IL REPRICING

Bollette a 28 giorni, cartello delle telco: 230 milioni di multa

La stangata dall’Antitrust non allineata in toto con il parere Agcom: la questione del repricing è antecendente alla vicenda e la misura ha avuto effetto trascurabile sul mercato. Tim la più colpita, ma la partita non è chiusa: le compagnie pronte a presentare ricorso al Tar

Pubblicato il 31 Gen 2020

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228 milioni di euro: tanto vale la stangata inflitta Tim, Vodafone, Wind Tre e Fastweb dall’Antitrust (qui il provvedimento integrale dell’Authority) nell’ambito della vicenda delle bollette a 28 giorni. La sanzione era attesa anche se le compagnie hanno sperato fino all’ultimo di poter essere “salvate” tenendo conto del rispetto delle misure richieste per tornare alla fatturazione mensile ma anche e soprattutto del parere inviato all’Antitrust dall’Agcom. Tim l’azienda più colpita: la multa ammonta a 114,4 milioni. A seguire Vodafone per 59,9 milioni, Wind Tre per 38,9 milioni e Fastweb per 14,7 milioni.

L’Autorità presieduta da Angelo Marcello Cardani chiamata ad esprimersi sulla questione del “repricing dell’8,6%” , nelle sue osservazioni ha osservato che il reprincing non è contestuale al ripristino della bolletta mensile bensì antecedente. E gli aumenti tariffari peraltro – è quanto può evincersi leggendo il parere dell’Agcom – essendo diversi fra loro, di fatto non sono sintomatici di “cartello”.  Va da sé che il parere Agcom non riguarda la questione della concorrenza, competenza dell’Antitrust: spetta all’Agcom il compito di analizzare il contesto economico-giuridico di riferimento. Ed è bene puntualizzarlo considerate le polemiche dei giorni scorsi ed i misunderstanding sulla questione. Nella parte del provvedimento dell’Antitrust in cui si esamina il parere Agcom – a pagina 105 – l’Authority richiama alcuni punti del parere.

Il parere dell’Agcom

In relazione al repricing, secondo quanto scritto nero su bianco nel parere di Agcom – che Corcom ha potuto visionare – l’Authority puntualizza che l’aumento di prezzo è antecedente alla delibera n.462/16/Cons. E che dunque il passaggio ad una fatturazione a 28 gg comportava automaticamente un repricing dell’8,6% su base annua. L’Agcom puntualizza inoltre di essere stata essa stessa ad evidenziare il riferimento all’incremento medio di spesa annuo per il cliente pari all’8,6% e che senza un’adeguata contestualizzazione  e conoscenza dei fatti si rischia di legare il repricing al passaggio da 28gg alla mensilità, cosa che non è avvenuta. Il parametro dell’8,6% era dunque già noto al mercato.

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Anche riguardo agli effetti sul mercato l’Agcom non ha evidenziato mutazioni di sorta: dall’analisi è emerso che nel periodo in cui gli operatori hanno annunciato la rimodulazione delle tariffe in aumento dell’8,6%, (per effetto della reintroduzione della fatturazione mensile), i mercati dei servizi di rete fissa e mobile non abbiano risentito in misura significativa del comportamento degli operatori e che non si è verificato un aumento della propensione degli utenti a cambiare operatore con portabilità del numero. In conclusione il repricing avrebbe avuto un effetto trascurabile.La questione è la seguente: se la rimodulazione delle tariffe da parte delle telco fosse stata identica e quindi concordata a tavolino – nell’ipotesi di cartello dunque – i consumatori si sarebbero trovati di fatto a non poter passare da un operatore all’altro. Ma le cose non sono andate così: le rimodulazioni tariffarie sono state diverse ma nel periodo in questione non si sono verificati – stando alle rilevazioni dell’Agcom – aumenti significativi del tasso di migrazione da un operatore all’altro con portabilità del numero. Anzi l’effetto sarebbe stato, appunto, trascurabile.

E peraltro la stessa Antitrust nel provvedimento, a pagina 105, riporta questo punto: “Secondo Agcom un apprezzabile effetto sulla concorrenza sarebbe ottenibile associando al mantenimento dell’8,6% alla base clienti anche un coordinamento sul prezzo delle nuove offerte”, si legge. E ancora, a pagina 107: “Agcom rileva quindi che l’analisi condotta evidenzia come nel periodo in cui gli operatori hanno annunciato la rimodulazione delle tariffe in aumento dell’8,6% per effetto della reintroduzione della tariffazione mensile, i mercati dei servizi di rete fissa e mobile non sembrano aver risentito in misusra significativa del comportamento degli operatori. L’annunciata rimodulazione tariffaria dell’8,6% (per quanto limitata nel tempo) non ha quindi determinato un cambiamento nella propensione degli utenti a cambiare operatore con portabilità del numero”. Inoltre “che anche successivamente all’adozione del provvedimento cautelare dell’Agcom, quando gli operatori hanno adottato strategie di prezzo e contenuti differenti fra loro, non si sono registrati particolari cambiamenti nel trend della number portability”.

La sanzione Antitrust

L’Authority presieduta da Roberto Rustichelli, pur nel tenere in considerazione le osservazioni di Agcom, ha deciso di optare per una sanzione esemplare, un “deterrente” che faccia scuola e che eviti situazioni analoghe in futuro. Le quattro telco sono accusate di “cartello”: “Le indagini svolte hanno permesso di accertare che i quattro operatori telefonici hanno coordinato le proprie strategie commerciali relative al passaggio dalla fatturazione quadrisettimanale (28 giorni) a quella mensile, con il mantenimento dell’aumento percentuale dell’8,6%”, si legge nella nota emessa in serata. “Tale coordinamento – continua la nota – era sotteso a mantenere il prezzo incrementato, vanificando il confronto commerciale e la mobilità dei clienti”.

L’Autorità per la concorrenza ha interpretato dunque in maniera differente il comportamento delle telco. I bassi tassi di number portability sarebbero dovuti all’abbassamento dei prezzi e dunque “l’intesa in esame ha un oggetto anti-concorrenziale”, si legge a pagina 111 (paragrafo 331) del provvedimento Antitrust.

Le motivazioni dell’Antitrust

Nell’imporre le sanzioni l’Autorità “ha bilanciato la necessità che esse abbiano efficacia deterrente rispetto a possibili future condotte concertate tra i suddetti operatori e, d’altro canto, l’esigenza che le stesse non siano ingiustificatamente afflittive”, si legge ancora nella nota. E l’Authority puntualizza di avere tenuto conto “della circostanza che gli effetti dell’intesa sono stati evitati applicando per la prima volta delle misure cautelari, che peraltro hanno comportato una riduzione dei prezzi in misura differenziata per i clienti degli Operatori oggetto del procedimento prima che il repricing fosse completato”.
In secondo luogo, l’Autorità “ha considerato la specificità delle condotte accertate nel contesto dei mercati delle telecomunicazioni fisse e mobili, nonché le condizioni di concorrenza del settore, sia in termini di prezzi che di investimenti tecnologici necessari per garantirne lo sviluppo”.

La vicenda però non è chiusa: le telco si preparerebbero a fare ricorso al Tar.

ECCO IL PROVVEDIMENTO ANTITRUST

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