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Tim accelera sulle aree bianche, nasce la newco anti-Open Fiber

Il cda di Telecom conferma i risultati preliminari archiviando il 2016 con profitti per 1,8 miliardi rispetto alla perdita da 70 milioni del 2015. Approvato il progetto dell’Ad Cattaneo per i cluster C e D: sarà creata una società ad hoc in tandem con un partner finanziario. Anticipati di 2 anni gli obiettivi ultrabroadband

Pubblicato il 23 Mar 2017

Andrea Frollà

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Tim torna all’utile e anticipa di due anni il piano ultrabroadband con un’accelerazione nei aree C e D in tandem con un nuovo partner finanziario. Sono queste le due principali indicazioni emerse dal consiglio di amministrazione di Telecom, che si è riunito oggi per approvare sia il bilancio consolidato del gruppo sia il progetto di bilancio separato di Tim. Si confermano i principali risultati operativi comunicati al mercato lo scorso 3 febbraio 2017. Il processo di turnaround avviato nel 2016 dal nuovo corso guidato dall’Ad Flavio Cattaneo, spiega la telco in una nota, “ha portato i principali indicatori economico finanziari in significativo recupero, permettendo a Tim di raggiungere tutti i target prefissati”.

I conti consolidati del gruppo – Scendendo nel dettaglio dei conti, il gruppo fa segnare nel 2016 il ritorno all’utile, pari a 1,8 miliardi di euro e in crescita di 1,9 miliardi di euro rispetto alla chiusura in negativo per 70 milioni del 2015. Il risultato operativo si attesta a quota 3,7 miliardi di euro, in aumento del 25,6% rispetto all’esercizio precedente. I ricavi dell’esercizio 2016 ammontano a 19,03 miliardi, in calo del 3,5% anno su anno (-2,6% se si esclude l’effetto della variazione dei tassi di cambio e del perimetro di consolidamento). La società distribuirà un dividendo pari a 2,74 centesimi solo per le azioni di risparmio, mentre l’assemblea degli azionisti è stata convocata per il prossimo 4 maggio.

Lo sprint nelle aree bianche – Il board ha approvato il progetto presentato dall’amministratore delegato, Flavio Cattaneo, per la creazione di una società dedicata esclusivamente allo sviluppo selettivo di nuove infrastrutture in fibra in aree inserite nella classificazione dei cluster C e D, in cui Telecom ha deciso di andare da sola, senza partecipare alle gare Infratel, dopo quanto accaduto con il primo bando fra l’assegnazione a Open Fiber e la bocciatura del ricorso promosso da Tim. Il progetto, specifica la compagnia, “non determina per il gruppo Tim un incremento del livello di investimenti già programmati e prevede la costituzione di una società partecipata, la cui maggioranza sarà detenuta da un socio finanziario, che sarà scelto nei prossimi mesi e la cui procedura di individuazione è stata avviata”. Questa partnership permetterà alla telco di “raggiungere i propri obiettivi di copertura del Paese con banda ultralarga con quasi 2 anni di anticipo rispetto alla tempistica prevista dal piano triennale”.

Un’accelerazione importante che dovrebbe consentire a Tim, secondo le stime emerse dal cda, di centrare l’obiettivo di copertura del 95% della popolazione italiana con connessioni ultrabrodband fino a 300 megabit al secondo già alla fine del primo semestre del 2018 mentre nel 2019, termine dell’attuale piano, la copertura salirà al 99% grazie all’utilizzo di tecnologie wireless e di architetture Fttc (Fiber to the cabinet, ndr). I comuni interessati dal progetto sono oltre 6 mila e saranno collegate oltre 7 milioni di abitazioni. La società offrirà inoltre a tutti gli operatori servizi di connessione wholesale. Insomma, la sfida con Open Fiber si anima più di quanto non sia già.

I risultati in Italia – I ricavi del 2016 sul mercato domestico sono pari a 15 miliardi, in impercettibile crescita rispetto all’esercizio 2015 (+5 milioni di euro) e in graduale miglioramento nel corso dell’anno. Tim è riuscita a invertire la rotta nel terzo e nel quarto trimestre con un tasso di crescita positivo rispetto agli stessi periodi dell’esercizio precedente. Anche i ricavi da servizi presentano un trend di recupero e miglioramento.

Il fatturato del business fisso è calato del 3,9% a 9,96 miliardi. Una flessione che ha vissuto una progressiva attenuazione nel corso dell’anno (-3,0% nel quarto trimestre) e che è interamente attribuibile alla riduzione dei ricavi sui servizi voce (-533 milioni di euro per effetto della perdita di accessi tradizionali) solo in parte compensata dal continuo sviluppo dei clienti a banda larga e ultralarga, con la crescita dei servizi innovativi da connettività che ha garantito un assegno da 158 milioni. Su tali risultati, sottolinea Tim, “incide significativamente anche la riduzione dei prezzi regolamentati su alcuni servizi wholesale”.

Scendono in modo significativo le line losses, in calo di 83 mila unità nell’ultimo trimestre 2016. Nello stesso periodo Tim ha registrato una forte accelerazione del trend delle acquisizioni nette in fibra (+125 mila nel quarto trimestre) con una base clienti Ngn di circa 1 milione.

I ricavi da servizi del mercato mobile sono aumentati dell’1,4% rispetto all’anno precedente, toccando i 4,58 miliardi. In particolare, spiega la telco, “l’ultimo trimestre ha beneficiato del lancio di offerte innovative in occasione della campagna autunnale, di un ulteriore impulso alla diffusione dalla copertura e dei servizi 4G e di una strategia razionale sui prezzi, volta da un lato a reagire in modo equilibrato alla pressione commerciale sul segmento basso-spendente e dall’altro a garantire qualità e convergenza sul segmento medio-alto spendente”. La vendita prodotti, inclusa la variazione dei lavori in corso, che ha raccolto ricavi per 1,12 miliardi grazie ai prodotti abilitanti ai servizi di connettività Internet e di intrattenimento (smartphone, smart Tv e altri).

Investimenti in Italia e Brasile – Sul fronte investimenti, la business unit domestica presenta sotto l’anno 2016 investimenti pari a 3,7 miliardi, in riduzione di 191 milioni di euro rispetto all’esercizio 2015 che aveva incluso anche gli investimenti per i diritti d’uso delle frequenze della banda L e la proroga della licenza Gsm (117 milioni di euro).

Tim, spiega la compagnia, conferma “l’approccio di selettività degli investimenti tramite l’individuazione di progetti con maggiore redditività e dedicati all’innovazione/trasformazione con contestuale spinta sui livelli di copertura ultrabroadband e sulla qualità del servizio”. Il piano di investimenti sul mercato domestico dedicati alle nuove infrastrutture di rete a banda ultralarga ha consentito di raggiungere con la fibra ottica (Ngn) il 60% circa delle unità immobiliari e con la rete mobile 4G (Lte) oltre il 96% della popolazione.

Si riducono anche gli investimenti in Brasile, dove il gruppo ha scommesso 122 milioni di euro in meno comprensivi di un effetto cambio negativo pari a 55 milioni di euro. Il calo, spiega la società, è dovuto “agli effetti combinati del cost recovery plan e di progetti di ottimizzazione della spesa ricorrente sulle componenti di investimenti tradizionali, nonché di una più efficace allocazione del capitale sugli investimenti infrastrutturali per lo sviluppo della copertura 4G”. Queste iniziative hanno consentito di accelerare e ampliare lo sviluppo della rete mobile a banda larga; la una copertura a fine 2016 raggiunge l’89% della popolazione urbana con la rete 3G rispetto al 2015 e il 74% con la rete 4G, rispettivamente in aumento di 7 e 15 punti percentuali.

De Puyfontaine: “Più forti di un anno fa” – “Avete visto i risultati di Telecom e tutti gli investimenti che sta facendo sulla fibra. Oggi è molto più forte rispetto a un anno fa ed è veramente una buona notizia, un segno dell’impegno di Vivendi in Italia”, ha spiegato dopo un’audizione in Agcom il ceo di Vivendi e vicepresidente di Telecom, Arnaud De Puyfontaine – Vogliamo essere giudicati per quello che facciamo e renderemo grandi tutti questi progetti”.

Sull’incrocio dei destini di Vivendi, Telecom e Mediaset, con cui è in corso una dura battaglia legale, De Puyfontaine ha spiegato che la possibilità di creare con “due società come Mediaset e Vivendi un player molto forte a livello europeo è un progetto fantastico”, riaprendo forse uno spiraglio di accordo con la famiglia Berlusconi. Ad aprile dell’anno scorso, ha aggiunto, “c’era un piano strategico che era valido per Mediaset e Vivendi. Abbiamo fatto molte cose come Vivendi in Italia e vogliamo essere visti come amici dell’Italia”. E a chi gli chiede se la proposta che già aveva caratterizzato le indicazioni di Vivendi non sia decaduta in seguito alla querelle anche legale per il no dei francesi all’acquisto di Premium, De Puyfontaine replica di vedere sempre “il bicchiere mezzo pieno”.

Verso un cda a 13 membri – In vista della prossima assemblea di Telecom Italia del 4 maggio, chiamata tra l’altro a nominare il nuovo consiglio di amministrazione, il board uscente raccomanda l’eventuale riduzione del numero degli amministratori sino a 13, “pur confermando il corretto funzionamento dell’organo con l’attuale composizione a 16 membri“. Per quanto riguarda la qualità dei candidati e il mix professionale, culturale, di esperienza ritenuto ottimale per un corretto ed efficace funzionamento, il cda ritiene “utile rafforzare le esperienze di business (ad esempio nel settore del digitale e in materia di prodotti, mercati e retail) e l’esperienza manageriale (idealmente in un ruolo apicale)”, mentre reputa adeguata “l’attuale composizione sotto il profilo della expertise legale, di tematiche organizzative, di controllo e di gestione del rischio”. Vista la complessità del settore e della peculiare realtà aziendale di Tim, si raccomanda inoltre “di valorizzare la conoscenza maturata on field dai componenti in carica”.

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