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Vendita di account e “like” falsi, Facebook fa causa a quattro aziende cinesi

Le società avrebbero ceduto “pacchetti” inclusivi di commenti e follower e abusato dei brand di Menlo Park. Il social ribadisce la linea “tolleranza zero”: “Disabilitati milioni di fake”. Anche Twitter e Google vittime della compravendita

Pubblicato il 05 Mar 2019

Patrizia Licata

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Facebook ha fatto causa a quattro aziende e tre privati cittadini cinesi accusandoli di aver promosso la vendita di account, follower e “Mi piace” falsi. Lo ha reso noto lo stesso social network in un post in cui specifica che società e individui citati hanno promosso tale vendita di profili e attività fake sia su Facebook che su Instagram, nonché sulle piattaforme di altri fornitori di servizi Internet esterni alla galassia di Menlo Park, tra cui Amazon, Apple, Google, LinkedIn, Snapchat e Twitter.

La causa è stata depositata da Facebook e Instagram in un tribunale federale di San Francisco; le quattro aziende citate, con sede nelle città cinesi di Longyan e Shenzhen, sono Xiu Network (Shenzhen) Science and Technology Company, Xiu Feishu Science and Technology Company, Xiufei Book Technology Co., e Home Network (Fujian) Technology Co.

Queste organizzazioni, si legge nei documenti dell’accusa, offrono una serie di servizi hardware e software tra cui pacchetti di account falsi per Facebook, Instagram e altre piattaforme. I legali di Menlo Park sostengono che le aziende cinesi citate pubblicizzano servizi progettati per incrementare like, commenti, amici e altre attività e che utilizzano il falso marchio “Facebook China regional strategic partner”. Facebook lamenta la violazione dei suoi marchi tramite l’utilizzo di indirizzi web che ingannano l’utente, tra cui “myfacebook.cc,” “facebook88.net,” and “infacebook.cc.”

I termini d’uso di Facebook e Instagram vietano gli account falsi e quindi la loro creazione determina una violazione del contratto. I legali di Menlo Park chiedono specificamente al tribunale federale di impedire che le aziende e i cittadini cinesi citati continuino a creare e promuovere la vendita di account, like e follower falsi su Facebook e Instagram, violino i marchi di proprietà di Facebook e usino i nomi di dominio col brand Facebook per gestire i loro siti web, attività nota come cyber squatting. L’accusa chiede anche di versare a Facebook tutti i profitti generati sfruttando i suoi marchi più 100.000 dollari per ogni nome di dominio fake. Il gruppo guidato da Mark Zuckerberg afferma che intende far valere i propri diritti anche in base alla legge americana sulla proprietà intellettuale e contro il cyber squatting per utilizzo illecito dei suoi marchi registrati e del suo brand.

“Intentando questa causa intendiamo ribadire con forza che questo genere di attività fraudolenta non è tollerata e che agiremo di conseguenza per proteggere l’integrità della nostra piattaforma“, si legge nel comunicato di Facebook.

“L’attività fake non ha posto sulla nostra piattaforma”, continua l’azienda. “E’ per questo che dedichiamo ingenti risorse al rilevamento e al contrasto di questo tipo di comportamento e disabilitiamo milioni di account fake ogni giorno. La causa che intentiamo oggi è un ulteriore passo in avanti nei nostri costanti sforzi per proteggere le persone su Facebook e Instagram”.
L’azienda riferisce di aver disabilitato sulle piattaforme Facebook e Instagram 2,1 miliardi di account falsi tra gennaio e settembre 2018.

A gennaio Facebook ha reso noto di aver rimosso molteplici pagine, gruppi e account attivi in comportamenti fasulli e coordinati di matrice russa su Facebook e Instagram. L’azienda è risalita a due gruppi diversi, ma probabilmente collegati, di cyber-criminali, di cui uno indirizzava le sue azioni in Ucraina, l’altro svolgeva attività in più paesi. La tattica era basata sulla creazione di reti di account per nascondere la vera identità e lo scopo delle campagne fasulle. “Siamo costantemente al lavoro per scovare e fermare questo tipo di attività perché non vogliamo che i nostri servizi siano usati per manipolare le persone”, ha scritto Facebook.

La Commissione europea ha di recente bacchettato Facebook e tutti i colossi di Internet americani sul tema del contrasto alle fake news chiedendo azioni mirate e più concrete, soprattutto in vista delle elezioni al Parlamento europeo di fine maggio. Facebook ha cercato di intensificare gli sforzi annuciando la creazione di un archivio pubblico delle ads politiche in cui tutti potranno condurre ricerche per verificare chi ha pagato le ads, quanto denaro è stato speso, il numero di impression e i segmenti demografici da cui le ads sono state visualizzate, inclusa la loro localizzazione geografica.

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