FORUM PA 2016

Rifkin: “Sharing economy e IoT, così l’Italia esce dalla crisi”

L’economista al convegno di apertura di Forum PA: “Serve subito un masterplan: la nuova rivoluzione industriale sarà fatta di condivisione, fonti rinnovabili e reti di persone”. Trasporti intelligenti ed edifici innovativi il banco di prova

Pubblicato il 24 Mag 2016

Patrizia Licata

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Crisi economica, Pil in calo a livello globale, perdita di produttività e quindi di competitività mentre la distribuzione della ricchezza diventa sempre più diseguale: di fronte a questo sconcertante scenario che descrive l’economia odierna, qual è la ricetta per riportare crescita e giustizia? Puntare sul digitale: nelle comunicazioni, nei trasporti, nell’energia, nella sanità, nei modelli di business, e, naturalmente, nella Pubblica Amministrazione. Lo ha detto l’economista, attivista e saggista Jeremy Rifkin aprendo la ventisettesima edizione di FORUM PA a Roma e invitando a non sottovalutare i trend in atto: senza un rapido rinnovamento tra venti anni la produttività sarà ancora più bassa.

La situazione in cui ci troviamo nasce da una serie di fattori. Ci son elementi che hanno sostenuto la crescita economica negli anni passati ma che ora possono addirittura ostacolarla. Un esempio? I combustibili fossili hanno messo la benzina nel motore dell’economia per alcuni decenni, oggi però ne paghiamo il prezzo a livello ambientale ed economico. Rifkin , da sempre impegnato a sostegno dell’adozione di politiche governative “responsabili” su vari fronti, da quello ambientale, a quello scientifico e tecnologico, si è soffermato a parlare dei cambiamenti climatici e dei fenomeni meteorologici e ambientali estremi che sono diventati “the new normal” ma che rischiano di depredare rapidamente l’uomo della maggior parte delle risorse – dall’acqua a ecosistemi ricchi – da cui dipende la sua stessa vita. “La crisi strutturale dell’economia si unisce alla crisi climatica”, ha puntualizzato Rifkin.

Che cosa dobbiamo fare dunque per evitare la catastrofe? Innanzitutto agire velocemente: subito, secondo Rifkin, perché fra 30-40 anni sarà troppo tardi. Come? Usando le nuove tecnologie per le comunicazioni, le nuove fonti di energia (solare, eolico), le nuove modalità di trasporto che riducono notevolmente l’impatto dell’attività umana sull’ambiente e permettono, con costi inferiori, di ottenere più risultati, più produttività. E’ questa per Rifkin la prossima rivoluzione industriale, resa possibile dalla digitalizzazione e dalla Internet of Things, è questa la società in cui tutto (entro il 2030, prevede l’economista) sarà connesso tramite reti, sensori e device di ogni genere, con uno scambio continuo di dati immediato e a bassissimo costo, è questa insomma quella che Rifkin ha definito la società “a costo marginale zero”.

Si tratta di un inedito assetto economico, ma non di una visione per il futuro: le esperienze della sharing economy lo stanno già formando. In questo contesto si crea un level playing field tra attori, si appianano differenze, si abbattono monopoli e barriere d’ingresso e tutti possono essere al tempo stesso consumatori e produttori, come accade nelle fattorie di nuova generazione in Germania, dove non solo si allevano animali o coltivano piante, ma si produce energia elettrica con i pannelli solari. I costi di produzione e distribuzione così sono notevolmente ridotti e si riduce anche l’impatto ambientale, mentre la produttività si potenzia. “Oggi con gli strumenti digitali non c’è più differenza tra consumatore e produttore, è l’era del prosumer”, ha detto Rifkin.

La Germania è un esempio su cui Rifkin si è soffermato perché il paese ha aumentato di molto la produzione da fonti rinnovabili e presto le sue imprese potranno ritrovarsi con un vantaggio competitivo, capaci di generare la propria energia a costo prossimo allo zero. “Piccoli player del solare e dell’eolico presenti capillarmente sul territorio si sono uniti e rappresentano oggi un modo di produrre energia più efficace e meno costoso di una utility tradizionale”, ha sottolineato Rifkin. “I grandi poteri di un tempo devono cambiare o non avranno più ragione d’essere”.“Il vostro paese vanta eccellenze di ogni tipo: perché allora la Germania produce autonomamente il 32% della propria energia, e voi no?”.

“Amo l’Italia, è un paese pieno di talenti e creatività, in molti settori, non solo il cibo e la moda, ma anche la tecnologia”, ha proseguito Rifkin. Ma quando si tratta di abbracciare il nuovo paradigma della digitalizzazione, ecco che ci troviamo indietro. “Il modello di business italiano non funziona”, ha detto Rifkin. “L’Italia deve sapere valorizzare le proprie eccellenze virando verso il digitale, e deve fare in fretta, cambiando le proprie priorità: i mezzi per farlo ci sono già tutti. Il governo ha individuato la strada da seguire, ora la percorra. I soldi ci sono: il problema è spenderli nelle aree dove serve investire”.

In poche parole: non bisogna più investire nelle aree “vecchie”. Bisogna spendere invece per creare il nuovo. Per esempio, i veicoli stampati col 3D o le auto driverless non devono farci gridare alla fine dell’industria dei trasporti, ma solo alla fine di un vecchio modello di business a cui se ne sostituisce uno nuovo. I soldi per gli interventi ci sono, ma la PA, con le regioni in prima linea, deve scegliere di investirli in questo modo e non, come è avvenuto finora, nella ristrutturazione di infrastrutture obsolete troppo legate alla seconda rivoluzione industriale. Sull’onda di Germania, Francia e Cina, la sharing economy porterà vantaggi in brevissimo tempo, ha continuato Rifkin, dimezzando man mano i propri costi (fino a raggiungere lo zero) e raddoppiando invece la propria efficienza. Così, nel giro di tre generazioni le auto saranno ridotte dell’80%, grazie al car sharing; e saranno quasi tutte elettriche, stampate in 3D, in grado di guidarsi da sole. I vantaggi di internet, del suo sapere connettere il mondo in pochi click, è la chiave per il futuro, che già i Millennials padroneggiano, ma che anche le PA devono sapere sfruttare.

“Ogni paese deve avere un master plan sul digitale e occorre una precisa volontà di cambiare: una volontà politica ma anche un’apertura culturale. Occorre anche unire tutti i mercati Ue”, ha continuato Rifkin. “Ma l’Europa ha un robusto piano per il mercato unico digitale”. Muovendosi subito l’Europa e l’Italia possono mettersi alla guida della nuova rivoluzione industriale, secondo Rifkin, e abbracciare lil modello a costo marginale zero che altro non è se non un nuovo modello di business che si ottiene usando meno risorse del pianeta e valorizzando al massimo i propri asset e le risorse umane.

“Il cambiamento necessita di un nuovo modello di business che parta da architettura, energia rinnovabile e mobilità, se è vero che le prime tre cause di global warming sono, in ordine, edifici non ecosostenibili, allevamento intensivo e trasporti”, ha detto RIfkin. Per i Millennials, i nativi digitali, questo cambiamento è perfettamente naturale: “Per loro la libertà non è esclusione e solitudine, ma inclusione, far parte di una rete”, ha osservato Rifkin; “i poteri e le gerarchie non si allungano verticalmente a piramide ma si estendono orizzontalmente, e lo zero-sum game del passato cede il posto a una diffusa consapevolezza del valore del socializzare e del difendere le risorse del pianeta”. “L’Italia ha tantissimi asset da valorizzare e mettere insieme, dal sole alla cultura alla creatività”, ha concluso Rifkin. Le PA possono e devono iniziare a perseguire l’obiettivo della digitalizzazione e fare il salto nella nuova era indsutriale mettendo in pratica ciò che a livello legislativo si sta già verificando e unendo alla forza delle nuove leggi la spinta essenziale data dalle risorse umane.

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