che conclude: Nella strategia dell’Europa per il digital single market c’è bisogno di più “market” e meno “single” imposto dai burocrati. “Prima Bruxelles se ne accorge, prima i regolatori si faranno da parte e permetteranno all’economia online di fiorire”.

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