La scommessa di Horus: “Ecco il wearable che cambierà la vita ai non vedenti”

CorCom incontra a Shenzhen Savero Murgia, ceo della startup italiana che promette di migliorare la quotidianità dei disabili con un device basato su intelligenza artificiale e computer visione: “Saremo sul mercato a fine anno. Partiremo dall’Italia, poi Europa, Usa e Cina”

Pubblicato il 04 Ago 2016

Andrea Frollà

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SHENZHEN – “L’Asia avrà una road map ad hoc e molto probabilmente un prodotto leggermente diverso ma più adatto alla situazione del mercato”. Saverio Murgia ha 24 anni ed è alla testa di Horus, la startup italiana che ha sviluppato un innovativo device indossabile in grado di migliorare la vita delle persone non vedenti. Horus utilizza l’intelligenza artificiale e tecnologie di computer vision per leggere testi, riconoscere volti, oggetti e ostacoli e non necessita di connessioni a Internet.

Murgia è da poco stato a Shenzhen, in Cina, per esporre all’Apec Smetc 2016 la propria soluzione e preparare lo sbarco in terra asiatica accompagnato da Ingdan Italia (leggi l’intervista all’Ad di Ingdan Italia Marco Mistretta). CorCom l’ha incontrato proprio nella capitale dell’innovazione cinese durante l’evento internazionale dedicato all’innovazione. “È stato un periodo estremamente importante”, racconta descrivendo gli ultimi 12 mesi ricchi di novità: dal supporto ottenuto da Ingdan Italia fino ai 900mila dollari di finanziamento ricevuti da 5Lion Holdings, passando per i numerosi premi internazionali tra cui Nvidia Social Innovation Award. L’uscita sul mercato del device è previsto a fine anno e l’Italia sarà il primo banco di prova.

A destra il ceo di Horus, Saverio Murgia. A sinistra, il co-founder Luca NardelliA ottobre la Road to Success, a dicembre l’investimento da quasi 1 milione e ora l’Apec Smetc 2016 con Ingdan: gli ultimi 12 mesi rappresentano il vostro punto di svolta?

È stato un periodo estremamente importante perché l’investimento ricevuto ci ha permesso di velocizzare lo sviluppo del prodotto e di crescere a livello di team e di riconoscimenti internazionali. I prossimi 12 mesi però probabilmente saranno ancora più importanti, perché dovremo confrontarci col mercato vero.

In Cina avete incontrato distributori e fornitori locali: cosa vi aspettate da questo mercato e cosa avete ottenuto dalla trasferta cinese?

La visita in Cina è stata di fondamentale importanza perché ci ha dato modo di confrontarci con una realtà molto diversa dalla nostra. L’Asia avrà una road map ad hoc e molto probabilmente un prodotto leggermente diverso ma più adatto alla situazione del mercato.

Quali sono i vostri obiettivi per la fine dell’anno e per il 2017?

L’obiettivo principale è quello di uscire sul mercato a dicembre del 2016, l’Italia sarà il nostro primo mercato pilota e se andrà tutto bene durante il 2017 entreremo su altri mercati europei e su quello nordamericano. Ovviamente per fare tutto ciò avremo bisogno di un nuovo finanziamento che ci permetta anche di continuare a investire in ricerca e sviluppo.

Dal vostro punto di vista, l’Italia rappresenta un terreno fertile per lo sviluppo di nuove startup?

Non è ancora un terreno fertile, ma lo sta diventando. Le normative, anche quelle sul diritto del lavoro, sono molto complicate e poco flessibili. Inoltre la mentalità di chi guida aziende medio-grandi e dei business Angel locali non favorisce exit o investimenti consistenti.

Lei ha 24 anni e guida una società con 13 dipendenti: si considera un’eccezione che conferma la regola oppure l’Italia può davvero essere un paese per giovani?

L’Italia può sicuramente essere un paese per giovani, ma solo se i giovani stessi ci credono e si impegnano per renderla tale.

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