LE NUOVE MISURE

La Cina ordina lo “spezzatino” di Alipay e del lending online. Quali effetti sul mercato globale?

Continua la stretta regolatoria sul braccio fintech di Alibaba. Obiettivo di Pechino è riportare sotto il proprio controllo i dati dei clienti delle attività di prestito e valutazione del credito

Pubblicato il 13 Set 2021

Patrizia Licata

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Lo spezzatino di Ant group è servito: Pechino porta a compimento la stretta regolatoria sul colosso finanziario che fa capo ad Alibaba e ordina di dividere in due Alipay, la app per i pagamenti mobili con oltre 1 miliardo di utenti, creando una app separata per l’erogazione dei prestiti online. Lo riporta il Financial Times.

Alipay era già stata scorporata da Ant come parte di un pesante intervento del governo della Cina in ottica anti-monopolio. L’azione di Pechino contro il braccio fintech di Alibaba era cominciata con lo stop all’Ipo di Ant. Era poi arrivato l’ordine di separare il back end delle attività finanziarie condotte con i marchi Huabei (simile a una carta di credito) e Jiebei (prestiti non assicurati). Adesso Pechino vuole una netta divisione tra le attività di pagamento e quelle di lending con la creazione di una app separata per Huabei e Jiebei.

Ciò implicherà la nascita di una nuova società – una joint venture – che si occuperà della valutazione del merito creditizio e che sarà, in parte, di proprietà statale. 

Una nuova joint venture: Pechino vuole il controllo dei dati

Oggi la richiesta di un prestito da parte di un cliente di Alipay viene gestita tutta all’interno della app di Alipay e Ant ha il controllo dei dati. Con la nuova struttura un cliente di Alipay che vuole un prestito dovrà usare la app separata e la sua richiesta passerà prima per la newco. E quindi per il governo.
Lo scopo della Cina è mettere sotto il controllo statale i dati dei clienti delle innumerevoli attività finanziarie di Ant, che spaziano dal settore assicurativo agli investimenti (con il wealth management) e che rappresentano il 35% dei ricavi di gruppo. Ora Pechino ha imposto ad Ant di trasferire i dati degli utenti usati per le decisioni sull’erogazione dei prestiti in una joint venture che si occuperà di gestire il merito creditizio e sarà al 30% di proprietà statale. Ant e Zhejiang Tourism investment group avrebbero ciascuna il 35% della newco e i dirigenti attuali di Ant rimarrebbero alla guida della newco.
Il governo cinese ha intenzione di sorvegliare più da vicino l’intero settore del fintech. I colossi digitali, afferma Pechino, basano la loro forza sul controllo dei dati. Ed è qui che il governo ha deciso di intervenire. Per questo secondo gli analisti Ant sarà solo la prima azienda del ad essere interessata dalla stretta regolatoria; la prossima potrebbe essere Tencent, che gestisce la app dei pagamenti WeChat Pay all’interno della app di messaggistica WeChat.

La stretta di Pechino su Ant e le Big tech

L’anno scorso Pechino ha imposto lo stop dell’offerta pubblica iniziale (Ipo) di 35 miliardi di dollari di Ant e ha varato nuove normative antitrust che disciplinano le aziende hitech. Il governo cinese ha messo in particolare sotto i riflettori le società dei pagamenti e dei prestiti online, temendo un deterioramento nella qualità degli asset e un aumento delle insolvenze.

A luglio la Banca centrale della Cina ha reso noto che applicherà a tutte le società dei servizi di pagamenti le stesse misure anti-monopolio adottate nei confronti di Ant.

La Banca centrale cinese ritiene che l’industria dei pagamenti si è sviluppata molto rapidamente e afferma che, durante questo sviluppo, si è verificata una “espansione eccessiva del capitale e dei monopoli”. Un chiaro riferimento alle app Alipay di Ant e WeChat Pay di Tencent, che la Cina considera il “duopolio” dell’ecosistema dei pagamenti online.

Intanto ad Alibaba è toccata la più grande multa mai inflitta in Cina (2,33 miliardi di euro) per questioni antitrust e tutto il settore hitech è finito sotto i riflettori delle autorità cinesi sulla concorrenza di mercato. Ad aprile le autorità antitrust hanno convocato i rappresentanti di 34 piattaforme digitali – tra cui giganti del calibro di Tencent, Meituan, Didi, Baidu e ByteDance – per chiedere di condurre un rettifica complessiva delle pratiche monopolistiche e delle irregolarità fiscali.

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