INDIPENDENZA TECNOLOGICA

Chip, l’industria americana si appella a Biden: “Aiuti federali per nuove fabbriche negli Usa”

Un gruppo di associazioni rappresentative del manufacturing, dell’automotive e dei medical device chiede lo sblocco del programma di incentivi fermo al Congresso. Il timore è che una supply chain “instabile” blocchi la produzione

Pubblicato il 18 Feb 2021

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L’America ha bisogno di chip fabbricati negli Usa per alimentare la sua potenza tecnologica evitando qualunque interruzione sulla supply chain. Per questo un gruppo di associazioni che rappresentano la manifattura, l’automotive e la produzione di apparecchi medicali ha scritto al presidente degli Stati Uniti Joe Biden chiedendo di spingere il Congresso ad accelerare i tempi sul programma per lo stanziamento di fondi federali per costruire nuove fabbriche di chip in America.

La trade war prima e la pandemia dopo hanno portato alla luce la rilevanza strategica di tecnologie come 5G, processori e intelligenza artificiale, e l’importanza di supply chain stabili. Gli Stati Uniti hanno diversi campioni nazionali dei microprocessori, ma la fabbricazione è ampiamente concentrata in Asia. L’industria americana vuole chip non solo disegnati ma fabbricati negli Usa.

Sussidi anche alla ricerca

La lettera dei rappresentanti dell’industria americana fa eco a quella indirizzata a Biden la scorsa settimana dagli stessi chipmaker. Il Congresso ha autorizzato l’anno scorso un programma per fornire sussidi per la ricerca nel campo dei microprocessori e per la costruzione di fabbriche, ma non ha ancora definito la cifra che sarà stanziata.

Tra le aziende più preoccupate ci sono quelle delle automobili. L’auto connessa e sempre più automatizzata è fondata sui chip e la dipendenza dai fornitori esteri può causare colli di bottiglia lungo la catena di produzione che mina i profitti del settore per miliardi di dollari.

“Per essere competitivi e rafforzare la resilienza di supply chain di valore cruciale riteniamo che gli Stati Uniti debbano dare incentivi alla costruzione di nuovi stabilimenti produttivi all’avanguardia per i semiconduttori e investire in ricerca“, si legge nella lettera visionata da Reuters.

L’industria americana vuole però anche sgravi fiscali sugli investimenti. Questi servirebbero a sottrarre i costi dei macchinari e dei sistemi necessari alla fabbricazione dei chip, che rappresentano  un investimento di miliardi di dollari nelle nuove fabbriche.

I contractor asiatici pronti a sbarcare negli Usa

La maggior parte della produzione di chip avanzati avviene in Asia dove hanno sede i  colossi dell’assemblaggio in outsourcing come Tsmc (Taiwan semiconductor manufacturing co). Anche Samsung è in grado di gestire la produzione non solo per il proprio fabbisogno, ma per clienti terzi, centinaia di diverse aziende che progettano chip. Sia Tsmc che Samsung hanno in piano di aprire fabbriche negli Usa e potrebbero beneficiare dei fondi federali, se approvati.

Lo scorso mese Bloomberg ha riportato che proprio Samsung sarebbe pronta a mettere sul piatto 10 miliardi di dollari per costruire una nuova fabbrica di chip avanzati negli Stati Uniti. L’impianto, sito a Austin, Texas, produrrà circuiti logici, inclusi quelli a 3 nanometri (nm), e sarebbe il terzo impianto al mondo per il colosso sud-coreano a usare la tecnologia della litografia ultravioletta estrema per produrre chip.Samsung già fabbrica chip per Qualcomm e Nvidia e, secondo quanto ha scritto il Korea Times, è vicina a siglare un accordo con Intel. Per Intel la casa sud-coreana potrebbe produrre 15.000 chip grafici a partire dalla seconda metà di quest’anno proprio dallo stabilimento di Austin. Il colosso di Santa Clara continua a produrre da sola i suoi chip, ma l’intenzione, illustrata dal ceo entrante Pat Gelsinger, è di ricorrere in parte all’outsourcing “per certe tecnologie e prodotti” dal 2023.Guerra dei chip, Pechino risponde

La strategicità dei chip per l’industria è dimostrata dal fatto che la Cina ha già varato lo scorso agosto una serie di incentivi fiscali per le aziende nazionali dei semiconduttori. Per esempio, quelle in attività da più di 15 anni e che producono i chip a 28 nanometri o anche più avanzati saranno esentate dall’imposta sulle entrate per un periodo fino a 10 anni.

Ulteriori sgravi sono previsti per le imprese che lavorano nell’ambito della progettazione e del software per i chip, in diretta concorrenza con i player di Europa e Usa che dominano il settore.

Il nuovo piano di Pechino mira anche a finanziare e incentivare le imprese a quotarsi sui listini tecnologici cinesi, come il Mercato Star.

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