STRATEGIE

Stretta di Google sugli inserzionisti: più controlli sugli spot elettorali

Chi compra spazi pubblicitari sul motore di ricerca dovrà dimostrare di essere cittadino Usa e comunicare in modo chiaro chi paga la pubblicazione. La decisione in vista vista delle elezioni Usa di Midterm. Ecco cosa cambia

Pubblicato il 07 Mag 2018

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Più trasparenza per gli spot elettorali. In vista delle elezioni statunitensi di Midterm, Google  ha annunciato una stretta sugli inserzionisti di pubblicità “politiche”: per comprare spot elettorali sulla sua piattaforma, si dovrà dimostrare di essere cittadini americani o residenti permanenti in Usa. La mossa arriva dopo il Russiagate e il caso della Internet Research Agency, la “fabbrica di troll” russa accusata di aver comprato spazi a pagamento su Facebook, Google e altre realtà online. Google segue dunque Facebook che ha già ha previsto controlli simili sulle pubblicità elettorale pubblicate sul social.

In un post il vicepresidente di Google, Ken Walker, ha spiegato che gli inserzionisti dovranno fornire una serie di informazioni. Inoltre, per favorire la comprensione degli utenti, gli spot politici dovranno comunicare in modo chiaro chi sta pagando per la loro pubblicazione. In estate, infine, sarà diffuso un nuovo rapporto sulla trasparenza dedicato alle inserzioni elettorali. Le nuove politiche di Google arrivano un mese dopo quelle di Facebook, che agli inizi di aprile ha annunciato nuove misure sugli spot politici: il social verificherà identità e luogo degli inserzionisti; gli spot saranno etichettati come “pubblicità politica” e sarà reso noto chi li sta pagando.

Ad aprile Facebook ha chiuso 270 account di pagine e profili legati alla Internet Research Agency (Ira), la “fabbrica di troll” russa accusata di aver comprato spazi a pagamento sul social per diffondere fake news e influenzare elezioni straniere. Secondo il social gli account chiusi costituivano “un network volto a manipolare i cittadini russi” e le persone russofone in Ucraina, Azerbaigian e Uzbekistan.

L’Ira, nata tre anni fa a San Pietroburgo, ha cominciato a far parlare di sé nell’autunno scorso, quando su Facebook – ma anche su Twitter e Google – è stata scoperta una rete di centinaia di account fasulli volti a diffondere contenuti divisivi e a influenzare le elezioni presidenziali americane. Da quel momento Facebook “ha migliorato le tecniche per impedire agli Stati di interferire in elezioni estere e ha costruito strumenti di intelligenza artificiale più avanzati per rimuovere gli account falsi”, spiegava il social in un blogpost aziendale. Nelle elezioni presidenziali francesi, ad esempio, erano stati rimossi 30mila account fasulli.

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