IL RAPPORTO SIC

La conferma Agcom: Mediaset al 13,3% del Sic, oltre soglia Gasparri

Il Sistema integrato delle Comunicazioni “fermo” a 17 miliardi (-0,4%). Dominano radio-tv ed editoria. Per la prima volta “scorporati” i dati sugli over-the-top: Google e Fb si prendono il 4,5% della torta. Nella partita Berlusconi-Bolloré rimane l’incognita “comunicazioni elettroniche”

Pubblicato il 12 Gen 2017

Andrea Frollà

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Un valore complessivo di 17,1 miliardi, con una incidenza del settore sul Pil pari all’1,05%, e un dominio della componente radiotelevisiva. Si configura così nel 2015 il Sistema integrato delle comunicazioni (Sic), che comprende tv, radio ed editoria, online compreso. La delibera dell’Autorità garante per le comunicazioni che contiene i dati relativi al 2015 non segnalano particolari sconvolgimenti rispetto allo scenario del 2014, con il mercato che nel suo insieme perde appena lo 0,4%.

L’area radiotelevisiva si conferma il principale segmento del Sic, con una market share del 49,5%, mentre si riduce di un punto percentuale (dal 27,3% al 26,3%) l’incidenza dell’editoria nel suo complesso. La pubblicità online aumenta il suo peso arrivando a una quota mercato del 9,7% e segno più anche per il settore cinematografico, che vale 872 milioni di euro pari al 5,1% del Sic. I ricavi imputabili alla pubblicità esterna sono valutati in 380 milioni (2,2% del Sic) e le aree relative al “below the line” (1,2 miliardi di euro) rimangono sostanzialmente stabili, rappresentando il 7,2% del Sic.

Nessuna sorpresa per la quota Mediaset – La chiusura del procedimento per la valutazione delle dimensioni economiche del mercato che comprende tv, radio ed editoria era molto attesa. Non tanto però per la fotografia complessiva del settore, quanto per i dati relativi al peso dei player e in particolare per quelli di Mediaset. La quota mercato nel Sic è infatti uno degli elementi di cui ha bisogno l’Agcom per valutare la compatibilità delle attuali partecipazioni di Vivendi in Mediaset e Telecom. Come aveva anticipato CorCom, una discesa di Mediaset sotto la quota del 10% (una delle due soglie citate dalla Legge Gasparri) era un’ipotesi alquanto inverosimile, smentita puntualmente dai numeri dell’Agcom.

Sulla base delle informazioni raccolte e dei dati consolidati forniti ad hoc dai maggiori gruppi di comunicazione, i dati Agcom attribuiscono infatti al Gruppo di Cologno Monzese il 13,3% del mercato, in aumento rispetto al secco 13,0% del 2014. Quindi sul fatto che Mediaset superi uno dei due limiti imposti dall’ormai famoso articolo 43 del Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici (Tusmar) non ci sono più dubbi. Come abbiamo già spiegato il punto più delicato riguarda comunque l’altro paletto, ossia quello del 40% delle comunicazioni elettroniche che nello specifico dell’istruttoria Agcom riguarda Telecom Italia, di cui Vivendi è socio forte al 28,6%. Su questo punto c’è più di qualche nube, che l’authority delle comunicazioni è chiamare a scacciare via.

21 Century Fox sempre al vertice – Nessuna sorpresa nemmeno rispetto alla classifica dei principali soggetti operanti nel Sic. La quota più rilevante è detenuta dal gruppo 21 Century Fox con il 15,4% (di cui Sky Italia al 15,1% e Fox Network Group Italy allo 0,3%), seguita da Fininvest, 14,9% (Mediaset al 13,3% e Arnoldo Mondadori editore all’1,4%). Ultima società in doppia cifra è la Rai (13,7%), che chiude il podio. Segue il Gruppo Editoriale l’Espresso al 3,3%, mentre al 5° posto si segnala una new entry di tutto rispetto, ossia Google che con il 3,2% scavalca Rcs MediaGroup (3%). Compresa fra l’1,3 e l’1,4% la quota di Seat Pagine Gialle, Gruppo 24 Ore, Cairo Communication e Facebook.

Giù il velo dai dati dei colossi web – Proprio il dato del social network e quello più alto di Big G rappresentano due novità importanti, perché consentono per la prima volta di dare un peso specifico al business italiano dei due giganti. Pubblicando le singole quote mercato, l’authority è stata senza dubbio ancor più trasparente dello scorso anno, quando Facebook e Google figuravano nella generica categoria aggregata degli “altri operatori”. I colossi del web sono storicamente riluttanti a fornire i dati relativi ai singoli mercati geografici, ma di fronte alla fotografia 2015 dell’Agcom non hanno avuto alternative.

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