IL CASO

Ericsson, il Dipartimento di Giustizia Usa conferma: “Violati patti sulle condotte in Iraq”

L’azienda non sarebbe stata trasparente nelle comunicazioni sulle attività alle autorità federali così come previsto da un patteggiamento del 2019. Ed è solo uno dei fronti aperti. La svedese assicura: “Ci impegniamo nel miglioramento continuo delle nostre prestazioni di conformità”

Pubblicato il 03 Mar 2022

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Il Department of Justice degli Stati Uniti ha accusato Ericsson di aver violato i termini di un accordo del 2019 con la giustizia americana che la obbligava a informare le autorità federali su eventuali condotte illecite in Iraq.

Ericsson ha fatto sapere che le autorità americane ritengono che l’azienda non sia stata trasparente nel comunicare tutte le sue attività in Iraq prima di entrare nel Deferred prosecution agreement (Dpa) col Justice Department nel 2019 per patteggiare su un’indagine in corso da anni su presunta corruzione in Cina, Vietnam e Djibouti. Inoltre, secondo il Dipartimento di Giustizia, Ericsson non ha comunicato le sue attività in modo trasparente nemmeno dopo aver firmato il patteggiamento con le autorità Usa.

Mancata compliance negli Usa

Nell’accordo siglato nel 2019 (Deferred Prosecution Agreement, Dpa), il Dipartimento di Giustizia Usa ha acconsentito a sospendere l’indagine su Ericsson per tre anni ponendo alcune condizioni: il pagamento di ammende e altre sanzioni per oltre un miliardo di dollari, implementazione di “rigorosi controlli interni”, conformità alle leggi statunitensi e piena collaborazione in eventuali altre indagini.

Il ceo di Ericsson Borje Ekholm ha ammesso che l’azienda non è riuscita ad attuare un completo controllo interno e ha dichiarato all’agenzia Reuters: “Avevamo una cultura che non ci ha permesso di cogliere gli illeciti”. Ekholm ha assicurato che Ericsson si è impegnata negli ultimi anni a rafforzare la sua compliance.

Già a ottobre scorso il dipartimento di Giustizia Usa aveva inviato una nota ad Ericsson contestando il mancato rispetto agli accordi del 2019.  Ericsson aveva riferito allora che nella lettera del dipartimento le veniva contestato di essere venuta meno agli obblighi del patteggiamento siglato nel dicembre 2019, relativo a vicende di corruzione, “per non avere fornito alcuni documenti e informazioni fattuali”.

Nuove accuse di corruzione in Iraq

Solo poche settimane fa il ceo di Ericsson Ekholm in un’intervista col quotidiano Dagens Industri ha lasciato intendere che l’azienda potrebbe aver commesso altri illeciti in Iraq, effettuando pagamenti ai terroristi dell’Isis per ottenere l’accesso a determinate vie di trasporto ed eludere le dogane locali. Il ceo ha specificato di aver individuato “spese insolite risalenti al 2018” di cui non è stato individuato il destinatario, ma non si esclude che potesse trattarsi di un’operazione legata al terrorismo.

I pagamenti sospetti – ha riportato il Financial Times – sarebbero emersi nel corso di un’indagine interna per corruzione avviata quell’anno dopo le accuse rivolte dal dipartimento di Giustizia Usa. Si tratta di un caso separato rispetto a quello portato alla luce ora e che riguarda la parziale violazione dei termini del patteggiamento del 2019.

La replica di Ericsson

Ericsson sta cooperando col dipartimento di Giustizia americano, ma questi scandali stanno fortemente condizionando il titolo, che nella seduta di ieri ha perso il 10%.

Ci impegniamo alla trasparenza e al miglioramento continuo delle nostre prestazioni di conformità. E continuiamo a investire in modo significativo per comprendere appieno le questioni. Come in tutte le indagini non si può escludere la possibilità di non aver trovato tutti i fatti soggiacenti”, si legge in una nota di Ericsson.

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